Kandebù?

ven. 31 ottobre 2008  Kandebù?

Randolph ScottA distanza di trentun anni, un mese e cinque giorni, proprio nello stesso angolo del centro di Bologna mi sono ritrovato, per caso, di nuovo davanti ad un corteo di ragazzi che occupava tutta via Castiglione, ma ieri l’atmosfera, festosa e innocua, era completamente diversa. Nel settembre del ’77 ricordo bene che, proprio lì, prima di svoltare a sinistra per via Farini per raggiungere il carcere che allora si trovava ad appena duecento metri sulla collina di San Giovanni in Monte, i più “duri”, si tiravano sulla faccia i fazzoletti che avevano al collo, lasciando fuori solo gli occhi, come facevano i banditi durante l’assalto al treno nei primi film western con Randolph Scott.
porci con le aliPochissimi brandivano verso l’alto le famigerate P38, vere e cariche che fossero, o solo innocue imitazioni. Le facce di quelli che le impugnavano, però, erano tutte vere e poco raccomandabili, a colpo d’occhio. Al corteo, enorme, partecipavano ragazzi venuti da tutt’Italia, compresi i temuti portantini del Policlinico di Roma e in aria volteggiavano a bassa quota, con un provocatorio rumore assordante, gli elicotteri della polizia: i porci con le ali, come venivano definiti da alcuni, piegando alla circostanza il titolo di un fortunato libro giovanilistico di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, uscito da poco.

Allora pare che fossero in centomila, ieri, invece, cinquemila, forse, o cinquecento o cinque, secondo le fonti ufficiose, ufficiali o governative. Il serpentone si muoveva a singhiozzo, occupando tutta la sede stradale, con qualche striscione, un po’ di bandiere anonime dal rosso al nero, tenuto sveglio da un assordante musica rap e da una voce che incitava alla fiducia e alla consapevolezza dell’importanza dell’evento e della battaglia appena agli inizi: ancora una volta ce nest qu’un début, dunque. Qualche slogan non particolarmente memorabile, accenni di ballo, assenza di simboli di partito e di fischietti sindacali, atmosfera rilassata. Il numero esatto? Molti, uno più uno meno.

Io mi ci sono mosso in mezzo tranquillamente, cercando di catturare con il telefono un filmatino con uno striscione e lo sfondo dei palazzi medievali e la torre degli Asinelli, ma non ne ho cavato niente di buono, per mia imperizia e modestia dello strumento, non certo per essere stato ostacolato. Ai lati del corteo la gente non pareva né sorpresa né indispettita, guardava come si fa con il Po in novembre, quando è bello pieno, ma ancora lontano dai livelli di guardia; soltanto un’elegante signora ha arricciato il naso con aria seccata, mentre avanzava indisturbata controcorrente verso le sue diverse mete ed il suo destino. Di più non si può pretendere, direi.

Dopo pranzo, tornando dal ristorante a ricuperare la moto, lasciata al di là del placido fiume umano, due ore prima inguadabile, ma ormai svanito, ho attraversato piazza Maggiore dove si attardava uno sparuto gruppo di ragazzi seduti in cerchio sul “crescentone”; alcuni avevano un quadernone per gli appunti, aperto sulle ginocchia. Mi hanno ricordato i bambini in visita al museo, seduti a terra davanti ad un quadro mentre ascoltano la maestra che glielo spiega. Dietro, verso il Pavaglione, un gruppo più numeroso di adulti, in piedi, ascoltava e interloquiva pacatamente con un signore ben vestito dell’argomento del giorno, allargandosi alla politica in generale e all’economia. L’oratore parlava stando in piedi su di un panchetto di plastica non più alto di due spanne; i piccioni becchettavano tutt’intorno, fingendosi disinteressati.

..uno sparuto gruppo di ragazzi seduti in cerchio sul “crescentone” e, dietro, un più numeroso gruppo di adulti in piedi…

Sostenibilità

gio. 30 ottobre 2008

Prix Pictet 2008

Con questa magnifica foto di Roman Signer s’inizia una proiezione in formato flash di una rassegna di foto presentate al concorso fotografico parigino “Prix Pictet 2008“. Tema: la sostenibilità, con particolare riguardo, quest’anno, all’acqua.

Se vuoi goderti l’intera sequenza preparata e offerta dalla BBC, clicca qui o sulla foto.

