Avevano uno stile fondato su di una spontanea cortesia, distaccata, ma cordiale

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gio. 11 settembre 2003

Sono appena stato dal barbiere, che in realtà è una signora gentile: fino a Natale e oltre sono a posto. Forse perché il protobarbiere della mia vita era una persona sgradevole, untuosa, pettegola e con mani invereconde e volgari, non ho mai potuto soffrire di andare a farmi tosare, come si diceva comunemente.
L’espressione “ma va a farti tosare”, del resto, era quanto di più aggressivo e volgare si osasse profferire nei momenti d’ira all’indirizzo di un compagno di giochi, anche se oggi può suscitare incredulità. Se la frase avesse un senso recondito che noi bambini non conoscevamo, io non l’ho mai saputo e temo che ne rimarrò all’oscuro per sempre. Resta il fatto che io andavo dal barbiere il meno possibile, nei limiti della decenza. Non più di quattro o cinque volte l’anno.

Un buon periodo è stato quello, a cavallo di ginnasio e liceo, in cui mio padre ed io avevamo scoperto, durante i nostri giretti serali, il barbiere di piazza Minghetti, in pieno centro, sotto il portico, proprio di fronte al monumento di bronzo dello statista in marsina e con il cilindro in mano, molto amato dai piccioni locali.
Era una bottega austera, arredata con estrema coerenza da mobili, specchiere e poltrone di noce, tenuto da tre uomini, quasi coetanei, anche loro appartenenti ad un passato ormai al tramonto. Non c’era alcun garzone, benché all’epoca fosse una figura generalmente presente, molto più di rare manicure, ritenute un po’ equivoche.

Avevano uno stile fondato su di una spontanea cortesia, distaccata, ma cordiale e accompagnata da una sfumatura d’ironia che escludeva qualsiasi propensione al pettegolezzo o al servilismo.
Parlavano poco, ma quando lo facevano, si esprimevano con quell’elegante linguaggio musicale, misto d’italiano e bolognese del centro, che ormai è scomparso da decenni. Non facevano domande eccetto una: “Il solito?” che io mi aspettavo, benché fosse manifestamente incongrua alla rarità dell’evento. Con pari ardimento rispondevo sempre: “Sì, il solito, grazie.”
Un brutto giorno nell’entrare dal barbiere, mi ritrovai, invece, dentro ad un bar. Nello scusarmi dell’errore, mentre mi apprestavo ad uscire nuovamente nel portico seppi, in modo brutalmente inatteso, che quell’inutile bar, l’ennesimo della zona, aveva proprio sostituito il mio barbiere.
“I tre nonni sono andati in pensione, ma noi siamo aperti già da mesi, sa. Dev’essere passato un bel pezzettino dall’ultima volta che è venuto dal suo barbiere. Mi dispiace, ma intanto cosa le possiamo darle, signore?”
“Il solito, grazie.”

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