Carambola!

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Non sapevo che la carambola ( Averrhoa carambola ) fosse anche un frutto subtropicale noto nei paesi anglosassoni come starfruit per la forma di stella della sua sezione che la rende particolarmente adatta per guarnizioni spettacolari su esotiche crostate di frutta.
E’ un albero di otto~dieci metri a lento accrescimento, con una chioma fitta e ramificata che produce copiosi frutti gialli; soffre il freddo e i venti molto caldi e secchi. Insomma è meglio non piantarla nei nostri giardini che soffrono temperature invernali abbondantemente sotto lo zero, ma cresce bene a Ceylon, nelle isole Molucche, in Malesia e in zone climatiche simili. Se appena appena resistesse, sono certo che ne avrei ammirato larghi appezzamenti durante le mie scorribande nelle colline faentine che hanno già conosciuto l’ apoteosi del kiwi, originario della Cina (nota con il nome yang-tao) e dei cachi, anch’essi originari della Cina del nord e del Giappone.

Quando eravamo ragazzi, il termine carambola indicava un popolare gioco al biliardo a stecche, da giocare con tre palle, se ricordo bene. I giornali lo usavano anche in senso metaforico, per indicare un movimento convulso e catastrofico di auto coinvolte in un incidente stradale: “La fitta nebbia ha provocato una carambola di auto che hanno ostruito per ore la corsia Nord…”, ma il frutto esotico non era ancora sbarcato neppure nei più sofisticati banchi di frutta. Non l’aveva neppure “Cartier”, così nominato per i prezzi popolari della sua frutta e verdura.

Ricordo invece, quando all’uscita da scuola, stanchi e scorbacchiati per una versione impossibile di greco, ci ritrovavamo davanti “Beppe”, un compagno di lungo corso che è stato a scuola almeno un anno con tutti i liceali bolognesi di una generazione, prima di comparire inopinatamente con il cappello da “fagiolo”, senza passare prosaicamente per la maturità e l’altrettanto inevitabile anno da matricola.

Era un mago della carambola e della goriziana, alle quali dedicava devotamente mattine intere, senza perdere tempo a scuola. Il suo spasso maggiore, tuttavia, consisteva nell’aspettarci, puntuale, all’uscita delle lezioni per squadernarci sul muso un ventaglio di banconote da mille che aveva appena vinto all’Accademia del biliardo. Al gesto di sberleffo, per lo più aggiungeva un signorile: “Cretini, guarda qui cosa ho vinto stamattina!”

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