FURBETTO: il telefonino economico cinese

  • … hai sentito che i cinesi si sono fatti in casa un telefonino economico?
  • – e com’è fatto? Ha dei pedalini invece che le pile? O è senza tasti?
  • – Ma? non l’ho visto, ma pare che ci sia poco da scherzare. Ha un nome cinese lunghetto che gli americani hanno tradotto come little-smart che da noi diventerebbe “furbetto”.
  • – E che vantaggi avrebbe?
  • – Che costa meno, un bel po’ di meno dei nostri.
  • – E funziona come il nostro?
  • – Pare che inizialmente si dovesse fare una specie di girotondo continuo per non perdere il segnale; alcuni preferivano star fermi con le gambe, ma muovere le braccia come sanno fare loro al mattino presto…
  • – Dici quella ginnastica al rallentatore, Tai Chi , che sembra una specie di lotta contro un fantasma?

Tai Chi

  • – Proprio, ma adesso pare che il segnale sia migliorato, anche se non si può sperare di rimanere collegati andando in bici, ad esempio.
  • – Be’, non mi sembra così grave, basta fermarsi.
  • – Infatti, ma vallo a dire a tutti quegli assatanati che qui da noi continuano a telefonare mentre sfrecciano nel traffico in macchina
  • – Mi fai ricordare quel film di Kiarostami ( Bad ma ra khahad bord, 1999 The Wind Will Carry Us) in cui il regista di un documentario da girare in un paesino persiano sperduto doveva affrontare una salita di cinque minuti in jeep fino al cimitero, sulla sommità di una collina, per sentire, finalmente, la voce al telefonino del produttore che lo chiamava da Teheran. Ma a parte il problema della bici, funziona bene?
  • – Pare che sia ancora piuttosto debole e imperfetto, ma essendo migliorato già molto, c’è speranza che continui allo stesso modo e diventi ancora migliore. Ad ogni modo hanno già 20 milioni di persone che lo adoperano già e si prevedono 90 milioni entro il 2005.
  • – Numeri cinesi, caro mio.
  • – Appunto e c’è già qualcuno che sta provando ad esportarlo nel sud asiatico
  • – Vuoi dire un miliardo d’indiani, più i vietnamiti, più …
  • – Appunto.
  • – E come hai detto che si chiama questo miliardario telefonino del povero?
  • – Furbetto

Clicca qui, per una informazione meno sommaria in lingua inglese.

Da BB a BBB: che tristezza!

  • … BB te la ricordi?
    • Scherzi? Un simbolo, un mito, che altre parole fruste e inadeguate vogliamo sprecare per Brigitte Bardot?
    • Com’era carina! Poi ci hanno provato a ripetere il successo con altre coppie di lettere, ma … niente da fare, almeno per i miei gusti.
    • Hai ragione, ma hai sentito che Ken Loach in occasione della premio alla carriera ricevuto a Locarno nei giorni scorsi ha parlato con tristezza di BBB come padroni del mondo?
    • Padroni?
    • Sì, lascia perdere BB e scendi di quota fino alle paludi del potere, del denaro…
    • Bush?
    • Quello era il più facile, poi?
    • Ma? Ken Loach è inglese, quindi potrebbe aver pensato a…
    • Bravo, ci sei: Blair. E il terzo?
    • Sarà mica Berlusconi?
    • Proprio, anch’io mi sono sorpreso, eppure…
    • … che tristezza essere passati da BB a BBB, come simboli di un’epoca.
    • Passerà anche questa, fatti coraggio.
    • Di sicuro, speriamo solo che passi in fretta.

