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Estraneità e perdita

La consapevolezza della parzialità  ed inesattezza delle loro valutazioni su Ash e LaMotte assume per i due protagonisti non solo il valore di una delusione relegata ad un aspetto circoscritto delle loro vite, ma rappresenta l'origine di una svolta esistenziale. La dedizione totale allo studio, l'identificazione narcisistica sulle quali i due protagonisti avevano fondato le proprie vite perdono ogni significato. Roland e Maud si ritrovano quindi privati di ciò che era loro più essenziale, esiliati da quel mondo originario alla cui costruzione avevano contribuito e che costituiva la loro unica realtà.

"(Roland) felt marginal. (...) There was a great many circles here, ll fo which he was outside. he jad begun this - what should it be called - this investigation - and lost everything (...). He looked for his own primary thought, and saud to himself that before Madu came he had Randolph Ash and his words, and now even that, that above all, had been changed and taken from him." (P. 437-8, 441)

(" (Roland) Si sentiva a i margini... C'era un gran numero di cerchi, e lui era fuori da tutti. Aveva cominciato questa - come chiamarla - questa indagine - e aveva perso tutto ... Cercò il proprio pensiero primario, e si disse che prima della comparsa di Maud aveva avuto Randolph Ash e le sue parole, e ora anche quelle, soprattutto quelle, erano state cambiategli erano state tolte:" (Poss. 439-40)

Le lettere rubate

Roland, in particolare, si rende conto sin dal ritrovamento degli abbozzi di Ash di essersi appropriato di qualcosa che non lo riguarda, sa di essersi intromesso da estraneo in una questione che non lo deve coinvolgere, ma dalla quale no sa distaccarsi.

"Letters (...) exlude not only the reader as a co-writer, or predictor, or guesser, but they exclude the reader as reader, they are written, if they are true letter, for a reader (...). The truth was, oland thought uneasily, these letters, these busy pssionate letters, had never beeen written for him to read - as Ragnarok had, as Mummy Possest had, as Lazarus poem had. They had been written for Christabel LaMotte." (p 131)

("Le lettere... non escludono soltanto il lettore come co-autore, o interprete, o indovino, ma escludono il lettore in quanto lettore, essendo scritte, se sono lettere vere, per un lettore...La verità, pensava Roland a disagio, era che queste lettere, queste lettere premurose e appassionate, non erano mai state scritte per essere lette da lui, a differenza di Ragnarok, di Mummy Possest, del poema di Lazzaro. Erano state scritte per Christabel LaMotte." (Poss.131-2)

Inizialmente Roland percepisce la propria estraneità solo alle lettere private di Ash e LaMotte, mentre si sente ancora il destinatario privilegiato delle altre opere di Ash, solo in un secondo momento, diventa invece in grado di percepire la portata della sua intromissione nella vita di Ash, verso la fine del romanzo il narratore infatti dice:

"He thought about Randoplh Henry Ash. The pursuit of the letters had distanced him from Ash as they had come closer to Ash's life. In the days of hi innocence Roland had been, not a hunter but a reader, and had felt superior to Mortimer CRopper, and is some snese equl to Ash, or anyway related to Ash, who had written for him to read intelligently,as best he could. Ash had not written the letters for Roland or anyone else but Christabel LaMotte. Roland's find had turned out to be sort of loss (...). (Dopo aver contemplato i ritratti di Ah che si trovano a casa sua) Ash said - not to him specifically, there was no rpiviledged communication (...)." (P 469-470, 473))

("Pensò a Randoplh Henry Ash. Quanto più la caccia alle lettere lo aveva avvicinato alla vita di Ash, tanto più si era allontanato da lui. Nei giorni della propria innocenza Roland non era stato un cacciatore, ma un lettore, si era sentito superiore a Mortimer Cropper, e in un certo senso uguale ad Ash, o comunque in rapporto con Ash, che aveva scritto perchè lui leggesse con intelligenza, al meglio delle sue capacità. Ash non aveva scritto le lettere per Roland né per nessun altro all'infuori di Christabel LaMotte.Per Roland la scoperta si era rivelata una specie di perdita.... (dopo aver contemplato i ritratti di Ash che si trovano a casa sua)Ash stava dicendo - non a lui in particolare, non c'era alcuna comunicazione privilegiata.") (Poss468, 471)

Roland qui, ormai alla conclusione del romanzo, guarda in prospettiva la sua avventura letteraria e ne riconosce le linee guida: lui e Maud non solo si sono impadroniti di due abbozzi di lettere, ma hanno voluto impossessrsi e dominare due vite alle quali  però sono essenzialmente distanti ed estranei. Roland ha così esplorato fino in fondo il valore del furto con cui è cominciata la sua "possessione", e ne coglie ormai la portata esistenziale.

Solitudine: l'appello di A.S.Byatt ai lettori

Il valore generale delle considerazioni di Roland sulla presunzione dei critici di conoscere e dominare gli autori cui si dedicano, viene confermata da un appello ai lettori, l'unico in tutto il romanzo, che il narratore pronuncia in prima persona.

