Wolfram Alpha

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mer 06 maggio 2009

Mentre molti media se la spassano parlando del secondo divorzio di Berlusconi, mi sono divertito ascoltando in podcast la conferenza di Stephen Wolfram in cui presenta Wolfram Alpha, il «motore computazionale della conoscenza», introdotta da un sintetico pezzo di Luca De Biase su Il sole 24ore.
Il 49enne fisico americano ha cercato di mostrare cosa si potrà fare con il suo nuovo motore di ricerca, di spiegarne l’ambito di lavoro e la filosofia di progettazione. La conferenza di un paio d’ore è interessante e merita di essere integrata con un ulteriore ascolto di stralci esemplificativi (vedi qui sotto)i in cui, in modo piuttosto sgranato e illeggibile, si vedono le schermate che Wolfram Alpha spara sullo schermo in risposta alle domande digitate a mo’ di esempio da Wolfram stesso durante la conferenza. Per certi aspetti, si può, pertanto, collocare questo lavoro nel filone del “web semantico” che sta raccogliendo tanto interesse fra gli sviluppatori del web di domani, ma non è solo questo.
Alle fine del giro, la cosa che mi è risultata più chiara è che non si tratta certo di un concorrente di San Google e simili, ma si propone di rispondere a domande in ambito scientifico, prevalentemente, “calcolando al volo” la risposta, fondandosi sulla vasta base di dati in possesso del sistema e su di un ambiziosissimo motore di calcolo che si sforza di “capire” i dati che possiede per metterli in relazione fra loro e rispondere “a tono” al quesito a cui è sottoposto, mentre i motori di ricerca attuali non fanno che selezionare “alla cieca” i dati, grossolanamente pertinenti, che corrispondono al termine ricercato.

Wolfram ha raccontato che sono trascorsi una ventina d’anni da quando ha iniziato a lavorare all’idea e alla sua realizzazione e ha sostenuto, inoltre, che il motore sarà disponibile a tutti noi mortali fra poche settimane; inutile dire che la curiosità d’interrogare il cervellone è notevole. Vedremo.
La complessità del problema è tale da suscitare una certa prudenza, ricordando anche i miliardi di dollari spesi in ricerche sull’intelligenza artificiale con miserrimi risultati e, ad altro livello, il clamoroso flop del PROLOG, un linguaggio che doveva soppiantare negli anni ’80 i linguaggi di programmazione del tempo (e di oggi) grazie alla sua intelligenza che, ancora una volta, si fondava su di un motore inferenziale capace di interagire con i dati in suo possesso e “imparare” in base ad una logica di prova/errore: quella stessa che tutti noi usiamo quando impariamo a lasciare stare la braci roventi, dopo esserci scottati le dita una prima volta.

Vada come vada, tutta la mia ammirazione ad un uomo che ha tentato di realizzare un progetto così ambizioso e utile per l’intera umanità, invece di perdere il suo tempo alla ricerca di popolarità a tutti i costi, circondato da belle gioie plaudenti alla sua eterna giovinezza.

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