All'indice alfabetico - All'archivio mensile - A Wordpress - Ai miei racconti - Alle mie foto - A Blogger
Durante la lunga vacanza natalizia del 91 negli USA, ricordo che furoreggiava nelle librerie di Boston e di New York un libricino di Robert Fughum uscito da poco: All I Really Need to Know I Learned in Kindergarten: Uncommon Thoughts on Common Things che è poi stato tradotto in italiano e ha riscosso un certo successo anche da noi (TUTTO QUELLO CHE MI SERVE SAPERE L' HO IMPARATO ALL'ASILO). In America ha trovato una diffusione inattesa, al punto da essere incluso nei pacchetti di benvenuto che alcune scuole distribuivano alle famiglie degli scolari. L'autore ne propone un'edizione ampliata a quindici anni dall'uscita e al momento della revisione di questo blogspot (30 ottobre 2004) su Amazon è in vendita a $6.99 nuovo, ma ci sono 1776 copie usate in vendita appena ad un centesimo di dollaro. Un autentico successo popolare, insomma. La sintesi dell'intero libro era venduta anche come strenna con rilegatura in spesso cartone e in italiano è stato tradotto così: "La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l' ho imparata all'asilo. La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell'infanzia. Queste sono le cose che ho appreso: Dividere tutto con gli altri. Giocare correttamente. Non fare male alla gente. Rimettere le cose al posto. Sistemare il disordine. Non prendere ciò che non è mio. Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno. Lavarmi le mani prima di mangiare. I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene. Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa, pensare un po' e disegnare, dipingere, cantare, ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno. Fare un riposino ogni pomeriggio. Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano e stare vicino agli altri. Essere consapevole del meraviglioso. Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono, la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché, ma tutti noi siamo così. I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e persino il seme nel suo recipiente: tutti muoiono e noi pure. Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante di tutte: GUARDARE." Come si vede, niente d'eccezionale, se non fosse che viviamo in momento storico in cui pare si sia un po' smarrito il valore del buon senso, l'utilità delle convenzioni e della buona educazione: anche quella elementare che permette a due persone di passare per una porta stretta, senza che necessariamente uno dei due debba abbattere a cornate l'altro per poi calpestarne le spoglie ancora palpitanti.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) gio 28 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Indirizzo permanente - Al blog più recente - All'indice alfabetico - Cerca... - In fondo - All'inizio
(ANSA)-ROMA, 27 AGO-Buone notizie per i veri amanti del cioccolato, quelli che preferiscono il fondente: fa bene al cuore, perche' aumenta il livello di sostanze antiossidanti. Lo annuncia sulla rivista Nature Mauro Serafini, con i suoi colleghi dell'Istituto Nazionale di Ricerca sul Cibo e la Nutrizione di Roma. Ma solo fondente perche' in quello al latte le proteine di quest'ultimo sequestrano le sostanze antiossidanti contenute nel cioccolato, impedendo al nostro organismo di assorbirle. Chi si lasciato conquistare il cuore troppo facilmente dalle sofisticate praline e dalla dolcezza del cioccolato al latte dovrà riconvertirsi all'austera amarezza del fondente nero e puro, proprio per salvare il cuore dalle mille ingiurie quotidiane. Dura la vita!
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mer 27 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
C'è stato un periodo storico in cui il maggiordomo protagonista delle barzellette si chiamava ineluttabilmente Battista, mentre i cani da barzelletta o i randagi sconosciuti e scodinzolanti, incontrati per la strada a piede libero senza museruola né collare, si chiamavano Bobi (deformazione di Bobby, suppongo). Una maggiore diffusione della letteratura inglese leggera e la pubblicità hanno insidiato e, temo, oscurato l'egemonia di Battista con una solida presenza di Jeeves e di Ambrogio, mentre, con mio disappunto, non ha mai goduto di una fama e diffusione proporzionata alla sua statura il grandioso Lurch della famiglia Adams; mi riferisco al gigante della serie televisiva originale in bianco e nero. Perfino Pierino, il protagonista incontrastato di tutte le barzellette sui bambini disobbedienti, finti ingenui e piccoli sadici autentici, sta conoscendo una fase calante, se non un declino senza ritorno. Temo che il killer di questi e altri noti desaparecidos sia fin troppo facile da individuare nella TV. Battista & Co. non sono certo i più illustri personaggi danneggiati dall'invadenza televisiva, ma mi piace dedicare loro un caro ricordo.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mar 26 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
"Meglio affidare i bambini all' asilo nido o alla baby sitter piuttosto che a nonni, parenti o amici." E' quanto emerge da uno studio inglese. Intitolato Working Mums, lo studio finanziato dal ministero dell' istruzione ha evidenziato che i piccoli che nei primi mesi di vita crescono con i nonni imparano più tardi a leggere, scrivere e parlare. Questa eventualità, invece, non si verifica quando i bimbi sono affidati alle cure di apposite strutture professionali o di tate "con esperienza." Questa notizia che leggo su "Il nuovo" non mi sorprende. Che i nonni siano meno professionali degli operatori di scuole materne, se bravi, dovrebbe essere scontato. Il punto, forse, è valutare che peso abbia nello sviluppo equilibrato di un bambino, nella sua serenità quotidiana, l'acquisizione precoce di abilità di tipo scolastico come il leggere o lo scrivere o perfino il parlare. Non è mia intenzione difendere gli animalini affettuosi, i cuccioli_della_nonna, che balbettano frasi elementari fra plausi e complimenti sperticati dei famigliari, come se avessero dimostrato un'intelligenza mostruosa perchè si sbrodolano meno del solito, mentre i loro coetanei nelle scuole materne, adoperando con abilità giochi intelligenti sotto la guida di brave maestre, sviluppano precocemente abilità psicomotorie che faciliteranno i loro successi scolastici con probabili, anche se indimostrabili, riflessi sul loro futuro di adulti. Senza tessere l'elogio dell'asino felice, sarebbe interessante promuovere inchieste che riuscissero a quantificare anche quanto di buono un'educazione affettuosa e rassicurante “fatta in casa” può aver offerto a chi ha avuto la fortuna di frequentare nonni affettuosi e disponibili, non necessariamente ignoranti.