Il momento del risveglio può essere lungo e piacevole, quando i decenni di vita trascorsi sono parecchi e non ci si deve più alzare in fretta per andare a scuola o al lavoro. Non è solo un limbo fra il sonno e la veglia, ma anche fra il presente e il passato. Piuttosto latitante è, invece, il futuro, comprensibilmente.
Quali siano gli stimoli che durante il risveglio richiamano eventi, circostanze, abitudini del passato è difficile da dire, quanto lo è immaginare la causa dei sogni, sempreché non si creda alle premonizioni che fecero la fortuna di Giuseppe presso il Faraone o alle interpretazioni di Freud e compagni, in tempi moderni.
Personalmente non ho temi ricorrenti che si ripetono ossessivamente, come nel film Marnie di Alfred Hitchcok, ma qualche atmosfera preferita, che si riaffaccia alla memoria durante il risveglio più spesso di altre, sicuramente c'è.
Questa mattina, ad esempio, ripensavo ai viaggi in treno del primo giorno di vacanza, per raggiungere da Roma -la città della scuola- la vecchia grande casa di famiglia a Carpi -la casa delle vacanze-. Là mi attendeva un'accoglienza affettuosa, ma non oppressiva, la bicicletta, il tavolo da ping-pong in cortile e una banda di compagni con cui giocare in strada o nelle vicine campagne.
"Il viaggio verso la libertà" durava cinque ore e mezza o sei e si svolgeva su di un elettrotreno con vagoni a scompartimenti chiusi da Roma a Modena: il cosiddetto direttissimo Roma-Milano e, dopo una sosta a Modena, terminava con un breve percorso di mezz'ora fino a Carpi.
Normalmente, questo ultimo tratto era servito da una "littorina": una modestissima motrice diesel dal colore deprimente e con un anacronistico nomignolo fascista. Qualche volta però, imprevedibilmente, i pochi vagoni con sedili di legno del treno per Carpi-Suzzara-Mantova erano trascinati da un'autentica locomotiva nera a vapore: una meraviglia agli occhi di un bambino come me. Non la si poteva leccare con profitto e, pertanto, non appagava il gusto, ma accontentava tutti gli altri sensi. Era bellissima da vedere, sbuffava fuoco e fiamme come un drago, faceva un rumore cadenzato e ritmico come un grosso cuore di mamma e sprigionava un elettrizzante profumo di fumo, fuliggine e vapore, mescolati sapientemente come nessun "naso" di Grasse saprebbe inventare.
Credo che la nera vaporiera sia una delle componenti essenziali del piacevole, ricorrente risveglio intitolato "Primo giorno di vacanza"
E' stato uno spasso passeggiare sulla bella pavimentazione ancora intatta, nel confortevole silenzio dovuto al traffico assente, fra pochi pedoni e ciclisti. Ogni tanto, ci sono simpatiche isole di tavolini da caffè, giustamente allestiti in mezzo alla strada, come si può vedere dalle foto che ho scattato oggi pomeriggio.
Sarebbe bello che la pedonalizzazione diventasse permanente, ci guadagneremmo tutti in pace e salute.
E gli autobus? mi si dirà. Se vogliono passare di lì, imparino a volare e se non sono capaci, cambino strada.
Con una certa ingenua sorpresa, mi sono ritrovato, anche oggi, piazza maggiore ingombra e abbruttita da un enorme struttura in tubi di ferro (chiamiamolo palco) e da due torri pubblicitarie che vanno ad aggiungersi allo sconcio permanente del palazzo del podestà ricoperto da cartelloni pubblicitari. A memoria mia non si era mai raggiunto un livello di sfacciataggine così arrogante nel degradare la piazza più simbolica di Bologna al livello di un volgare piazzale di estrema periferia, buono solo per affissioni giganti. Anche di questo degrado dobbiamo ringraziare la lungimirante amministrazione comunale.
Piuttosto che tirato per il collo con una catena, vuoi dire?
Sì, appunto.
E questa bella pensata, come ti è venuta in mente... e non mi dire motu proprio.
Eppure, è così. Non c'è nessun'altra spiegazione. Non ti capita mai che ti venga in mente un'idea, un pensiero che non ha nessuna relazione con quello che stai facendo?
Sì, certo, ma secondo me è solo apparenza. Non ne cerchiamo abbastanza a fondo l'origine. Ci accontentiamo di credere che sia un pensiero sbucato dal nulla, per pigrizia.
Forse hai ragione. Pochi giorni fa, ho visto arrestare da tre vigili un vecchio negro con la barba bianca. Mentre passavo per il mercato gli stavano chiedendo i documenti, poi la faccenda è rapidamente degenerata e lo hanno immobilizzato con le manette. Mentre mi allontanavo rapidamente, turbato e disgustato, il vecchio faceva degli urli da animale braccato, da schiavo incatenato, insomma da chi subisce una costrizione, non certo da chi sta agendo motu proprio.
Lo vedi? La ragione c'era di questo tuo pensiero slegato dalla realtà contingente. Una ragione remota e difficile da scoprire, ma c'era.
Eh sì, caromio. Hai proprio ragione. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto va in malora, come diceva Lavoisier quando parlava liberamente tra amici.
