Possibile che le sportine di plastica per fare la spesa siano così maledettamente nocive? A quanto pare se lo sono chiesti in molti e, finalmente un’analisi seria condotta sull’argomento ridimensiona, se non azzera i timori che campagne frettolose e superficiali hanno generato.
Se qualcuno parte da casa a piedi per comprare pane, verdura e latte freschi nel negozio all’angolo provvisto della simpatica sporta di paglia della nonna, fa bene e risparmierà qualche centesimo, ma non dovrà certo arrossire, sentendosi un inquinatore incallito, neppure quando caricherà nel bagaglio dell’auto cinque sportine di plastica stracolme, al ritorno del raid settimanale al supermercato, soprattutto se le riutilizzerà saggiamente per trasportare il pattume, coscienziosamente selezionato e suddiviso, nei bidoni di raccolta differenziata dell’immondizia.
I paesi come l’Irlanda che hanno surtassato le sportine hanno visto i problemi di smaltimento aumentare, anziché diminuire al confronto con il vicino Regno Unito che non l’ha fatto. Ad esempio, i saccchettoni neri costruiti proprio per foderare i bidoni della spazzatura sono molto più spessi e ingombranti delle sportine che avrebbero dovuto sostituire vantaggiosamente.
Anche nei paesi, come il Bangladesh, dove le sportine sono state bandite perché ostruiscono tombini e scarichi durante le stagionali piogge torrenziali, il problema vero risiede nell’assenza di una raccolta organizzata del pattume, non nella presenza dei sacchetti di plastica.