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 25 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Se fosse vivo o morto non era facile da appurare dalla punta di scarpa che, unica, sporgeva dall'enorme sportello di cassaforte che ricopriva l'intero corpo, presumibilmente ridotto molto male. La rimozione dello sportello ad opera della squadra d'installatori non fu ne facile né breve. Durante tutto il tempo nessun lamento da parte del notaio, soltanto qualche scomposto movimento della sua scarpa nera, lucida e solitamente inerte. Apparentemente si trattava di un tragico incidente mortale : lo sportello appoggiato verticalmente contro la cassaforte, destinato a sigillarla a montaggio compiuto, era stato lasciato impercettibilmente inclinato, senza alcun'altra precauzione che il proprio inamovibile peso e un cartello sull'ingresso della porta: “Lavori in corso; accesso severamente vietato agli estranei. Pericolo” Evidentemente il notaio non aveva considerato se stesso un estraneo in casa sua e, come d'abitudine, era entrato prima dell'arrivo degli operai per constatare il procedere dei lavori, ma incautamente aveva tirato verso di se lo sportello in equilibrio precario, oppure… Quello che insospettì il commissario fu un leggero odore di esplosivo appena avvertibile ad un naso esperto. Gli operai chiarirono inoltre l'estraneità di alcuni residui bruciacchiati di carta e ad un esame più attento non fu difficile scorgere un alone di fumo nell'angolo superiore interno della cassaforte, del tipo di quello che lasciano i grossi petardi imbottiti di polvere nera. Non fu difficile scoprire in un impiegato precario, assunto in prova e prontamente licenziato per un furto maldestro, l'autore del delitto che sotto le due tonnellate dello sportello aveva voluto seppellire il solo uomo in grado di esibire prove schiaccianti contro di lui. (259 parole)
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) dom 24 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Non so se cani e porci abbiano il loro T9 per comunicare in modo banale fra di loro; i telefonini umani lo hanno. Per chi non lo sapesse T9 è il linguaggio che i telefonini recenti usano per agevolare la scrittura di messaggini (SMS) con la loro scomoda e povera tastiera. Semplificando, si tratta di un sistema che cerca d'indovinare la parola che l'utente intende scrivere suggerendola fra un repertorio, ampliabile, di parole che sa dalla nascita. Poiché tutti i fabbricanti di telefonini sperano di vendere i loro prodotti in tutto il modo, ogni telefonino contiene un lessico specifico per ciascuna delle lingue, compreso l'italiano, in cui vivono potenziali acquirenti. Il mio attuale contiene gli strumenti per: italiano, inglese, francese, tedesco, olandese, turco e arabo. Il tutto è piuttosto ingombrante e la dimensione della memoria disponibile per questa e le altre funzioni multilingue (menu, aiuti, ecc.), impone dei drastici tagli e, in definitiva, un lessico piuttosto modesto, limitato ai termini d'uso più diffusi per una comunicazione a distanza elementare. Normalmente l'elenco delle parole non è accessibile né modificabile direttamente, probabilmente perché i termini sono memorizzati in forma tokenizzata secondo un algoritmo di compressione efficiente. Il risultato è che si possono aggiungere (scomodamente) nuovi termini all'elenco di base e basta. Come ne esce la comunicazione fondata sul T9? Meno peggio di quanto le severe limitazioni tecniche, che abbiamo cercato di descrivere sommariamente, lascerebbero pensare, a patto che ci si limiti ad una comunicazione stringatissima di situazioni di circostanza: assenso, dissenso, auguri, scuse, inviti, stati d'animo basilari affettivi, di piacere, di dolore e poco d'altro. Se usati bene, gli SMS composti con il T9 consentono di comunicare senza equivoci con un interlocutore remoto non raggiungibile, per qualche ragione, con strumenti di comunicazione più efficaci e raffinati, quali il telefono, i messaggi istantanei e la posta elettronica su INTERNET. In altre parole, non sostituisce nulla, ma si aggiunge alle altre forme di comunicazione esistenti e le integra presentandosi come un'ulteriore strumento: rozzo, ma efficace. La diatriba che ha trovato spazio su quotidiani, sulla presunta capacità del linguaggio usato negli SMS d'influire su altre forme di comunicazione più ricche e raffinate, pertanto, mi sembra poco realistica. Linguisticamente si tratta di una sobria carriola e come tale è molto utile e apprezzabile, ma nessuna regina penserà di usarla al posto della sua lussuosa carrozza per attraversare in parata la capitale fra ali di sudditi plaudenti né alcuno di noi di adoperarla come normale mezzo di trasporto quotidiano. Disponiamo di ben altro, per fortuna, anche per giocare con il linguaggio alfabetico. Molto interessante, invece, mi parrebbe un traduttore che traslasse le parole scritte in forma alfabetica nella lingua nativa di ciascun interlocutore in un sistema ideografico internazionale per superare la babele delle diverse lingue.