    Foglie scompaginate di una Sibilla stanca

    un. 18 agosto 2003

    Capitava di rado che i rumori della strada filtrati dalle vecchie imposte con le gelosie e dagl’infissi di legno mi raggiungessero e mi svegliassero mentre dormivo nel grande letto di rovere chiaro dall’alta testiera scolpita.
    A volte era l’invito cantilenante del venditore di frutta che spingeva a mano un carro lungo e stretto su due sole ruote. E’ un ricordo molto lontano e sbiadito, mentre ricordo molto bene quando Luisa entrava dalla porta, chiusa durante la notte, per annunciarmi che era ora di alzarsi. Lo diceva una sola volta, a bassa voce, poi andava ad aprire entrambe le finestre della grande stanza e m’informava, in dialetto, sul tempo: “C’è il sole, ma è freddo; oggi piangono i malvestiti”. Trovavano posto in questi bollettini sintetici, secoli di cultura contadina tramandata immutata da chi dal tempo aveva tutto da guadagnare o da temere e gli attribuiva il peso centrale che meritava.
    “Fervarot curt, curt..” a volte erano solo frammenti di espressioni che venivano pronunciate per intero solo in rare occasioni ed assumevano finalmente un senso compiuto, altrimenti erano foglie scompaginate di una Sibilla stanca di oracoli troppo espliciti.
    Di questi bollettini tenevo conto nel vestirmi per uscire, ma erano, soprattutto, un aiuto ad interpretare, nel modo tradizionale più consolidato, tempo e stagioni; un invito a partecipare, almeno emotivamente, ad un mondo povero, parsimonioso e attento che si sosteneva e si fondava sull’agricoltura, praticata con strumenti e ritmi millenari che sarebbero spariti definitivamente nel giro di pochi, pochissimi anni.
    Prima di uscire mi aspettava una colazione quasi sempre immutata: il caffè profumato nella piccola napoletana; la profonda tazza senza manici piena di latte ricoperto di panna per la zuppa di pane secco, tagliato in pezzi sul tagliere scavato e destinato anche ad una nuvola di passeri che affollavano rumorosamente il davanzale, vicino alla stufa a legna della grande cucina.

    Una variante invernale, ambitissima, era costituita dalle losanghe ancora gonfie di gnocco fritto avanzate dalla sera prima, da tuffare con arte e circospezione nel latte caldo perché le riempisse e riscaldasse a nuova vita.
    Complementi lussuosi erano i barattoli delle più varie origini e misure, pieni di marmellata brusca di amarene preparata all’inizio dell’estate e di quella nera di prugne preparata alla fine. Solo durante la stagione dell’uva poteva esserci una magnifica tazzina di sughi da gustare prima con gli occhi che con la bocca e, durante l’inverno, il sapore da spalmare sul pane o assaggiare puro a cucchiaiatine caute e consapevoli della sua natura preziosa .

    Astrologia? Oro colato: l’ho letto sui fondi di caffè

    mar. 19 agosto 2003

    Chiaro lo vedo...

    “I risultati di una ricerca sull’astrologia pubblicati dalla rivista filosofico-scientifica britannica Journal of Consciousness Studies ed echeggiati dal Sunday Telegraph , confermano quanto si sapeva già da lungo tempo sulla mancanza di attendibilità dell’astrologia.
    In questo caso, lo studio ha preso in esame 2.000 persone nate a Londra nei primi giorni di marzo del 1958 ed ne ha osservato lo sviluppo in più di 100 caratteristiche fisiche e caratteriali come occupazione, livello d’ansia, aggressività, nello sport, nella matematica, ecc.
    Stando a quello che dicono gli astrologi, queste persone avrebbero dovuto mostrare caratteristiche molto simili, mentre invece gli scienziati non sono riusciti a identificare nessuna similarità.”
    Ben vengano studi di questo genere, ma la credulità distratta che si concreta in un’occhiata veloce all’oroscopo dovrebbe preoccupare molto meno di quanto non accada per altre forme d’impostura, molto più paludate, subdole e pericolose, che attentano con dovizia di mezzi all’equilibrio dei singoli e d’interi popoli
    Naturalmente la battaglia contro costoro è molto più dura da sostenere, come dimostra la persistente sopravvivenza di una credulità diffusa, avida di essere ingannata.
    Con molto ottimismo, bisogna riconoscere che il percorso iniziatosi con l’Illuminismo sarà ancora molto lungo, ma i risultati parziali ottenuti fino ad ora devono incoraggiarci a continuare.
    Di questo sono certissimo: stava scritto a chiare lettere sui fondi di caffè di questa mattina, e quelli non mentono. Poche balle.

