Una squadra di biochimici della Brown University dell’Indiana ha pubblicato un articolo, sintetizzato anche nelle pagine scientifiche della BBC, sulle straordinarie capacità del Caulobacter crescentus di secernere un adesivo che gli permette di aderire sott’acqua alle superficie che colonizza, senza essere spazzato via dalle onde.
Con tecniche di micromanipolazione gli scienziati sono stati in grado di stabilire la forza adesiva di questo batterio che è risultata sorprendentemente alta. In termini volgarmente approssimativi, cinque volte più tenace della colla più forte che si conosca.
Da inveterato sostenitore delle colle (e in subordine dei più recenti nipotini: i nastri adesivi) mi sono molto rallegrato della notizia che conferma la mia “fede” sul futuro radioso di colle e collanti alla quale sono sempre stato devoto.
Ricordo con affetto i grumosi crogiuoli nei quali i falegnami scaldavano la colla “garavella”, prima dell’avvento delle lattiginose colle viniliche a freddo e delle portentose gelatine attaccatutto dal profumo conturbante, fino ai recentissimi mostri di appiccicosità istantanea che ammiro, ma senza alcun trasporto emotivo.
Nessun Attac al mondo potrà mai scacciare dai miei affetti la vecchia soluzione di para con cui continuo ad attaccare le pezze alle camere d’aria della bici, dopo le inesorabili e maledette forature, tuttavia resto in trepida attesa dei prodotti derivati dal Caulobacter che sono riusciti a “mungere” dal batterio e a far depositare su di una superficie, ma… poi non si stacca.