Non so se cani e porci abbiano il loro T9 per comunicare in modo banale fra di loro; i telefonini umani lo hanno. Per chi non lo sapesse T9 è il linguaggio che i telefonini recenti usano per agevolare la scrittura di messaggini (SMS) con la loro scomoda e povera tastiera.
Semplificando, si tratta di un sistema che cerca d'indovinare la parola che l'utente intende scrivere suggerendola fra un repertorio, ampliabile, di parole che sa dalla nascita. Poiché tutti i fabbricanti di telefonini sperano di vendere i loro prodotti in tutto il modo, ogni telefonino contiene un lessico specifico per ciascuna delle lingue, compreso l'italiano, in cui vivono potenziali acquirenti. Il mio attuale contiene gli strumenti per: italiano, inglese, francese, tedesco, olandese, turco e arabo.
Il tutto è piuttosto ingombrante e la dimensione della memoria disponibile per questa e le altre funzioni multilingue (menu, aiuti, ecc.), impone dei drastici tagli e, in definitiva, un lessico piuttosto modesto, limitato ai termini d'uso più diffusi per una comunicazione a distanza elementare. Normalmente l'elenco delle parole non è accessibile né modificabile direttamente, probabilmente perché i termini sono memorizzati in forma tokenizzata secondo un algoritmo di compressione efficiente. Il risultato è che si possono aggiungere (scomodamente) nuovi termini all'elenco di base e basta.
Come ne esce la comunicazione fondata sul T9? Meno peggio di quanto le severe limitazioni tecniche, che abbiamo cercato di descrivere sommariamente, lascerebbero pensare, a patto che ci si limiti ad una comunicazione stringatissima di situazioni di circostanza: assenso, dissenso, auguri, scuse, inviti, stati d'animo basilari affettivi, di piacere, di dolore e poco d'altro.
Se usati bene, gli SMS composti con il T9 consentono di comunicare senza equivoci con un interlocutore remoto non raggiungibile, per qualche ragione, con strumenti di comunicazione più efficaci e raffinati, quali il telefono, i messaggi istantanei e la posta elettronica su INTERNET.
In altre parole, non sostituisce nulla, ma si aggiunge alle altre forme di comunicazione esistenti e le integra presentandosi come un'ulteriore strumento: rozzo, ma efficace. La diatriba che ha trovato spazio su quotidiani, sulla presunta capacità del linguaggio usato negli SMS d'influire su altre forme di comunicazione più ricche e raffinate, pertanto, mi sembra poco realistica. Linguisticamente si tratta di una sobria carriola e come tale è molto utile e apprezzabile, ma nessuna regina penserà di usarla al posto della sua lussuosa carrozza per attraversare in parata la capitale fra ali di sudditi plaudenti né alcuno di noi di adoperarla come normale mezzo di trasporto quotidiano. Disponiamo di ben altro, per fortuna, anche per giocare con il linguaggio alfabetico.