Quattro su cinque

lun. 20 ottobre 2008  Quattro su cinque

Quando la raffica si abbatté con imparziale efficacia sugli sfaccendati in chiacchiera, in piedi fuori dal bar a fumarsi la sigaretta dopo il caffè, c’era poca gente in giro, molti erano ancora a pranzo e dalle finestre aperte arrivavano in strada le ultime notizie di cronaca del telegiornale. Ne erano rimasti a terra, immobili, cinque su cinque: stesi tutti. Con il casco integrale e la visiera scura abbassata, giubbotti di pelle e jeans, gli assassini si allontanarono in moto con calma, irriconoscibili come il destino e altrettanto indifferenti.

moto killer

Quando il ronfare del bicilindrico si spense del tutto in lontananza, il più fortunato, sanguinante e azzoppato, cominciò a scappare come se fosse inseguito e sparì, senza dire una parola. I primi che si affacciarono alle finestre lo videro svoltare per il vicolo a destra, ben prima dell’arrivo del solito corteo di ambulanze e pantere della mobile. I barellieri ne portarono via quattro chiusi nei sacchi. I poliziotti segnarono con il gesso la posizione dei corpi sulla strada, fotografarono asfalto e muri, raccolsero i bossoli e le prime testimonianze. Nessuno della zona aveva visto sparare; riferirono solo che un passante, un tipo comune, sparito a sua volta, forse aveva assistito a tutta la scena, ma nessuno lo aveva riconosciuto, parlava italiano, però; prima di andarsene a piedi, al telefonino aveva detto: “Quattro su cinque. Dilettanti!”

Capo e coda

ven. 10 ottobre 2008  Capo e coda

Ieri l’altro mi sono alzato insolitamente presto per accordarmi con un meccanico e con il venditore della mia auto (teoricamente tuttora garante della sua salute meccanica) per riparare un guasto che la costringeva ferma vicino a San Leo in Romagna. Esaurite le telefonate, ho deciso di utilizzare il resto della mattinata per provare a pubblicare on-line una selezione di miei racconti scritti negli ultimi anni decidendone al volo il titolo, premeditato in parte uscendo dalla pizzeria la sera precedente. Per la foto che ho inserito nella copertina mi sono lasciato guidare dall’interesse che aveva riscosso sulla mia pagina di FLICKR sulla quale sto pubblicando una selezione di mie foto.
Già da tempo avevo guardato con curiosità Lulu e Boopen e nel corso della scorsa estate avevo letto la pubblicità su La Repubblica di ILMIOLIBRO. Ho deciso in favore di quest’ultimo. La procedura di pubblicazione è abbastanza semplice, con un numero d’inciampi e di piccole oscurità accettabile. Ho scoperto, ad esempio, che la presenza della sola iniziale seguita dal punto (una “C.”, nel mio caso) per abbreviare il middlename, genera fuorvianti messaggi d’errore e impedisce di procedere nella registrazione al sito. In compenso, superato il trabocchetto, l’invio del file del testo, opportunamente reimpaginato e reindicizzato in precedenza per conformarlo alle dimensioni della pagina (150×230 mm), fila via liscia. 
La generazione della copertina personalizzata avviene abbastanza facilmente, salvo il fatto che la foto inviata viene inopinatamente francobollizzata, senza alcun avviso o criterio di riduzione esplicitamente dichiarato. Ho impiegato tre tentativi per “indovinare” la misura giusta dell’immagine (un file .jpg) da inserire sotto il titolo, dopo la selvaggia potatura inflittale dal sistema. E’ chiaro che si tratta di una struttura ancora acerba che i programmatori dovranno perfezionare. Importante e commendevole è, invece, la possibilità di controllare l’impaginato (in forma di un file .pdf) prima di decidere la pubblicazione. 
Ora sono in attesa di vedermi recapitare da un corriere le copie in “carta e ossa” che ho ordinato. Quasi certamente, verrà ad un’ora in cui la casa è vuota e mi lascierà un avviso attaccato al campanello, misterioso come una tavoletta assira in caratteri cuneiformi. 
Bisogna sapere, infatti, che gli autisti dei corrieri, ormai, sono come i tassisti di New York, stranierissimi da ascoltare quando parlano, ma ancora più strabilianti quando scrivono. Del resto, se facessi l’autista di un corriere a Fez credo che farei una figura anche peggiore nel lasciare un bel post-it giallo in arabo sul campanello di un signore marocchino. Peccato che il gruppo dell’Espresso che possiede ILMIOLIBRO non abbia optato per le care vecchie Poste italiane, tanto vituperate, ma molto più economiche e amichevoli dei corrieri, tanto in voga in ambienti manageriali e tanto odiati cai comuni cristiani.

