ven. 20 giugno 2003
- Giovanna?
- Mi chiamo Matilda
- Ma guarda ! E perché, poi?
- Non saprei, quando mi hanno attribuito il nome non ero presente, come può immaginare.
- E’ una giustificazione piuttosto debole, mia cara, e soprattutto non spiega perché lei continui a portare il nome di un’altra persona ancora oggi. In certi paesi sarebbe giudicato scorretto. Lo dico senza alcun pregiudizio nei riguardi delle sue buon intenzioni.
- Ma lei ha conosciuto l’altra di cui usurpo il nome, a suo dire?
- Non ancora, ma non dubito che prima o poi accadrà. Il tempo è galantuomo.
- Potrebbe essere già morta, però.
- Difficilmente, Lei ha un ottimo aspetto.
- In quanto a questo, anche Lei mi sembra in forma, se posso permettermi l’osservazione.
- Ma certo, cara. Trovo che sia gentile da parte sua, benchè temerario, visto che lei non ha alcun termine di paragone temporale su cui confrontare la mia condizione di “forma”.
- Non posso negare che ci siamo incontrate solo ora per la prima volta.
- Matilda, ha detto? Qualche tratto matildino, in effetti è presente nella sua persona. Nello sguardo, specialmente.
I nomi influenzano chi li porta, per questo non bisognerebbe cambiarli con tanta leggerezza. - Ma lei come si chiama?
- Alice
- Volevo ben dire!