    Vedi: http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,186141,00.html

    Il movimento ciccionista e’ lanciato alla riconquista della liberta’ di abbuffo?

    20 agosto 2003

    Leggo sul Corriere di oggi che l’ossessione per il soprappeso è arrivata fino all’interno delle scuole americane, pare. Nell’Arkansas, uno stato del Sud piuttosto povero, celebre fra di noi per Bill e Hilary Clinton, ci sarebbe un numero preoccupante di bambini e ragazzi un po’ troppo ciccioni : intorno al 15 %.
    Così le autorità hanno deciso di censire la popolazione scolastica anche riguardo questo parametro (Indice di Massa Corporea o IMC) e di attuare delle misure per combattere il fenomeno, sensibilizzando e fornendo consigli alle famiglie e vietando la vendita nelle elementari di bevande gassate e merende salate e zuccherate.

    Quest’ultimo provvedimento appare piuttosto drastico nella patria della Coca e della Pepsi, dove sembra che non si possa stare al mondo senza tenere in mano un secchio di cartone pieno di cola e ghiaccio.

    Assisteremo ad un nuovo ’68 al grido straziante di “Aridatece le schifezze nostre quotidiane!” Mostrerà al mondo intero i suoi pingui muscoli il movimento ciccionista, lanciato alla riconquista della libertà di abbuffo?

    Difficile da pronosticare. Di certo assisteremo all’abituale composto distacco su questo argomento del 90 % dei bambini africani e di un altro miliardo di bambini e adolescenti sparsi per il nostro variegato mondo.

    La foto qui sopra di bambini obesi è di Shakh Aivazov/ Ap

    Ti amo o T9?

    ven. 22 agosto 2003

    Non so se cani e porci abbiano il loro T9 per comunicare in modo banale fra di loro; i telefonini umani lo hanno. Per chi non lo sapesse T9 è il linguaggio che i telefonini recenti usano per agevolare la scrittura di messaggini (SMS) con la loro scomoda e povera tastiera.

    Semplificando, si tratta di un sistema che cerca d’indovinare la parola che l’utente intende scrivere suggerendola fra un repertorio, ampliabile, di parole che sa dalla nascita. Poiché tutti i fabbricanti di telefonini sperano di vendere i loro prodotti in tutto il modo, ogni telefonino contiene un lessico specifico per ciascuna delle lingue, compreso l’italiano, in cui vivono potenziali acquirenti. Il mio attuale contiene gli strumenti per: italiano, inglese, francese, tedesco, olandese, turco e arabo.

    Il tutto è piuttosto ingombrante e la dimensione della memoria disponibile per questa e le altre funzioni multilingue (menu, aiuti, ecc.), impone dei drastici tagli e, in definitiva, un lessico piuttosto modesto, limitato ai termini d’uso più diffusi per una comunicazione a distanza elementare. Normalmente l’elenco delle parole non è accessibile né modificabile direttamente, probabilmente perché i termini sono memorizzati in forma tokenizzata secondo un algoritmo di compressione efficiente. Il risultato è che si possono aggiungere (scomodamente) nuovi termini all’elenco di base e basta.

    Come ne esce la comunicazione fondata sul T9? Meno peggio di quanto le severe limitazioni tecniche, che abbiamo cercato di descrivere sommariamente, lascerebbero pensare, a patto che ci si limiti ad una comunicazione stringatissima di situazioni di circostanza: assenso, dissenso, auguri, scuse, inviti, stati d’animo basilari affettivi, di piacere, di dolore e poco d’altro.

    Se usati bene, gli SMS composti con il T9 consentono di comunicare senza equivoci con un interlocutore remoto non raggiungibile, per qualche ragione, con strumenti di comunicazione più efficaci e raffinati, quali il telefono, i messaggi istantanei e la posta elettronica su INTERNET.