Racconti di A.C. Candeli

Molto piacevole, infine, è stato l’immediato arrivo di alcuni giudizi, tutti lunsinghieri, da parte di sconosciuti lettori, imbattutisi nella transitoria pubblicità del nuovo libro fra le pubblicazioni “fresche di giornata” sulla home page di ILMIOLIBRO. Sorprendente soprattutto la velocità dei recensori. Mi hanno fatto piacere, anche se non hanno certo suscitato la stessa emozione di quando, centomila anni fa, vidi in bella mostra il mio primo libro nella storica vetrina di Zanichelli sotto il Pavaglione a Bologna o da Feltrinelli in galleria a Milano, quando per ragioni esclusivamente alfabetiche, mi ritrovavo nel catalogo degli autori Zanichelli la riga sopra quella di Giosuè Carducci.

Sono curioso di vedere cosa capiterà di questo nuovo mezzo ibrido, semi-elettronico e semi-tradizionale, ancora acerbo, ma forse promettente, quando avrà trovato la sua specificità, aggiungendosi ai più consolidati strumenti di diffusione della cultura.

Per chi fosse curioso di saperne di più sul libro di cui ho parlato finora, o voglia farselo inviare a casa per leggerselo, sappia che si tratta di “Capo e coda” e si trova qui. Per averne un assaggio, clicca sull’icona “visualizza anteprima” di quella pagina, (o direttamente qui) e potrai leggerne le prime otto pagine in formato pdf.

David Foster Wallace

lun. 15 settembre 2008

David Foster WallaceCon il dolore e la costernata commozione che si prova per la morte di un amico, ho letto oggi su “la Repubblica” della scomparsa di David Foster Wallace. Tutti i principali giornali in rete parlano oggi del suicidio dello scrittore quarantaseienne riconoscendone la grandezza e l’importanza che, quantomeno per “Infinite jest”, rappresenta nella letteratura mondiale.

Come accadde per l'”Ulisse” di Joice, anche “Infinite jest” non creerà una scuola d’imitatori e seguaci, resterà un capolavolro isolato e irripetibile, a mio parere.

Come per Swift e Sterne, amatissimi, anche da Foster Wallace non potrò più aspettarmi un nuovo libro da leggere con spasso e ammirazione. Triste.

Nulla

mar. 09 settembre 2008  Nulla

bici "Nulla"“L’ultima novità per i ciclisti arriva da Londra dove il designer Bradford Waugh ha progettato «Nulla», una bici senza catena, raggi e forcelle con tanto di cambio automatico, che entra in azione appena si affronta una salita. I pedali trasmettono il movimento alla ruota attraverso un meccanismo nascosto nel telaio. I freni agiscono direttamente sugli ingranaggi che danno il movimento alle ruote. (Ferraripress)”

Guardando questa bella dream-bike senza mozzo, senza raggi, senza catena… mi è tornata in mente la vecchia storiella del bambino a cui hanno finalmente tolto le ruotine laterali da principiante che se la spassa con una bici “da grande” e gira e rigira in giardino sempre più spavaldo sotto gli occhi della madre in ansia: “Guarda mamma: senza una mano” … “Guarda mamma: senza mani” … “Guarda mamma: senza denti”
Credo che sarebbe la fine inevitabile dell’avventuroso che tentasse di cavalcare la “Nulla”, invece di metterla in bella vista nell’angolo museo di casa.

Bella, però; me gusta muchoassai.

Maratona olimpica

mar. 26 agosto 2008

Quando il raffreddamento ad aria non basta…
è giocoforza ricorrere a quello ad acqua,
come è accaduto durante la maratona della scorsa domenica alle
olimpiadi di Pechino.

Si dimenticano di respirare

mar. 05 agosto 2008

bebeAi tempi dell’Università mi capitò di ospitare nella mia grande casa vuota, in cui vivevo solo con il mio cane, un amico americano che, dopo aver frequentato il biennio di medicina a Bologna, era rientrato a New York per finire gli studi e tornava a trovare la morosa bolognese. Erano parecchi, allora, gli studenti americani, soprattutto ebrei, che non essendo riusciti ad entrare in un college prestigioso a casa loro venivano a studiare da noi e poi, immancabilmente, rientravano “a casa” dopo la laurea. Alcuni bravissimi, fra i quali il mio amico D., riuscivano ad anticipare il rientro a metà percorso, vincendo un’ammissione in uno dei college americani che riconoscevano pienamente gli studi fatti a Bologna.
Era un tipo simpatico, piuttosto piccolo e bruttino, ma molto spiritoso: una specie di Woody Allen, per intenderci, anche lui ebreo nuovayorchese. Fumatore accanito, era assillato da un dilemma insolubile: al risveglio, doveva accendere prima la luce o la Malboro già pronta in pole position di traverso sul pacchetto accanto all’accendino? Non so se con il passare dei decenni abbia preso una posizione definitiva, al riguardo.