I soli emiliani che non hanno subito uno o più furti di bicicletta sono quei pochi che non ne hanno mai posseduta una. Io, nel mio piccolo, sono a quota cinque e non sei perché durante l'ultimo tentativo d'nvolare la mia bici dal giardino della casa al mare hanno forato la gomma posteriore sulla siepe metallica, come è stato facile ricostruire. Nella stessa occasione hanno, invece, rubato quella di mia moglie, ennesimo rimpiazzo di precedenti bici rubate nel corso degli anni.
Nel rientrare a casa a piedi, oggi ho fotograato questa gloriosa Atala assicurata con due solide catene che immobilizzano le due ruote collegandole al telaio e incatenano l'intera bici ad un palo di ferro, posto all'angolo fra via Santo Stefano e vicolo Pusterla, nel pieno centro frequentatissimo di Bologna.
La sella non l'aveva potuta legare, il prudentissimo possessore di una vecchia comunissima bici da uomo ... e gliel'hanno rubata.
Se ci fosse una legge del contrabbasso, molto più accomodante del contrappasso dantesco, il ladro, scivolando dal maltolto, dovrebbe scheggiarsi dolorosamente un incisivo e finire in una bella pzzanghera fangosa.
Da parte del vasto popolo dei biciderubati, glielo auguro di cuore.
Nel prepararlo è meglio chiudersi in cucina, se non si vuole inondare la casa intera di un appetitoso, ma non sempre opportuno, aroma di arrostino. L'operazione non richiede alcuna abilità e anche i tempi di preparazione si sono ridotti moltissimo da quando sono comparsi quei frullatorini con il recipiente trasparente che mostra la brutta fine che fanno, in un attimo, i pezzettini di aglio e le foglioline di rosmarino riducendosi in una poltiglia verdina salata e profumatissima.
Mentre asciugavo il barattolo del sale, completamente svuotato e facilmente lavato, mi è tornata in mente la favola di Esopo dell'asino che cade accidentalmente nel fiume mentre trasporta un pesante carico di sale e riemerge sollevato dalle acque, ma annega travolto dalla corrente quando, credendo di alleggerirsi, si lascia cadere apposta, mentre trasporta un carico di spugne anzichè di sale.
Esopo conclude:"Allo stesso modo gli uomini non si accorgono che spesso sono le loro stesse azioni a rovinarli."
Fra me e sè, invece, pensavo che di asini che fanno i furbi ne ho incontrati dozzine, ma non ne ho mai visto annegare nessuno.
Oggi, andando a pranzo nel nostro amatissimo ristorante Singapore in piazza dell'Unità, non abbiamo potuto evitare di notare una limousine bianca di una decina di metri parcheggiata in via Fioravanti al semaforo della farmacia, in piena Chinatown bolognese.
Approfittando del semaforo rosso, mi sono spostato al centro della strada per fotografare il mostro per intero. Mentre cercavo di sbrigarmi prima di essere travolto dal traffico scalpitante, un cinese, sbucato dal nulla, ma già in abito scuro con cravatta e coccarda mi ha chiesto con aria soddisfatta "Belo,eh?" Evidentemente era coinvolto nell'imminente matrimonio che i fiori impiccati sul cofano con profusione di nastri lasciavano presagire in modo inequivocabile. Al volante della macchinona un biondino nostrano attendeva con la tipica aria annoiata degli autisti, avvezzi a lunghi stand-by.
Prima di allontanarmi del tutto, al sicuro sul marciapiede, ho misurato a passi la lunghezza del manufatto: dieci metri, in omaggio al sistema metrico decimale. La cosa più assurda, però, non era la lunghezza madornale e neppure il fatto che il veicolo di base, l'Hammer (martello, tradotto alla lettera), sia un mezzo militare pensato più per il deserto che per le strade di una città etrusca, ma la presenza di un solo sportello posteriore, piccolo e in coda al fianco destro.
Mi sarebbe piaciuto un mondo filmare la numerosa sfilza di cinesi ambosessi, scendere uno alla volta dall'assurdo scatolone da parata, dopo averlo percorso per intero chinati in avanti.
Domanda scientifica: quanti cinesi da cerimonia ci stanno in un martello da deserto? Rispondere con un numero intero, non si accettano frazioni o decimali.
E' stata una stagione piovosetta e molto meno calda del solito. Personalmente l'ho gradita e sottoscriverei volentieri il bis, a differenza degli albergatori e dei bagnini che invocano sempre Manitù perché scateni sulle città ondate d'insopportabile canicola che facciano fuggire il popolo di dio verso le coste come tante tartarughine, inappagate finché non arrivano a tuffarsi nell'acqua salata.
Questo è il primo pezzetto che scrivo con un ultrabook passatomi da mio figlio. E' un aggeggino sottile, leggero, veloce che sto finendo di addomesticare con il software che mi serve, appoggiandomi sull'odioso sistemaa operativo windows 8, arrogante e supponente come tante persone che preferirei non avere mai incontrato in vita mia.
La foto dell'Adriatico l'ho scattata con il telefonino alle 18 del 3 Agosto scorso, in una giornata tipica di quest' estate atipica