Molto interessante, invece, mi parrebbe un traduttore che traslasse le parole scritte in forma alfabetica nella lingua nativa di ciascun interlocutore in un sistema ideografico internazionale per superare la babele delle diverse lingue.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) ven 22 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Leggo sul Corriere di oggi http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/08_Agosto/20/obesi.shtml che l'ossessione per il soprappeso è arrivata fino all'interno delle scuole americane, pare. Nell'Arkansas, uno stato del Sud piuttosto povero, celebre fra di noi per Bill e Hilary Clinton, ci sarebbe un numero preoccupante di bambini e ragazzi un po' troppo ciccioni : intorno al 15 %. Così le autorità hanno deciso di censire la popolazione scolastica anche riguardo questo parametro (Indice di Massa Corporea o IMC) e di attuare delle misure per combattere il fenomeno, sensibilizzando e fornendo consigli alle famiglie e vietando la vendita nelle elementari di bevande gassate e merende salate e zuccherate. Quest'ultimo provvedimento appare piuttosto drastico nella patria della Coca e della Pepsi, dove sembra che non si possa stare al mondo senza tenere in mano un secchio di cartone pieno di cola e ghiaccio. Assisteremo ad un nuovo '68 al grido straziante di "Aridatece le schifezze nostre quotidiane!" Mostrerà al mondo intero i suoi pingui muscoli il movimento ciccionista, lanciato alla riconquista della libertà di abbuffo? Difficile da pronosticare. Di certo assisteremo all'abituale composto distacco su questo argomento del 90 % dei bambini africani e di un altro miliardo di bambini e adolescenti sparsi per il nostro variegato mondo. La foto qui sopra di bambini obesi è di Shakh Aivazov/ Ap
Leggo sul Corriere di oggi
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/08_Agosto/20/obesi.shtml
che l'ossessione per il soprappeso è arrivata fino all'interno delle scuole americane, pare. Nell'Arkansas, uno stato del Sud piuttosto povero, celebre fra di noi per Bill e Hilary Clinton, ci sarebbe un numero preoccupante di bambini e ragazzi un po' troppo ciccioni : intorno al 15 %.
Quest'ultimo provvedimento appare piuttosto drastico nella patria della Coca e della Pepsi, dove sembra che non si possa stare al mondo senza tenere in mano un secchio di cartone pieno di cola e ghiaccio.
Assisteremo ad un nuovo '68 al grido straziante di "Aridatece le schifezze nostre quotidiane!" Mostrerà al mondo intero i suoi pingui muscoli il movimento ciccionista, lanciato alla riconquista della libertà di abbuffo?
Difficile da pronosticare. Di certo assisteremo all'abituale composto distacco su questo argomento del 90 % dei bambini africani e di un altro miliardo di bambini e adolescenti sparsi per il nostro variegato mondo.
La foto qui sopra di bambini obesi è di Shakh Aivazov/ Ap
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mer 20 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
"I risultati di una ricerca sull'astrologia pubblicati dalla rivista filosofico-scientifica britannica Journal of Consciousness Studies ed echeggiati dal Sunday Telegraph , confermano quanto si sapeva già da lungo tempo sulla mancanza di attendibilità dell'astrologia. In questo caso, lo studio ha preso in esame 2.000 persone nate a Londra nei primi giorni di marzo del 1958 ed ne ha osservato lo sviluppo in più di 100 caratteristiche fisiche e caratteriali come occupazione, livello d'ansia, aggressività, nello sport, nella matematica, ecc. Stando a quello che dicono gli astrologi, queste persone avrebbero dovuto mostrare caratteristiche molto simili, mentre invece gli scienziati non sono riusciti a identificare nessuna similarità." Ben vengano studi di questo genere, ma la credulità distratta che si concreta in un'occhiata veloce all'oroscopo dovrebbe preoccupare molto meno di quanto non accada per altre forme d'impostura, molto più paludate, subdole e pericolose, che attentano con dovizia di mezzi all'equilibrio dei singoli e d'interi popoli. Naturalmente la battaglia contro costoro è molto più dura da sostenere, come dimostra la persistente sopravvivenza di una credulità diffusa, avida di essere ingannata. Con molto ottimismo, bisogna riconoscere che il percorso iniziatosi con l'Illuminismo sarà ancora molto lungo, ma i risultati parziali ottenuti fino ad ora devono incoraggiarci a continuare. Di questo sono certissimo: stava scritto a chiare lettere sui fondi di caffè di questa mattina, e quelli non mentono. Poche balle. Vedi: http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,186141,00.html
"I risultati di una ricerca sull'astrologia pubblicati dalla rivista filosofico-scientifica britannica Journal of Consciousness Studies ed echeggiati dal Sunday Telegraph , confermano quanto si sapeva già da lungo tempo sulla mancanza di attendibilità dell'astrologia.
In questo caso, lo studio ha preso in esame 2.000 persone nate a Londra nei primi giorni di marzo del 1958 ed ne ha osservato lo sviluppo in più di 100 caratteristiche fisiche e caratteriali come occupazione, livello d'ansia, aggressività, nello sport, nella matematica, ecc. Stando a quello che dicono gli astrologi, queste persone avrebbero dovuto mostrare caratteristiche molto simili, mentre invece gli scienziati non sono riusciti a identificare nessuna similarità."
Ben vengano studi di questo genere, ma la credulità distratta che si concreta in un'occhiata veloce all'oroscopo dovrebbe preoccupare molto meno di quanto non accada per altre forme d'impostura, molto più paludate, subdole e pericolose, che attentano con dovizia di mezzi all'equilibrio dei singoli e d'interi popoli.