"Think of this, a Roland thought of it, reading 'The Graden of Porserpina' for perhaps the twlfth, or maybe even the twntieth time, a poem he 'knew' in the sense that he had lready experienced all its words, in their order, and also out of order, in memory, in selective quotation or misquotation - in the sense also, that he could predict, at times even recite, those words which were next to come (...). Think of this - that the writer wote alone, and the reader read alone, and they were alone with each other." (P 471)

("Pensateci, come ci pensava Roland rileggendo Il giardino di Proserpina forse per la dodicesima volta, forse addirittura per la ventesima, un poema che "conosceva" nel senso che aveva già incontrato tutte le sue parole, nel loro ordine, e anche fuori dal loro ordine, nella memoria, in scelte citazioni esatte e sbagliate - nel senso, anche, che poteva predire, a volte persino recitare, le parole che sarebbero seguite... il punto dove dove sostava la sua mente, come le zampe artigliate di un uccello su un ramo. Pensateci - lo scrittore era solo quando scriveva, e il lettore era solo quando leggeva, e sono stati soli l'uno insieme all'altro.") (Poss. 469)

A.S.Byatt sembra voler dire che Roland, i critici, noi lettori, abbiamo il dovere di accettare la condizione essenziale di solitudine in cui ci troviamo, l'impossibilità di trovare un riferimento esterno, la radicale separazione dal mondo che ci fa sentire "ai margini" come fa dire a  Roland. A.S.Byatt si riferisce nei suoi saggi ad un'espressione di Iris Murdoch con la quale indica questa dolorosa consapevolezza della condizione umana: la "hard idea of truth", la dura idea della verità, rappresenta infatti per la scrittrice la verità alla quale l'uomo deve moralmente giungere, la fedeltà alla realtà cui ogni arte deve mirare.

Clandestinità e linguaggio

Nella pagina di apertura del capitolo ventiquattresimo A.S.Byatt illustra come il senso di estraneità e solitudine, investendo ogni aspetto della vita, influenzi anche il rapporto che i personaggi hanno con il linguaggio. Roland, che al rientro dal viaggio in Bretagna  ha deciso di non ritornare nel suo appartamento di Putney, si trova ora ospitato da Maud, con la quale per questo si sente in debito. Maud, che sta cercando di scrivere un relazione sulla metafora, è a sua volta a disagio perché si rende conto di non poter trattare l'argomento in modo obbiettivo e impersonale, ma di scivolare in un liguaggio metaforico che rivela la sua presenza come autrice. A.S.Byatt affinaca quindi in queste poche righe il senso di clandestinità di Roland a quello di impotenza e sottomissione al linguaggio di Maud, fornendo al lettore un'immagine complessa di quell'estraneità cui sono giunti a questo punto i protagonisti di Possession.

Maud e la metafora

Riporto parte della scena iniziale del capitolo ventiquattreimo:

"Maud st at her desk in Lincoln and copied aou a useful passage of Freud for her paper on metaphor (...). She wrote: 'Of coursse ego, id and super-ego, indeed the libido itself, are metaphorical hypostsisations of what must be seen as'.
She crossed out 'seen' and wrote 'could be felt as'.
Both were metaphrs. She wrote: 'could be explained as events in an undifferentiated body of experience'.
Body was a metaphor. She had written 'experience' twice, which was ugly. 'Event' was possibly a metaphor, too." (P 430)

(" Maud, seduta al suo tavolo a Lincoln, copiava un brano di Freud utile per la sua relazione sulla metafora ... Scrisse: "Naturalmente Io, Es e super-Io,e la  esa libido sono ipostatizzazioni di ciò che deve essere visto come".
Cancellò "visto" e scrisse "potrebbe essere percepito come".
Entrambe erano metafore. Scrisse:"potrebbe essere spiegato come una serie di eventi in un nucleo indifferenziato di esperienza".
Nucleo era una metafora. Aveva scritto due volte "esperienza", e suonava male. Anche evento poeteva essere una metafora." (Poss.430)

Maud che aveva cercato attraverso un rigore maniacale, un controllo esasperato sul corpo e sul linguaggio di annullare la propria individualità e poter così ricongiungersi alla perfezione di Christabel deve qui riconoscere invece quanto il linguaggioallontanandosi dal ruolo puramente denotativo cui maud volelva relegarlo, le sfugga di mano e tradisca la sua personalità. A.S.Byatt sembra qui riproporre nel personaggio di Maud il percorso che lei stessa ha compiuto come scrittrice così come ce lo racconta nel saggio Still Life/Nature morte.

A.S.Byatt scrittrice di "Nature Morte": autocritica al romanzo Still Life

Nel saggio del 1986 che apre la sezione dedicata alla sua opera di scrittrice in Passions of the Mind dal titolo Still Life/Nature morte, A.S.Byatt guarda criticamente ai presupposti che avevano ispirato la scrittura del romanzo Still Life, e scrive:

"Three or four years ago I decided to try and write a novel which should be as plain as possible - a novel eschewing myths and cultural resonances - a novel, I even thought, which would try to forgo metaphor. This essay is an account  of the failure of that project, and of some things I learned about language of fiction through that failure."