    In altre parole, non sostituisce nulla, ma si aggiunge alle altre forme di comunicazione esistenti e le integra presentandosi come un’ulteriore strumento: rozzo, ma efficace. La diatriba che ha trovato spazio su quotidiani, sulla presunta capacità del linguaggio usato negli SMS d’influire su altre forme di comunicazione più ricche e raffinate, pertanto, mi sembra poco realistica. Linguisticamente si tratta di una sobria carriola e come tale è molto utile e apprezzabile, ma nessuna regina penserà di usarla al posto della sua lussuosa carrozza per attraversare in parata la capitale fra ali di sudditi plaudenti né alcuno di noi di adoperarla come normale mezzo di trasporto quotidiano. Disponiamo di ben altro, per fortuna, anche per giocare con il linguaggio alfabetico.

    Molto interessante, invece, mi parrebbe un traduttore che traslasse le parole scritte in forma alfabetica nella lingua nativa di ciascun interlocutore in un sistema ideografico internazionale per superare la babele delle diverse lingue.

    Prove schiaccianti

    dom. 24 agosto 2003

    Se fosse vivo o morto non era facile da appurare dalla punta di scarpa che, unica, sporgeva dall’enorme sportello di cassaforte che ricopriva l’intero corpo, presumibilmente ridotto molto male. La rimozione dello sportello ad opera della squadra d’installatori non fu ne facile né breve. Durante tutto il tempo nessun lamento da parte del notaio, soltanto qualche scomposto movimento della sua scarpa nera, lucida e solitamente inerte.
    Apparentemente si trattava di un tragico incidente mortale : lo sportello appoggiato verticalmente contro la cassaforte, destinato a sigillarla a montaggio compiuto, era stato lasciato impercettibilmente inclinato, senza alcun’altra precauzione che il proprio inamovibile peso e un cartello sull’ingresso della porta: “Lavori in corso; accesso severamente vietato agli estranei. Pericolo”
    Evidentemente il notaio non aveva considerato se stesso un estraneo in casa sua e, come d’abitudine, era entrato prima dell’arrivo degli operai per constatare il procedere dei lavori, ma incautamente aveva tirato verso di se lo sportello in equilibrio precario, oppure…
    Quello che insospettì il commissario fu un leggero odore di esplosivo appena avvertibile ad un naso esperto. Gli operai chiarirono inoltre l’estraneità di alcuni residui bruciacchiati di carta e ad un esame più attento non fu difficile scorgere un alone di fumo nell’angolo superiore interno della cassaforte, del tipo di quello che lasciano i grossi petardi imbottiti di polvere nera.
    Non fu difficile scoprire in un impiegato precario, assunto in prova e prontamente licenziato per un furto maldestro, l’autore del delitto che sotto le due tonnellate dello sportello aveva voluto seppellire il solo uomo in grado di esibire prove schiaccianti contro di lui.

    “Chi non fuma nella pipa non capisce la canzon”

    lun. 25 agosto 2003

    “Meglio affidare i bambini all’ asilo nido o alla baby sitter piuttosto che a nonni, parenti o amici.” E’ quanto emerge da uno studio inglese. Intitolato Working Mums, lo studio finanziato dal ministero dell’ istruzione ha evidenziato che i piccoli che nei primi mesi di vita crescono con i nonni imparano più tardi a leggere, scrivere e parlare. Questa eventualità, invece, non si verifica quando i bimbi sono affidati alle cure di apposite strutture professionali o di tate “con esperienza.”

    Questa notizia che leggo su “Il nuovo” non mi sorprende. Che i nonni siano meno professionali degli operatori di scuole materne, se bravi, dovrebbe essere scontato. Il punto, forse, è valutare che peso abbia nello sviluppo equilibrato di un bambino, nella sua serenità quotidiana, l’acquisizione precoce di abilità di tipo scolastico come il leggere o lo scrivere o perfino il parlare. Non è mia intenzione difendere gli animalini affettuosi, i cuccioli_della_nonna, che balbettano frasi elementari fra plausi e complimenti sperticati dei famigliari, come se avessero dimostrato un’intelligenza mostruosa perchè si sbrodolano meno del solito, mentre i loro coetanei nelle scuole materne, adoperando con abilità giochi intelligenti sotto la guida di brave maestre, sviluppano precocemente abilità psicomotorie che faciliteranno i loro successi scolastici con probabili, anche se indimostrabili, riflessi sul loro futuro di adulti.
    Senza tessere l’elogio dell’asino felice, sarebbe interessante promuovere inchieste che riuscissero a quantificare anche quanto di buono un’educazione affettuosa e rassicurante “fatta in casa” può aver offerto a chi ha avuto la fortuna di frequentare nonni affettuosi e disponibili, non necessariamente ignoranti.