Naturalmente la battaglia contro costoro è molto più dura da sostenere, come dimostra la persistente sopravvivenza di una credulità diffusa, avida di essere ingannata.
Con molto ottimismo, bisogna riconoscere che il percorso iniziatosi con l'Illuminismo sarà ancora molto lungo, ma i risultati parziali ottenuti fino ad ora devono incoraggiarci a continuare.
Di questo sono certissimo: stava scritto a chiare lettere sui fondi di caffè di questa mattina, e quelli non mentono. Poche balle.
Vedi: http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,186141,00.html
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mar 19 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Capitava di rado che i rumori della strada filtrati dalle vecchie imposte con le gelosie e dagl'infissi di legno mi raggiungessero e mi svegliassero mentre dormivo nel grande letto di rovere chiaro dall'alta testiera scolpita.
A volte era l'invito cantilenante del venditore di frutta che spingeva a mano un carro lungo e stretto su due sole ruote. E' un ricordo molto lontano e sbiadito, mentre ricordo molto bene quando Luisa entrava dalla porta, chiusa durante la notte, per annunciarmi che era ora di alzarsi. Lo diceva una sola volta, a bassa voce, poi andava ad aprire entrambe le finestre della grande stanza e m'informava, in dialetto, sul tempo: "C'è il sole, ma è freddo; oggi piangono i malvestiti”. Trovavano posto in questi bollettini sintetici, secoli di cultura contadina tramandata immutata da chi dal tempo aveva tutto da guadagnare o da temere e gli attribuiva il peso centrale che meritava.
"Fervarot curt, curt.." a volte erano solo frammenti di espressioni che venivano pronunciate per intero solo in rare occasioni ed assumevano finalmente un senso compiuto, altrimenti erano foglie scompaginate di una Sibilla stanca di oracoli troppo espliciti.
Di questi bollettini tenevo conto nel vestirmi per uscire, ma erano, soprattutto, un aiuto ad interpretare, nel modo tradizionale più consolidato, tempo e stagioni; un invito a partecipare, almeno emotivamente, ad un mondo povero, parsimonioso e attento che si sosteneva e si fondava sull'agricoltura, praticata con strumenti e ritmi millenari che sarebbero spariti definitivamente nel giro di pochi, pochissimi anni.
Prima di uscire mi aspettava una colazione quasi sempre immutata: il caffè profumato nella piccola napoletana; la profonda tazza senza manici piena di latte ricoperto di panna per la zuppa di pane secco, tagliato in pezzi sul tagliere scavato e destinato anche ad una nuvola di passeri che affollavano rumorosamente il davanzale, vicino alla stufa a legna della grande cucina.
Una variante invernale, ambitissima, era costituita dalle losanghe ancora gonfie di gnocco fritto avanzate dalla sera prima, da tuffare con arte e circospezione nel latte caldo perché le riempisse e riscaldasse a nuova vita.
Complementi lussuosi erano i barattoli delle più varie origini e misure, pieni di marmellata brusca di amarene preparata all'inizio dell'estate e di quella nera di prugne preparata alla fine. Solo durante la stagione dell'uva poteva esserci una magnifica tazzina di sughi da gustare prima con gli occhi che con la bocca e, durante l'inverno, il sapore da spalmare sul pane o assaggiare puro a cucchiaiatine caute e consapevoli della sua natura preziosa .
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 18 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Clicca qui, per una informazione meno sommaria in lingua inglese.
NEW YORK - I ricercatori del Baylor College of Medicine di Houston hanno trovato l'origine di cuscinetti e pieghe adipose. La scoperta, pubblicata sulla rivista dell' Accademia americana delle scienze , Pnas, apre la via alla possibilità di mettere a punto farmaci di combattere sia l'obesità sia le altre malattie come il diabete. Stando alla ricerca, il gene controlla l'attività dell'enzima chiamato ACC2 (acetil-CoA-carbossilasi-2) che immagazzina i grassi…i ricercatori hanno concluso così che l'enzima ACC2 non soltanto svolge un ruolo chiave nella comparsa di obesità e diabete, ma potrebbe diventare un bersaglio di futuri farmaci in grado di controllare le capacità dell'organismo di bruciare i grassi.
Stormi di ricercatori rintanati in asettici laboratori di "grassissime" case farmaceutiche saranno già scattati nella corsa a chi arriva primo nel brevettare una nuova pillola miliardaria che inibisca la produzione di ACC2, permettendo a tutti noi di mangiare le nostre schifezze preferite senza cambiare la taglia superslim dei nostri abiti.
