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Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) sab 26 maggio 2012 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
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Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) ven 25 maggio 2012 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) gio 24 maggio 2012 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mer 23 maggio 2012 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Aveva un diavolo per capello anche se era completamente calvo. Le due cose sembravano in netta contraddizione, ma non era così. La sua era una condizione psicologica, uno stato d'animo e non dipendeva dalla stato del suo cuoio capelluto. Resta il fatto che, quando entrò nel bar per prendere un cappuccino, darsi una calmata e telefonare a casa per chiedere che qualcuno lo venisse a prendere perché era rimasto a piedi, calvizie o no, era molto alterato. Aveva lasciato la sua auto regolarmente in doppia fila per procurarsi un giornale all'edicola e si era trattenuto un paio di minuti a chiacchierare con una giornalaia particolarmente cordiale e chiacchierona - una bella ragazza, tra l'altro - e questo era stato sufficiente perché la sua auto sparisse. Le chiavi le aveva in tasca ed era sicuro di avere chiuso lo sportello, anche se non era ben certo di avere schiacciato il bottoncino giusto per la chiusura elettrica della portiera. Come avevano fatto a farla sparire in un così breve lasso di tempo gli sembrava un mistero. C'erano solo due possibilità: o un ladro, svelto come un gatto, era già pronto a fiondarsi dentro la sua macchina appena se ne era allontanato, oppure un maledetto carro attrezzi della polizia urbana aveva agganciato la sua Alfa con una prontezza funambolica, già in agguato dietro l'angolo, in attesa del solito furbacchione che parcheggiava a casaccio per andare dal giornalaio. Al barista che lo guardava con aria interrogativa, vedendolo furente senza apparente motivo, diede una laconica spiegazione: "Mi hanno fottuto la macchina" e gli raccontò come misteriosamente fosse potuta sparire la sua macchina in un attimo, mentre era sceso a comprare il giornale. "Tutto normale, allora. Tranquillo riavrà la sua auto intatta: centotré euro e la piccola grana di doversela sconfiscare dal garage in via Tiburzi 27 dove l'avranno già sganciata e parcheggiata. E' qui vicino, può andarci a piedi." "Sconfiscare?" "Riscattare, se le piace di più. Si tratta di un rapimento d'auto, ma perfettamente legale e la sconsiglio di protestare dicendo che in quella posizione e per due minuti non ha danneggiato niente e nessuno. Lo sanno, ma la legge è dalla loro parte." "Come fa ad esserne sicuro?" "L' edicola era di un mio amico, sessanta ben portati, ma anche un po' stufo di gelarsi i piedi d'inverno e fare la sauna d'estate dentro al suo guscio. Quando quelli dell'ARPIA, quelli dei carri attrezzi, gli hanno offerto una buon'uscita favolosa è andato dal notaio di corsa a firmare la cessione della sua attività. Non so se sia poi contento della nuova vita: non si vede più da queste parti, sarà andato a stare in un bel posto vistamare, magari." "Insomma si sarebbero comprati l'edicola come esca per pescare con il gancio del carro attrezzi?" "Esatto. L'hanno ingrandita, abbellita, ben fornita, come avrà notato, e si sono comprati anche il garage qui vicino così fanno meno strada loro e anche "il pollo", senza offesa." "E a lei come vanno gli affari?" "Ho perso un amico e acquistato ogni tanto un cliente di passaggio che non tornerà mai più, come lei. Purtroppo all'ARPIA non interessa il mio bar, per ora, ma chissà che un giorno non trovino la maniera di farci i soldi e allora, vistamare anche per me."
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mar 22 maggio 2012 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Andando a caccia per i vicoli della città vecchia di gustosi toponimi, sopravvissuti all'invasione di patrioti, letterati e scienziati, si imbatté in prospere colonie di gatti randagi, grassi e lucidi come lontre. Al momento non collegò la penuria dei primi con l'abbondanza dei secondi. Da quando i gatti randagi cacciavano con successo i toponimi? Ma, più tardi, giunto a casa, sfogliando il taccuino degli appunti, quasi intonso, davanti ad una consolatoria tazza di tè, improvvisamente, fra sé e tè gli sovvenne la spiegazione più logica: i toponimi più gustosi se li erano pappati proprio quei gatti anonimi: i più grassi gattonimi che gli fosse mai capitato di incrociare.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) dom 20 maggio 2012 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)