Morì per aver perso un telefonino

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lun 24 maggio 2010 Molti anni fa era ben nota una barzelletta che raccontava del visitatore di un cimitero scozzese, stupito nel leggere su di una lapide “Morì per aver perso un soldino” e, ancora di più, nel leggere sulla lapide accanto “Morì …”. (Chi non consce il resto della storiella mi scriva che gliela racconto.)

Ebbene, in questi giorni un venticinquenne laureato cinese della ditta Foxconn si è buttato dal quarto piano, dopo aver perso un prototipo di iPhone che doveva custodire gelosamente al riparo da avidi sguardi di spie industriali. Non so se sulla sua tomba abbiano scritto “Morì per aver perso un telefonino”, né tantomeno conosco il contenuto della lapide accanto, ma c’è poco da ridere, visto che i suicidi di giovani e giovanissimi impiegati nella stessa fabbrica, nove per ora, si sono susseguiti a ritmo allarmante e hanno indotto i proprietari ad assumere psicologi e monaci buddisti per vedere di arrestare la moria.

Che clima si respiri in quella fabbrica non è stato ancora accertato da osservatori esterni neutrali. Per ora sappiamo solo che la ditta ha pagato alla famiglia del giovane suicida 52.000 dollari e un vitalizio ai suoi genitori di 4400 dollari all’anno.

Questa storia mi ha ricordato il bellissimo film Café express di Nanni Loy nell’episodio in cui Nino Manfredi ascolta, con incredula amarezza, i parenti di un guardiano notturno, morto ammazzato nel difendere il cantiere, esprimere la loro gratitudine al padrone che ne ha pagato il funerale.

Troppo buono, Lei!

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