Nel frattempo in un angolo, derelitto e non visto, il fegato ingrossato piangerà calde lacrime, ma nessuno gli baderà troppo, salvo una squadra di ricercatori intenti ad inventare una pillola miracolosa per rimettere in forma fegati stressati.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) gio 14 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Un'altra giornata bollente su gran parte dell'Europa centro-occidentale. Parigi "finalmente" tocca i 40 gradi; infatti mentre si rialzano le temperature anche in Germania, quelle più elevate, ancora una volta, si sono registrate in Francia, Spagna e Portogallo. Alcuni record: quello tedesco stabilito il giorno 9 agosto da Roth con +40.4°C; quello britannico: il giorno 10 agosto stabilito da Gravesend, nel Kent, con +38.1°C che ha battuto di poco London Heatrow che poche ore prima aveva raggiunto i +37.9°C. L'11 agosto fanno notizia i +40°C tondi di Parigi Orly , nuovo record per la stazione aeroportuale posta nell'hinterland meridionale della capitale francese. Temperature elevatissime sulla fresca costa atlantica spagnola e sul nord del Portogallo, anche se Cordoba in Andalusia mantiene alta la sua fama con +42.6°C. Qui tuttavia le anomalie sono inferiori, infatti temperature di 35°C rappresentano la norma stagionale. Tornando a nord notiamo che tutta la regione a cavallo tra Belgio e Olanda meridionali, Francia orientale e Germania occidentale sta vivendo un'anomalia climatica di oltre 10°C (considerando le temperature massime) che dura ormai da diversi giorni! Insomma, si direbbe che ci troviamo ad osservare un'Europa unita e concorde, una volta tanto, ma è duro ammettere che l'entusiasmo per questo attesissimo evento è modesto, in questo caso.
*** Le notizie meteo sono tratte dall'ottimo http://www.meteogiornale.it/read.php?id=6266 . La mia rinfrescante immagine digitale è stata presa lo scorso Novembre in piazza Maggiore a Bologna.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mer 13 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
una bella strada di crinale che conduceva da Modigliana a Brisighella...
La bici oliata e lustrata da Luisa, una Wander artigianale costruita quasi su misura per me, mi aspettava pronta sulle ruote già gonfie, dopo il lungo letargo invernale sottosopra, appoggiata su sella e manubrio e coperta da sacchi di juta. Invariabilmente era in attesa dentro la cantina più piccola, quella delle botti dell'aceto.
In casa nostra non si faceva l'aceto balsamico dolce tradizionale, ora celebrato in tutto il mondo, ma quello forte di vino bianco, altrettanto tradizionale e anche migliore per i miei gusti, che assumeva il profumo indimenticabile e il colore rosso chiaro alla fine dell'invecchiamento, quando era pronto per condire l'insalata o arrossare il sale grosso sul fondo della ciotola per il pinzimonio.
Sulla parete di fronte alla larga porta c'era uno scaffale robusto e vecchio come il cucco che ospitava la provviste di lambrusco, imbottigliato in spesse e pesanti bottiglie nere fatte a mano, passate in eredità da una generazione all'altra.
Sulla parete di sinistra, sostenute a tre spanne da terra da robusti cavalletti, c'erano le botti di misura decrescente per l'invecchiamento dell'aceto, mentre sulla parete della porta c'era un piccolo scaffale, abbastanza sgangherato che ospitava l'aceto, già pronto per l'uso.
Era una legione straniera di bottigliette di ricupero di tutte le misure e fogge che non avrebbero mai raggiunto l'onore della tavola ma, al culmine della loro ascesa, si sarebbero fermate alla dispensa della grande cucina per riempire le ampolle. Anche i tappi che racchiudevano i colli eterogenei erano turaccioli di ricupero tutt'altro che ermetici, adattati rusticamente e sommariamente alla misura giusta e alla forma di tronchi di cono con pochi colpi di coltello.
