Una bella mattina si svegliò sicuro che per stare proprio bene al mondo avrebbe dovuto trovare il suo cappello a tre punte: un bel cappello a tre punte. Siccome però non era una bestia selvatica, decise di parlarne prima con gli amici. Andò in piazza, prese un caffè e si guardò d'attorno: pochi cappelli in giro: qualche vecchio con un feltro unto, qualche ragazzino con il berrettino a visiera e, soprattutto, molte teste mezze pelate o normalmente capellute e spettinate. Su una bici da corsa, passò anche un ragazzo (da dietro sembrava più una ragazza) travestito da ciclista, con tanto di caschetto a striscie di cuoio imbottite, tipo coppi-bartali. Decise che non faceva per lui.
Il primo a cui parlò della sua idea, gli ricordò come non avesse mai portato un cappello in vita sua, da quando si era potuto togliere l'odioso pignattino di tela che gli avevano imposto le maestre giardiniere per andare in ispiaggia durante le vacanze al mare in "colonia". Pioggia, neve o tempesta, tutti l'avevano sempre visto a testa scoperta.
Un altro gli chiese se per caso non gli fosse rimasto a frullare in quel testone vuoto un qualche film in costume, magari con moschettieri rampanti su cavalli coraggiosi e belle dame da salvare. Il più silenzioso, si lasciò strappare di bocca: "Un tricorno? ma non fare il Pitagora fuori stagione!" che lasciò tutti di stucco.
Dopo mezz'ora di cretinate, divaganti sui sette mari e i quattro continenti (o erano solo tre anche loro?), dopo l'evocazione partecipata di negre favolose mezze nude, sterminate con i bambini in braccio da flemmatici soldati inglesi vestiti di pesante panno blu, comandati da generali in tricorno piumato e di Napoleone, che in barba alla sua mania di conquistare il mondo intero, si era accontentato di un cappello a due punte soltanto, come una gondola rovesciata, la situazione emerse in tutta la sua drammatica chiarezza: occorreva uno sforzo solidale per trovargli 'sto maledetto cappello: tutti per uno, uni per tutto, come Dartagnan.
Qui veniva il difficile, però. L'ultimo capellaio del paese aveva chiuso bottega da anni e, poveretto, anche la sua ultima saracinesca l'aveva tirata giù da un pezzo. Della vedova non c'era da fidarsi troppo, nel ramo cappelli: donna di chiesa, niente da ridire, imabittibile rimbeccatrice di santamariamaterdei al rosario, ma in bottega non valeva niente, neanche ai bei tempi e neppure in cucina o a letto, stando alla sentenza dei bene informati.
Da Pirelli-Sport, più che qualche cappello di tela mimetizzata da pescatore non si poteva pretendere e l'armaiolo teneva solo cappelli tirolesi con lo scopino infilato nel nastro: un solo modello, una sola misura, un solo cappello, prendere o lasciare. Di cercarlo da un costumista teatrale non venne in mente a nessuno, perché il teatro non aveva mai messo radici in paese e i patiti dell'opera, nelle grandi occasioni, dovevano affrontare un viaggio fino a Milano o, almeno, fino a Parma per potersi sfogare come dio comanda. Loro però, i cantanti li vedevano già incartati nei loro costumi e pronti a cantare sul palcoscenico; chi li avesse prima vestiti in parrucca e borsa era un mistero che non avevano mai sondato: a ognuno il suo mestiere.
Strologando, strologando alla fine venne fuori che c'era una sola strada maestra da seguire: bisognava lasciare a casa la macchina e prendere il treno come si faceva una volta nelle grandi occasioni, che, in altre parole, voleva dire andare a Modena con la littorina, sull'unica linea che passava per il paese, quella che nella direzione sbagliata andava anche a Mantova, da non nominare neanche.
Tutti c'erano già andati molte volte, chi più chi meno e, anche se erano più pratici del foro boario che delle botteghe vicino al duomo, decisero che era venuta l'occasione per tornarci, senza aspettare la fiera del bestiame. Bisognava partire dopo mangiato: un sabato dopo pranzo si poteva tentare l'avventura; bisognava essere almeno in tre, più il muto che aveva fatto la prima commerciale e qualcosa doveva pur sapere, se solo si fosse deciso a parlare.
Le mogli non furono contente, ma chi era il padrone di casa? se avevano deciso di andare, era così e basta e il sabato successivo le avrebbero portate anche loro, ma in macchina, stavolta, e sarebbero andati anche a caffè a mangiare il gelato, seduti in piazza, e poi al cine.
Sul treno fecero il piano di battaglia: appena smontati, bisognava chiedere al capostazione, quello con la paletta, il fischietto ed il berretto rosso dove si compravano i cappelli e i berretti seri come il suo, insomma dove si trovava il cappellaio più importante, con la migliore reputazione, dal quale farsi consigliare per un acquisto, senza badare a spese.
Si chiamava Barbetti, ma era più conosciuto come Borsalino, lui e la sua famiglia erano cappellai fin dai tempi del duca o anche prima. Trovarlo? Facilissimo, era dov'era sempre stato: sotto il portico del Collegio, a meno di duecento passi dal duomo: domandassero a chi volevano, lo conoscevano tutti: teneva di tutto, anche i cappelli da vescovo, con licenza parlando, per trovare di meglio bisognava andare a Roma dal cappellaio del papa in persona, e poi chissà se era meglio davvero?
Trovarlo fu facile, come aveva garantito il capostazione; dall'insegna di ferro e dalla vetrina di vecchio noce scolpito si capiva subito che tutto quello che avevano sentito era vero fino all'ultima virgola: altro che fino dai tempi del duca, quella bottega lì doveva avere almeno cent'anni.
Entrarono tutti tre come un sol uomo, lasciando il muto fuori a fumare il toscanello, tanto non gli avrebbero cavato una parola di bocca. Dentro c'erano cappelli appoggiati in fila su scaffali chiusi da vetri, come vasi di uno speziale e altri in giro di tutte le fogge, calzati su teste di manichino, come fossero parrucche. Rimasero a bocca aperta davanti a tanta grazia di dio, finché non arivvò la frase fatidica, che li commosse come se si fossero trovati protagonisti di uno sceneggiato televisivo: "In cosa posso servirli?". Valeva la pena di fare il viaggio e tutto il resto solo per quel momento.
Imbarazzati, spiegarono che erano venuti proprio per comprare un cappello, sì uno solo, ma erano venuti in tre perché si trattava di un tricorno, non il solito cappello da contadino, ma si affidavano completamente alla sua esperienza, insomma facesse lui per il meglio e cosi fu.
Quando il muto li vide finalmente uscire trionfanti, come se avessero vinto un terno al lotto, ruppe il silenzio per una delle sue frasi storiche: "Ma cosa fai, coglione, con il cappello bianco di Tom Mix in testa: sembri un fungo appena spuntato. Bravo! Per rompere un digiuno durato cinquant'anni, volevi, a tutti i costi, un tricorno da milord inglese e ti sei fatto rifilare un avanzo di magazzino da vaccaro americano. Bravo! proprio bravo e ci scommetto che l'avrai anche pagato un occhio della testa."
Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) dom 14 dicembre 2008
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