Quando lo frequentavo io, parlava un discreto italiano in quanto a lessico e sintassi, ma aveva conservato una pronuncia assassina da film di Stanlio & Olio che rendeva comici anche gli argomenti seri di cui capitava di discutere. Leggendo ieri su RAINEWS la notizia di una bambina prematura salvata da madre e infermiere che con il solletico risvegliavano la bimba, quando i suoi polmoni smettevano di funzionare, mi è ritornato in mente, dopo più di trent’anni, il mio amico D. quando ci raccontava con la sua pronuncia comica che i bambini prematuri muoiono perché si dimenticano di respirare.

E’ proprio vero, a quanto pare, quello che forse D. non sapeva è che basta fare loro delicatamente il solletico ai piedini perché se ne ricordino, come fanno tutti i bimbi nati dopo i canonici nove mesi.

Talebani anti-plastica

mar. 20 maggio 2008>

Oggi, all’uscita dal ristorante sotto le due torri (quelle autentiche che durano da secoli), sono passato nel negozietto accanto dove vendono oggetti di tutti i tipi al prezzo di 99 centesimi. E’ un posto simpatico e ben gestito dove la varietà della merce spazia dai fiori ai portacchiavi, dalla cancelleria alla piccola utensileria e molto altro. L’attrattiva più interessante non è data dalla enorme varietà, ma dal fatto che si rinnova continuamente, anche seguendo i ritmi stagionali: i capelloni di paglia da pittrice open air al posto dei berretti da neve di maglia, per esempio.

Il personale che si avvicenda alla cassa e che rinnova la merce sugli scaffali, tutto rigorosamente nostrano, è molto efficiente e, cosa ancora più rara ormai, simpatico. Insoma vale un giretto di cinque minuti, anche senza comprare nulla, godendosi le chiacchiere rapide, ma rilassate degli avventori alla cassa.

Oggi riscuoteva i soldini un signore con i capelli bianchi, un tipo cordiale, un simpatico da tutta la vita che, con il passare degli anni, non si è spento o inacidito. Al mio turno mi ha chiesto, come agli altri che mi avevano preceduto, se gradivo una sportina di plastica. Al mio grazie, mi ha chesto se era un grazie sì o un grazie no. Approfondendo al volo l’argomento ho saputo che esitono i GRAZIE NO! ideologici, di quelli che non vogliono proprio contribuire alla catastrofe del pianeta accettando un sacchettino di plastica: il demonio inquinatore.

Ripensandoci, mentre tornavo a riprendere la moto, in larga misura fatta di plastica (sia benedetta la sua leggerezza), mi è sembrata una storia fantastica. I due oggetti che ho comprato oggi per un euro e 98 centesimi, sacchetto compreso, sono un piccolo monumento alla duttilità, efficienza ed economicità della plastica di cui io sono da sempre un gratissimo estimatore. Si tratta di un robusto astuccio per alloggiare ordinatamente 40 cd, al riparo da polvere e graffi ed in pochissimo spazio, che avrà ragione dell’ingombro e del disordine attuale dei cd sparsi nei ripostigli dell’automobile e di quattro attrezzi da cucina leggeri, silenziosi e delicati sui rivestimenti di teflon di padelle e tegami.

oggetti di plastica

Quando sento gli anatemi di questi nuovi taliban anti-plastica non posso evitare di pensare ai pesantissimi secchi di ferro zincato che si tenevano fra le ginocchia durante la mungitura o per pescare l’acqua dal pozzo: un solo secchio pieno era il massimo trasportabile a due mani da un bambino come me, sempre che il percorso fosse breve.
Ricordo anche una notte insonne, da ragazzo ad Amsterdam, funestata per ore dal frastuono delle operazioni di scarico delle gabbie di ferro da dodici bottiglie di vetro del latte. Solo chi non ha vissuto prima della rivoluzione che la plastica ha introdotto, silenziosamente e umilmente, nella nostra vita può demonizzarla rifiutando ipocritamente un sacchettino per trasportare gli oggetti di plastica che ha appena comperato.

Come sempre, bisogna evitare gli eccessi e gli abusi. E’ intollerabile l’inutile prevalenza in peso o costo delle confezioni di medicinali, piccoli oggetti, alimenti e bevande. Insomma, anche con la plastica non bisogna esagerare, ma per raddrizzare il timone non servono i fondamentalismi ideologici e i vade retro satana di questi improvvisati salvatori del mondo. Demonizzare è sempre stata una brutta abitudine e tale rimane anche se applicata ai poveri sacchettini da un grammo.

