Bianco&nero

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19 novembre 2004

via dei Chiari Bologna via dei Chiari Bologna

  • T i piace il bianco&nero?
  • A me piacciono molto le ombre, i riflessi …
  • …anche a me, moltissimo.
  • Quindi non stai proponendomi un mondo senza sfumature, oltreché senza colori? Un mondo di buoni senza macchia e di cattivi senza pietà.
  • Ho capito dove mi vuoi portare. Non avevo in mente niente del genere. Intendevo parlare di valori estetici non etici, se proprio vogliamo strafare, ma io prferirei volare più basso, rasoterra, diciamo.
  • Allora, parli di disegni a matita, a carboncino, d’incisioni…
  • …e di foto.
  • E di foto, naturalmente.
  • Soprattutto di foto. Non so se l’argomento t’interessi, ma è in corso una rivoluzione in questo settore che mi ha coinvolto moltissimo.
  • Parli delle macchinette digitali?
  • Macchinette, dici? Mi sembra di capire che tu, invece, sia rimasto piuttosto estraneo all’argomento, che non te ne sei interessato, insomma.
  • Infatti non ne so niente. La sola cosa che mi ha colpito è lo spazio crescente, ormai invadente, che la pubblicità delle fotocamere digitali occupa sugli opuscoli che mi ritrovo dentro alla buchetta della posta. Io guardo solo le figurine, come un analfabeta, ma così a spanne, mi sembra che stia diventando un mercato da grandi numeri.
  • Sì, anche l’aspetto brutalmente quantitavo è sorprendente, a prima vista, ma andando più a fondo, si scopre che si tratta di gioiellini che si evolvono alla velocità dei computer: un fenomeno stupefacente che merita tutta l’attenzione che comincia a suscitare anche nel grande pubblico: il più occasionale, distratto e incompetente.
  • Addirittura, non ne avevo idea, pensavo si trattasse di giocattolini, dall’aspetto molto attraente, a volte. Non sembrano neppure macchine fotografiche; ce ne sono di quelle che assomigliano ad un portasigarette d’argento, anni ’30. Invece sono delle belve tecnologiche mascherate, mi dici. Che cosa hanno in comune con i computer?
  • Tutto, fuorché l’obiettivo. A dispetto delle dimensioni miniaturizzate, sono dei veri computer, ma specializzati nel catturare e memorizzare immagini, anziché informazioni testuali o sonore. Rispetto ad un PC sono meno versatili, naturalmente, ma il loro compito lo svolgono in modo brillante.
  • Allora, tutto accade nel misterioso silenzio degli imperscrutabile meandri dei microchip, nascosti sotto la pelle d’argento. E la magia del blow up in camera oscura, dov’è finita? Non che io m’intendessi neppure di quella.
  • Be’ io sì, invece, la fotografia tradizionale è stata la mia passione per vent’anni e non ti sto a raccontare quante notti ho passato in camera oscura nella penombra della luce giallo-verde, annusando il profumo dell’acido acetico che sovrastava quello dei bagni di sviluppo e di fissaggio, mentre le immagini affioravano lentamente in superficie, abbandonando con riluttanza il loro stato latente. Un’emozione autentica che si ripeteva ogni volta.
  • Ti sarà costato caro questa strappo con la tua storia giovanile di cui si avverte ancora la nostalgia, se interpreto bene il tono delle tue parole; sembra che tu parli di un amore della tua gioventù finito per sempre.
  • E’ così, ma i nuovi strumenti sono così potenti, duttili, ricchi di possibilità quasi insondabili che, obiettivamente, non possono lasciare sopravvivere rimpianti.
  • Perché, scattare una foto digitale è così diverso dal solito?
  • No, all’apparenza non è cambiato quasi nulla. Ci sono sofisticatissimi sistemi di messa a fuoco e di esposizione automatica che ne permettono un uso del tutto inconsapevole a chi si affida totalmente a loro, concentrandosi solo sulla scelta dell’inquadratura.
  • Andrebbero bene per me, ma gente come te si adatta ad una condizione così elementare e succube delle scelte dello strumento?.
  • Molto volentieri, perlopiù, perché il risultato è quasi sempre molto buono, ma restano anche tutte le possibilità di agire manualmente. Si può anche sbagliare in pieno, se ci si sforza abbastanza.
  • Capisco: la libertà d’errore è salva, questo mi tranquillizza. Mi fanno paura i sistemi automatici infallibili.
  • Non c’è pericolo, stai tranquillo, anche gli automatismi più sofisticati s’ingannano in condizioni critiche, ma la parte più stupefacente e divertente, a mio parere, resta, come un tempo, quella successiva.
  • Non avevo capito nulla, allora. Mi capita spesso; pensavo che la camera oscura dei tuoi ricordi nostalgici fosse sparita. Che cosa si usa per estrarre e stampare le immagine nascoste nella memoria della fotocamera, a proposito? Una normale stampante collegata con un cavo alla macchinetta… scusa volevo dire al gioiellino?
  • Sì, per chi vuole affidarsi mani e piedi agli automatismi semplificatori, ci sono piccole stampanti a colori che ti sparano fuori delle belle cartoline lucide senza richiedere nessuna abilità e non richiedono neppure l’uso di un computer. Ma così ci si perde il meglio.
  • Chi invece vuole spassarsela al massimo, come deve procedere? Conoscendoti, tu devi essere uno di quei sibariti.
  • Infatti. Lo spasso maggiore consiste nella elaborazione delle immagini digitali, in tempi successivi alla ripresa.
  • Ci vuole un computer per farlo, immagino.
  • Sì, meglio se è abbastanza veloce e capiente. Corredato da un software ad hoc è il computer la nuova camera oscura, ma mille volte più versatile…
  • … e più facile, immagino.
  • Questo no, a meno che non ci si accontenti di poche correzioni semiautomatiche. Padroneggiare a fondo un programma come Photoshop, l’applicazione regina in questo campo, richiede molto tempo, studio, esperienza e pazienza. Poi, come sempre, conta l’abilità personale. Non è come suonare i violino, ma insomma….
  • Caro il mio violinista, adesso capisco dove passi le tue serate. Una volta mi piacerebbe vederti “suonare” la tua camera oscura digitale, me ne hai fatto venire voglia.
  • Quando vuoi, saremo confortevolmente seduti in poltroncina con le luci accese e un buon disco come sottofondo…
  • Un DVD dell’ultima generazione, immagino, di meno non potresti accettare.
  • No, anche un vinile vecchio stile, se preferisci. Quello che da ragazzi chiamavamo trentatré giri. Io non me ne intendo abbastanza, ma gl’intenditori sostengono…
  • Lasciamo stare, se non ti dispiace. Per oggi ho immagazzinato abbastanza notizie da scordare prontamente. Non vorrei sovraccaricare la mia amnesia.

Le immagini, drasticamente compresse e rimpicciolite, sono la rielaborazione con Photoshop di una mia foto a colori di via dei Chiari, a Bologna

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