La Jaguar alla Tata

La Jaguar alla TataPer noi vecchi possessori di una Jaguar classica Made in England, l’annuncio dell’ acquisizione da parte dell’indiana Tata del glorioso marchio inglese è stato un colpo al cuore. Nel futuro della marca indiana, dunque, non c’è solo la Tata “Nano” che ha suscitato tanto scalpore come soluzione per motorizzare gl’indiani nei prossimi anni, ma adirittura la “Jag”, come la si chiamava nelle storielle inglesi a sfondo motoristico.

La globalizzazione non risparmia nessuno, si dirà, ma se qualcuno avesse nutrito qualche dubbio, ora lo può accantonare del tutto.
Gandhi, il Padre della Patria indiana e artefice dell’indipendenza del suo popolo dagli inglesi, aveva tracciato per la sua gente un percorso di affrancamento economico attraverso l’artigianato; ora si è andati ben oltre le sue attese più ottimistiche se l’industria indiana si può permettere di acquisire un marchio il cui valore simbolico è ben superiore a quello economico attuale.
Avanti c’è posto!
Nel mio fotomontaggio il principe Carlo presenta la (mia) Jaguar XJ al Mahatma Gandhi che ne sembra piuttosto soddisfatto

Labirinto di carta

Labirinto
Trovo sull’agenzia ANSA questa bella foto di arte cinese moderna esposta a Pechino in questi giorni.. Il materiale usato per questo “Labirinto” è comune cartone, evidentemente l’autore non si propone di sfidare i millenni.

Inevitabile, ai miei occhi, è il richiamo all’esercito cinese di terracotta “composto da oltre 8.000 guerrieri di terracotta, vestiti con corazze in pietra e dotati di armi. Queste statue erano di guardia alla tomba del primo imperatore cinese Qin Shi Huangdi (di questi sono stati riportati alla luce solo 500 guerrieri 18 carri in legno e 100 cavalli in terracotta).

Il paragone è stridente, tuttavia bisogna considerare che ci hanno lavorato per un decennio700.000 prigionieri , i quali si sono certo divertiti di meno dell’autore del labirinto di cartone e dei suoi occasionali collaboratori che, magari, erano amici suoi.

A me capitò di dare una mano decenni addietro alla realizzazione di una “scultura”. Si trattava di appallottolare foglietti di carta rossa per un’opera di un amico “artista” che esponeva sue creazioni in una galleria di Bologna. Al lavoro eravamo un gruppo di amici e ci divertimmo parecchio, scherzando e ridendo mentre facevamo centinaia di palline di carta, molto approssimative, ma di sicuro effetto, nel loro insieme finale.

Neppure quella scultura sarà oggetto di trepidanti scavi archeologici fra mille anni, temo.

esercito di terracotta