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Premesso che io, quando sono in casa, bevo l’acqua del rubinetto e la trovo buona, al ristorante mi adatto alla minerale. L’altro giorno, uscendo appunto dal ristorante, ero reduce da una bottiglia di acqua imbottigliata frizzante, in mancanza di una brocca d’acqua come si usava un tempo, quando mi sono imbattuto in una vetrina di preziose acque minerali: tutte e solo in bottigliette di fogge strane, piuttosto piccole e dalle origini esotiche come le isole Fiji o più domestiche come le isole britanniche o l’America del Nord.

Non si trattava di “normali” bottiglie d’acqua minerale, seppure forestiere, ma di una specie di chanel-numero-cinque da bere in un bicchierino d’argento facendo schioccare il palato e prodigandosi immediatamente in iperboliche lodi, suppongo. Dico, “soppongo” perché finora non mi è mai capitato di vedere dal vivo la scena di uno di questi sommelier d’acqua dolce mentre si esibisce nell’assaggio di un sorso d’acqua delle isole Fiji, fra le poche nazioni che si fregiavano, fra l’altro, di celebri cannibali, fino all’altro ieri.

Non che io abbia una stima molto maggiore dei più diffusi sommelier di vino. Su questo punto trovo impagabili le parodie che ne ha fatto Antonio Abanese. Clicca qui per vederne una

Quando a scuola studiavamo le proprietà dell’acqua, ci dicevano che è l’elemento basilare per l’esistenza della vita, consiste di molecole composte di Idrogeno e Ossigeno (H2O, appunto) e si presenta come un liquido incolore, insapore e inodore e questo è quello che mi aspetto dall’acqua che bevo: che non sappia di niente, sia bella limpida e non emani strani odori come quella al cloro delle piscine o la famigerata acqua con puzza di acido fenico del dopo guerra. Ricordo che da bambino, appena prima di pranzo, era diffuso il rito di acidulare e frizzantare una bottiglia d’acqua non propriamente inodore con le due bustine d’Idrolitina o, seguendo una diversa scuola di pensiero, con la mono-bustina Idriz. Io non ero un patito di questo costume, ma da bambini si mangia e si beve quello che ti danno i grandi. Tutti consentivano, però, che avere l’acqua corrente in casa che sgorgava inesauribile dal rubinetto era una grande comodità che risparmiava i viaggi con il secchio fino alla fontana o il più comodo armeggiare con fune e carrucola per estrarla dal pozzo di casa.
Quest’ultima situazione è ancora molto diffusa in vaste aree del mondo, per non parlare di situazioni ancora peggiori, e, sebbene i pittoreschi ottoni dei venditori d’acqua turchi siano ormai scomparsi, rimpiazzati da più anonime e pratiche taniche di plastica, fra gli assetati che bevono l’acqua torbida di pozzi simili a pozzanghere e gli acquirenti delle preziose bottigliette la forbice sembra essersi allargata, in barba alla cosiddetta globalizzazione. Che sia un segno di progresso?

Le foto di bottiglie le ho scattate con il telefonino a Bologna in via Ugo Bassi. Il venditore d’acqua è preso dalla rete e il sommelier è su youtube.

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