Contrariamente a quelli del vino, costosi manufatti regolarissimi, unti di olio di vasellina e oggetto di grandi attenzioni fino al loro impiego, durante il rito dell'imbottigliamento, i tappini dell'aceto avevano la sola funzione di evitare il rovesciamento accidentale del liquido, ma nessuna vera tenuta era pretesa da loro, giacchèl'ingresso dell'aria non avrebbe portato che alla continuazione del processo di acetificazione, cominciato nelle botticelle di rovere e artefice di tanta bontà
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 11 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) sab 09 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Forse perché lei stessa preferiva restare in un angolo fresco del giardino a giocare a canasta o a canastone, non mi costrinse mai a salire in camera per il riposino dopo pranzo. Per fortuna altri bambini godevano dello stesso mio privilegio, così ci si trovava ad avere un non-tempo regalato da impiegare come si voleva, a patto di non disturbare gli adulti dormienti dietro le imposte socchiuse o i più attivi giocatori di carte . Lo spazio disponibile era veramente molto nel largo cortile ombroso popolato di platani, olmi e ippocastani che si apriva fra i tavolini esterni del bar, fino al basso edificio di servizio che delimitava, dal lato opposto all'albergo, la larga pista da ballo in cemento, vuota durante il giorno, quando gli strumenti sonnecchiavano nelle custodie, i suonatori facevano il loro vero mestiere e i ballerini serali, nella loro tenuta diurna da villeggianti, erano sparpagliati ovunque ci fosse un'ombra. Dopo la mattinata in ispiaggia, le lunghe nuotate nell'acqua verde ed il pasto abbondante nella vasta sala fresca, veniva spontaneo parlare a bassa voce e stare tranquilli ad aspettare che il sole cominciasse a gettare ombre più lunghe. Era l'ora dei racconti e delle favole, non che se ne percepisse nettamente la distinzione. Chi aveva qualcosa da raccontare lo faceva come meglio sapeva e con incerto successo, ma senza rischiare mai di destare alcuna ostilità o fastidio. C'era, però, una bambina di Reggio Emilia, con la sua parlata lenta e cantilenante, che, invece, incantava tutti. Se ne aveva voglia e cominciava a raccontare, tutti noi le stavamo intorno a cerchio ad ascoltarla. Curiosamente non ricordo nulla di quei racconti infantili se non la capacità magnetica della piccola Sherazade emiliana di destare la nostra attenzioe e indurci ad un ascolto passivo, dolce e gradito come il sonno quando si è stanchi. La sera quando al suono dell'orchestrina si ballavano walzer, polche e mazurche nella più allegra promisquità di adulti e bambini e la raspa del Paranà scatenava noi piccoli in piroette improvvisate, la magia svaniva e anche lei tornava ad essere una bambina qualunque: una bella moretta con le trecce e un bel paio di zampette robuste adatte per saltare e ballare.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) ven 08 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Le creme da spalmare sulla pelle credo le avessero già inventate. Ricordo distintamente l'immagine di un tubetto giallo che conteneva un gel trasparente da spalmare con parsimonia sulle mani screpolate per il lavoro o per il freddo invernale, ma a noi bambini, anche ai rossini con la pelle lattea, nessuno si sognava di proteggere la pelle con una crema, quando andavamo in spiaggia d'estate. Non parlo di prodotti specifici a protezione graduata, ma non ci veniva spalmata neanche un'universale nivea sulle spalle: le prime a sbucciarsi come fichi d'india. Dopo le prime roventi partite a pallone sulle dune, in cui le magliette servivano per delimitare in modo pressoché simbolico la larghezza delle due porte, il solo sollievo che avrebbero ricevuto al ritorno in albergo le schiene rosse come pomidoro era una delicata aspersione di borotalco, in attesa di spellarsi completamente a larghi lembi nel giro di tre giorni. La faccenda veniva vissuta come un evento ineluttabile, peraltro, e la sola precauzione, ad ustione avvenuta, era il materno consiglio di restare il più possibile all'ombra e tenere sempre la camicia, anche in mare, durante il bagno. Non so come se la cavassero i bambini che andavano in colonia, guardati a vista da giovani maestre disperate per la loro vitalità incontenibile. Io li vedevo solo la sera, quando in fila per due, facevano la passeggiatina serale dopo cena, mentre noialtri cani sciolti, affidati ad una madre, una nonna od una zia aspettavamo ancora di andare a tavola ciondolando senza scopo per il giardino dell'albergo. Cenavano molto presto, ad orari ospedalieri, e durante la passeggiatina in fila trascinavano gli zoccoli di legno e avevano l'aria stremata e un po' assente di chi sta subendo un trattamento sgradito. Stranamente, nonostante il crepuscolo avanzato, mentre l'ombra serale ormai prevaleva sugli ultimi riflessi morenti di un sole tramontato, vestivano il cappellino tondo con la tesa spiovente e stropicciata per gl'inevitabili calpestamenti e angherie subiti e inferti senza pietà. A quel tempo non avevo ancora maturato la fisima consapevole di chi compiere passeggiate senza meta di forma circolare o, massima concessione, di Q, ma avvertivo un certo disagio nel vederli percorrere la strada ghiaosa prima in avanti poi a ritroso sui loro stessi passi. Si trattava di un breve cul di sacco che, partendo dall'unico crocicchio del paese, terminava in uno spazio selvaggio di canne palustri fino alla riva del Rubicone. L'unica meta interessante era, a metà strada, una fontanella sulfurea che insieme con l'acqua disgustosina, emanava vapori che, con un po' di fortuna, si potevano incendiare e davano vita ad una luce blustra con bei riflessi verdi. Se le brezze serali erano deboli poteva mantenersi viva per un po', dando vita ad un fenomeno curioso, se non proprio misterioso. Raramente si potevano ascoltare i frangenti sui grossi bastioni di cemento armato, inutile baluardo anticarro eratto dai tedeschi su larghi tratti del bagnasciuga. Benché fossero vicini, erano invisibili dalla strada e le dune, a quell'ora, tornavano ad essere popolate soltanto dalle tamerici, in attesa che la luna desse vita ad ombre mutevoli.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 04 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
Il nostro pilota non era certo Nuvolari e la topolino non era una Ferrari, ma per l'ora di pranzo si era sempre tranquillamente pronti a sedersi a tavola, dopo i convenevoli d'obbligo con la matriarca che gestiva l'albergo insieme con le sue quattro figlie, il figlio sinistrato ed il pleonastico "vecchio", assaggiatore di Sangiovese a tempo pieno.