    Lurch, I miss you

    mar. 26 agosto 2003

    C’è stato un periodo storico in cui il maggiordomo protagonista delle barzellette si chiamava ineluttabilmente Battista, mentre i cani da barzelletta o i randagi sconosciuti e scodinzolanti, incontrati per la strada a piede libero senza museruola né collare, si chiamavano Bobi (deformazione di Bobby, suppongo).
    Una maggiore diffusione della letteratura inglese leggera e la pubblicità hanno insidiato e, temo, oscurato l’egemonia di Battista con una solida presenza di Jeeves e di Ambrogio, mentre, con mio disappunto, non ha mai goduto di una fama e diffusione proporzionata alla sua statura il grandioso Lurch della famiglia Adams; mi riferisco al gigante della serie televisiva originale in bianco e nero.
    Perfino Pierino, il protagonista incontrastato di tutte le barzellette sui bambini disobbedienti, finti ingenui e piccoli sadici autentici, sta conoscendo una fase calante, se non un declino senza ritorno.
    Temo che il killer di questi e altri noti desaparecidos sia fin troppo facile da individuare nella TV.
    Battista & Co. non sono certo i più illustri personaggi danneggiati dall’invadenza televisiva, ma mi piace dedicare loro un caro ricordo.

    Il cioccolato fondente fa bene al cuore

    mer. 27 agosto 2003<

    (ANSA)-ROMA, 27 AGO-Buone notizie per i veri amanti del cioccolato, quelli che preferiscono il fondente: fa bene al cuore, perche’ aumenta il livello di sostanze antiossidanti. Lo annuncia sulla rivista Nature Mauro Serafini, con i suoi colleghi dell’Istituto Nazionale di Ricerca sul Cibo e la Nutrizione di Roma. Ma solo fondente perche’ in quello al latte le proteine di quest’ultimo sequestrano le sostanze antiossidanti contenute nel cioccolato, impedendo al nostro organismo di assorbirle.
    Chi si lasciato conquistare il cuore troppo facilmente dalle sofisticate praline e dalla dolcezza del cioccolato al latte dovrà riconvertirsi all’austera amarezza del fondente nero e puro, proprio per salvare il cuore dalle mille ingiurie quotidiane.
    Dura la vita!

    Tutto quello che mi serve sapere l’ho imparato all’asilo

    gio. 28 agosto 2003

    Durante la lunga vacanza natalizia del 91 negli USA, ricordo che furoreggiava nelle librerie di Boston e di New York un libricino di Robert Fughum uscito da poco: All I Really Need to Know I Learned in Kindergarten: Uncommon Thoughts on Common Things che è poi stato tradotto in italiano e ha riscosso un certo successo anche da noi (TUTTO QUELLO CHE MI SERVE SAPERE L’ HO IMPARATO ALL’ASILO). In America ha trovato una diffusione inattesa, al punto da essere incluso nei pacchetti di benvenuto che alcune scuole distribuivano alle famiglie degli scolari. L’autore ne propone un’edizione ampliata a quindici anni dall’uscita e al momento della revisione di questo blogspot (30 ottobre 2004) su Amazon è in vendita a $6.99 nuovo, ma ci sono 1776 copie usate in vendita appena ad un centesimo di dollaro. Un autentico successo popolare, insomma.