In caso di squalo…

lun. 12 maggio 2008

…ficcagli un dito nell’occhio. A quanto leggo sulle news di Yahoo!, un giovanotto australiano di 36 anni, mentre faceva il bagno a 80 metri dalla sua spiaggia preferita nell’Australia occidentale è stato attaccato da uno squalo bianco di quattro metri, inizialmente scambiato per un innocuo delfino. Morso ad una gamba, ha avuto la prontezza di infilare un dito in un occhio del pesce che lo ha prontamente lasciato.

Nel caso mi capitasse un’avventura del genere, mentre faccio il bagno sul selvaggio Adriatico occidentale, ora so cosa fare.

squalo

La bella foto di uno squalo è tratta dall’album di mathetdjam su Flickr

Effetto farfalla

ven. 18 aprile 2008

Attrattore di LorenzLeggo sulla Stampa on-line di oggi un interessante articolo in ricordo di Edward Norton Lorenz, morto ieri a 90 anni. Il celebre meteorologo è il padre della teoria del caos, ora applicata ad una schiera di fenomeni ben più vasta della meteorologia, che spiega la difficoltà estrema di giungere a previsioni meteorologiche attendibili, a dispetto della fittissima rete di stazioni di rilevamento e dei potentissimi calcolatori dedicati alla elaborazione dei loro dati, secondo modelli matematici sempre più raffinati.

La teoria di Lorenz (Deterministic nonperiodic Flow), divulgata giornalisticamente con la fortunata frase: “il battito d’ali di una farfalla in Brasile può scatenare una tempesta in Texas” è comunemente citata con la formuletta sintetica “effetto farfalla“.

Curiosamente la rappresentazione grafica del modello matematico a cui Lorenz diede il nome di «attrattore strano», tipico dei fenomeni non lineari, è quello di due complicate spirali che assomiglia proprio alla forma di una farfalla stilizzata, come vedi qui a destra.

Una legna non fa fuoco

gio. 17 aprile 2008

Una legna non fa fuoco
due legne ne fan poco
tre legne focherello
quattro legne fuoco bello

All’ora giusta, Luisa entrava nella stanza, apriva la finestra e annunciava l’ora e il tempo: “Buongiorno. L’è bele set or. A ghe fred. Incò a siga i melvistì. St’atenti: a ghe dal gias, per tera.” Sembrava che fosse il tempo ad obbedire alle sue parole. Evocava i giorni, uno dopo l’altro, distribuendo come si conviene le giornate di nebbia, quelle di sole e di pioggia, secondo ritmi e scadenze immutabili, consolidate in millenni di vita contadina e rispecchiate dai proverbi. In cucina, il banchetto mattutino di pane secco e sbriciolato radunava i passeri del circondario sul davanzale di marmo della finestra vicina alla stufa, già accesa da tempo. Il grande tavolo quadrato era apparecchiato a metà, con tovaglie ricamate a punto croce che si usavano solo per la colazione. Fra le due finestre, il pendolo con la lancetta dei minuti soggetta alla legge di gravitazione universale più che al contingente imperio degl’ingranaggi, segnava un’ora approssimativa, poco più precisa dell’ombra del sole, ma adeguata ai ritmi di vita.
La grande tazza di ceramica senza manici, pronta per il latte, bollente sotto lo strato di panna, era sempre la stessa, come il piccolo tagliere con il pane secco tagliato in piccoli cunei irregolari, molto più grandi di quelli destinati ai passeri. Il vasetto di marmellata nera di amarene, brusche e squisitissime, e la caffettiera colma e fumante completavano l’apparecchiatura. Mentre mangiavo la zuppa di caffè e latte, quasi sempre arrivava l’uovo sbattuto con lo zucchero, spumoso e pastoso come panna montata. Le varianti alla “colazione” erano rare e se ne discostavano di poco, con giusta ragione.
A volte un panino francese croccante e leggero, ancora tiepido di forno o un pezzo quadrato di stria con il sale grosso in superficie e qualche briciola di ciccioli secchi o gli avanzi di gnocco fritto, tagliato a rombi, da intingere di punta nel caffelatte o nella cioccolata fino a riempirne la bolla maestosa che ne attestava la perfezione.

gnocco fritto

Solo il giorno di capodanno anche i bambini potevano avere un mezzo bicchierino di Sassolino in cui intingere una fettina di spongata, dura di mandorle e canditi, e coperta da uno strato compatto di zucchero a velo.
“Et magnè a basta? …alora, va mo là, e fa a mot.”