La sala da pranzo era fresca, spaziosa e i tavoli grandi e ben distanziati. La cucina, tradizionale e senza fronzoli, meritava il consenso senza riserve di un pubblico indigeno competente, abituato a mangiare bene a casa propria. I pochi svizzeri e tedeschi, avanguardie dei futuri eserciti di turisti affezionati, si leccavano i baffi ed i fiaschi impagliati avevano il posto d'onore al centro dei loro tavoli. Dalle ampie finestre, sotto la luce abbacinante del meriggio, si vedevano le alte dune popolate di ginestre, unico schermo alla vista del mare che si scorgeva brillare solo attraverso pochi varchi.
Le tende di ruvida tela, ornata con i tradizionali decori ruggine di Romagna, ben distanziate lungo una sola fila, gettavano un'ombra rattrappita sulla sabbia dorata, lambita dal mare verde e trasparente, deserto a quell'ora. Rare erano le paranze all'ancora nell'acqua bassa, con le larghe vele triangolari dipinte di rosso, di giallo e di verde a formare disegni elementari come quelli dei bambini.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) dom 03 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)
La commovente resistenza delle decine di boccioli di gelsomino che spuntano da una ciotola di ceramica ischitana fra la verzura impalpabile di contorno e a coronamento di alcune rose bianche quasi alabastrine, residuo un recentissimo matrimonio estivo, mi ha riportato ad un'estate lontanissima ormai, quando vissi per un mese in una villa sulla Nomentana aviluppata dai gelsomini. Non c'erano gelsomini profumati nelle case della mia infanzia nella grande pianura nebbiosa: il clima rigido degli inverni nevosi li avrebbe uccisi, così rimasi particolarmente sorpreso dal profumo festoso che avvolgeva la casa intera, affacciata sul larghissimo viale di platani che da Porta Pia si spinge verso la campagna romana. Non ricordo quasi nulla delle stanze al pianterreno affacciate sul giardino, se non forse gli accessori pomposi del grande bagno di maiolica finemente screpolata per l'età vetusta. In un angolo del giardino, che circondava il retro della villa, c'era una vasca ovale soffocata dall'edera in cui nuotavano pesci rossi e, forse, ranocchi. L'estate precoce imponeva le finestre aperte anche di notte e lasciava passare il canto dei grilli ed il profumo quasi assordante dei gelsomini bianchi. Non ricordo quasi nient'altro di quella parentesi romana, se non un bambino un po' petulante che parlava preferibilmente persiano, con il qual giocavo passando dal buco nella siepe che si apriva sul vasto giardino dell'ambasciata afgana. Era il figlio dell'ambasciatore di quel paese remoto: un regno ignoto ai confini del mondo che non aveva alcuna triste notorietà, a quel tempo.
La commovente resistenza delle decine di boccioli di gelsomino che spuntano da una ciotola di ceramica ischitana fra la verzura impalpabile di contorno e a coronamento di alcune rose bianche quasi alabastrine, residuo un recentissimo matrimonio estivo, mi ha riportato ad un'estate lontanissima ormai, quando vissi per un mese in una villa sulla Nomentana aviluppata dai gelsomini.
Non c'erano gelsomini profumati nelle case della mia infanzia nella grande pianura nebbiosa: il clima rigido degli inverni nevosi li avrebbe uccisi, così rimasi particolarmente sorpreso dal profumo festoso che avvolgeva la casa intera, affacciata sul larghissimo viale di platani che da Porta Pia si spinge verso la campagna romana.
Non ricordo quasi nulla delle stanze al pianterreno affacciate sul giardino, se non forse gli accessori pomposi del grande bagno di maiolica finemente screpolata per l'età vetusta. In un angolo del giardino, che circondava il retro della villa, c'era una vasca ovale soffocata dall'edera in cui nuotavano pesci rossi e, forse, ranocchi. L'estate precoce imponeva le finestre aperte anche di notte e lasciava passare il canto dei grilli ed il profumo quasi assordante dei gelsomini bianchi.
Non ricordo quasi nient'altro di quella parentesi romana, se non un bambino un po' petulante che parlava preferibilmente persiano, con il qual giocavo passando dal buco nella siepe che si apriva sul vasto giardino dell'ambasciata afgana. Era il figlio dell'ambasciatore di quel paese remoto: un regno ignoto ai confini del mondo che non aveva alcuna triste notorietà, a quel tempo.
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) ven 01 agosto 2003 Invia un commento all'autore "Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)