    La sintesi dell’intero libro era venduta anche come strenna con rilegatura in spesso cartone e in italiano è stato tradotto così:

    1. “La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l’ ho imparata all’asilo. La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell’infanzia. Queste sono le cose che ho appreso:
      Dividere tutto con gli altri.
      Giocare correttamente.
      Non fare male alla gente.
      Rimettere le cose al posto.
      Sistemare il disordine.
      Non prendere ciò che non è mio.
      Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
      Lavarmi le mani prima di mangiare.
      I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
      Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa,
      pensare un po’ e disegnare, dipingere, cantare,
      ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
      Fare un riposino ogni pomeriggio.
      Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano
      e stare vicino agli altri.
      Essere consapevole del meraviglioso.
      Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono,
      la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché,
      ma tutti noi siamo così.
      I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e
      persino il seme nel suo recipiente:
      tutti muoiono e noi pure.
      Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante di tutte: GUARDARE.”

      Come si vede, niente d’eccezionale, se non fosse che viviamo in momento storico in cui pare si sia un po’ smarrito il valore del buon senso, l’utilità delle convenzioni e della buona educazione: anche quella elementare che permette a due persone di passare per una porta stretta, senza che necessariamente uno dei due debba abbattere a cornate l’altro per poi calpestarne le spoglie ancora palpitanti.

    Un guardasigilli con il campanaccio al collo

    mar. 02 settembre 2003

    • Hai visto passare un guardasigilli?
    • No, oggi no. Non credo, almeno. Non ci ho fatto caso, diciamo pure. Come si distingue un guardasigilli da un guardiacaccia, ad esempio?
    • Scusa se te l’ho domandato, ma mi era sembrato di vederne passare uno un momento fa. E’ per una caccia al tesoro. E’ stata appena una sensazione, con la coda dell’occhio. Tu hai visto un guardiacaccia, invece?
    • No, neanche quello, ma niente paura, non ho la coda di paglia sull’argomento. Da quando sono tornato da Belo Horizonte dopo vent’anni di villeggiatura nelle miniere locali, me la prendo molto calma: credo che mi sfuggirebbe perfino un guardacoste.
    • E’ stata dura, eh? E con la lingua come te la cavavi?
    • Bene, se avevo qualcosa da metterci sopra?
    • Fame nel mondo?
    • Forse, io mi accorgevo solo della mia, ma sicuramente l’orizzonte era più vasto, oltreché belo.
    • Hai notato come si siano perse le doppie? Gabriela Sabatini aveva una L sola…
    • … ma tutto il resto era bello doppio.
    • Verissimo, l’hai conosciuta?
    • Magari, guarda che le belle tenniste e i minatori non frequentano gli stessi locali.
    • Certo, ciascuno nel suo guscio, è giusto, ma pensavo che siccome era d’origine italiana …
    • Metà degli argentini sono italiani d’origine, ma fanno di tutto per confondere le acque.
    • Me lo hanno detto che molti hanno lasciato cancellare ogni traccia del loro luogo d’origine, dei loro parenti.
    • Sai, gli emigrati non appartenevano tutti alle case regnanti, ma, in ogni modo, è ugualmente molto triste che si vergognassero delle loro origini, qualunque fossero.
    • Tristissimo, ma come sarà?
    • Tanti buoni motivi; molti non volevano essere rintracciati semplicemente perché non avevano “fatto fortuna” e si vergognavano della loro miseria; altri avevano semplicemente voluto sparire dalla circolazione per motivi personali, altri erano dei veri e propri ricercati…
    • Criminali nazi?
    • Anche quelli, ma sono pochi. Parlo di gente che fa il cuoco in un ristorante con un nome inventato e che non ha mai scritto una cartolina nemmeno a sua madre per vent’anni per paura di essere rintracciato dal fisco e dover pagare arretrati e multe.
    • L’hai conosciuto di persona?
    • Quello sì e anche uno che al suo paese era un proprietario terriero con casolari e stalle e poderi in pianura piantati a frutta e a vite, che aveva perso tutto al gioco ed era finito a fare il bovaro in mezzo alle pampas, abbandonando moglie e figli.
    • Ne hai visto di mondo…
    • Più che altro la parte scura.
    • E ora cosa pensi di fare?
    • Stare seduto al sole e se passa un guardasigilli con il campanaccio al collo non battere ciglio.