Pensare non è sapere

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  • Pensare non è sapere.
  • Filosofico oggi?
  • Non so. E’ una frase che ho sentito in un caffè passando vicino ad un tavolo di tresette.
  • Niente Kierkegaard, Platone o Sarchiapone, allora.
  • No, chi l’ha pronunciata si rivolgeva ad un compagno di partita che mungeva tutte le carte che aveva in mano prima di giocarne una, finalmente.
  • Una garbata manifestazione d’impazienza, insomma.
  • Garbata, dici? Certo rispetto ad un insulto diretto, lo è, ma se ci pensi…
  • In definitiva gli detto: “Su, gioca!”
  • Sì, però ha voluto anche dirgli che tutto il tempo che si prendeva non era il prodotto di una superiore capacità di analisi approfondita, ma…
  • … al contrario, di banale lentezza di comprendonio.
  • Sì, appunto, gli ha detto guarda che qui nessuno crede che tu stia valutando dodici soluzioni possibili, prima di scegliere l’ottima, come un campione di scacchi
  • Secondo te gli ha dato del tonto, allora…
  • … o del lentigrado palloso e indeciso cronico. Ci sono scemi spavaldi che non ci pensano un attimo prima di combinare una corbelleria.
  • Allora? Dove mi vuoi portare?
  • Da nessuna parte. Ho sentito questa frase isolata mentre passavo per caso uscendo dal caffè e continua a ronzarmi in testa. Tu cosa ne pensi?
  • Be’ si può costruire un romanzo partendo da uno sternuto, ma tu cosa vuoi sapere, pensando e ripensando ad una battuta da osteria?
  • Non so; vedi che quel tizio aveva ragione: “Pensare non è sapere”.

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