(Tre o quattro anni fa decisi di provare a scrivere un romanzo che fosse il più piano possibile - un romanzo che evitasse miti e risonanze culturali - un romanzo, avevo addirittura pensato, che provasse a  eludere la metafora. Questo saggio è un resoconto del fallimento di quel progetto e di alcune cose che ho imparato sul linguaggio della creazione letteraria grazie a quel fallimento.)

A.S.Byatt spiega quindi quali fossero concretamente le sue aspettative nei confronti di questo romanzo:

"The idea of...Still Life was that it should ... be very bare, very down-to-earth, attempt to give the "thing itself"... I wanted to write about birth, about death, plainly and exactly. There were ideological reasons for this, a well as a vague sense that my novel  must move from an undissociated paradise to our modern dissociated world... I wanted at least to work on the assumption that order is more interesting that the idea of the random... that accuracy of description is possible and valuable. That words denote things." (*PM11) 

(L'idea di "Natura Morta" era che fosse molto spoglio, grezzo, che tentasse di rendere la "cosa stessa"... Volevo scrivere della nascita, della morte in modo piano ed esatto. C'erano delle ragioni ideologiche dietro di questo, ed anche un vago senso che il mio romanzo dovesse muoversi  da un paradiso INDISSOCIATO verso il nostro moderno mondo dissociato ...Volevo almeno lavorare sul presupposto che l'ordine sia più interessnte dell'idea del caso, che l'accuratezza sia possibile e da apprezzare.Che le parole denotino le cose.)

A.S.Byatt ci racconta quindi come, pur cercando di mettere nel suo romanzo" liste di cose semplicemente denominate" ("lists of such simply denominted things" PM 18) le parole non ubbidissero al suo volere e finissero per diventare "piccole metafore". Nel romanzo Possession il personaggio di Maud sembra quindi rappresentare la formazione letteraria della stessa Byatt  nel momento in cui le si rivela l'inesistenza di un linguaggio puramanete denotativo, l'inesistenza di una parola originaria che possa cogliere la "cosa stessa" senza tradire la presenza dell'autore.   

Roland clandestino

A.S.Byatt affianca in una stessa significativa pagina il disagio di Maud nei confronti di un linguaggio di cui non si sente più padrona al senso di clandesinità che prova Roland suo ospite. La scrittrice presenta l'estraneità di Roland come una situazione drammaticamente ineluttabile che assume immediatamente il valore di una condizione esistenziale.

"He felt  his occupation was gone; she felt his feeling. He felt he was lurking.

If he went out of the room it would be grey and empty.
If he did not go out of it, how could she concentrate?" (P 430)

("Lui sentiva che il proprio lavoro era svanito; lei sentiva la sua sensazione. Lui si sentiva un clandestino.

Se lui fosse uscito la stanza sarebbe stata grigia e vuota.
Se lui non usciva dalla stanza, come poteva lei concentrarsi?")(Poss. 430)

Questa scena nella quale viene presentata contemporaneamente l'alienazione dei due protagonisti, costituisce il presupposto argomentativo per la considerazione generale sul linguaggio che appare nella pagina seguente.

"Vocabularies are crossing cirlces and loops. We are defined by the lines we choose to cross or to be confined by." (P 431)

("I vocabolari sono cerchi ed ellissi che s'intersecano. Siamo definiti dalle linee che decidiamo di attraversare o di accettare come confine.") (Poss.431)

Quest'immagine rappresenta il linguaggio come preesistente all'uomo, come un mondo esterno con proprie regole e limitazioni nel quale l'uomo, per il breve corso della sua vita, si immette ed impara ad accettare. A questo punto della loro formazione è quindi evidente come il rapporto dei due personaggi con le parole, con la letteratura della tradizione, con gli scrittori che li hanno preceduti, sia radicalmente cambiato. Roland e Maud sembrano essersi liberati dal sottomesso ossequio che li legava indissolibilmente ad Ash e LaMotte e aver compreso la portata di quella possessione.

A.S.Byatt e Wallace Stevens

Per illustrare questa concezione della realtà e del linguaggio come preesistenti ed essenzialmente estranei all'uomo A.S.Byatt si rifà nelle sue opere critiche ad un poeta al lei caro: Wallace Stevens. In "Van Gogh, Death and Summer", il saggio del 1990 con il quale si conclude la raccolta di Passions of the Mind, A.S.Byatt discute del rapporto che l'artista dovrebbe intrattenere con la realtà che intende rappresentare, e nota come le opere di Van Gogh, Rilke, Stevens abbiano in comune una sorta di realismo, di fedeltà ad una "dura idea della verità" che spossessa l'uomo dell'universo che lo circonda. L'arte, per Stevens come per A.S.Byatt, non deve essere uno strumento per dominare la realtà riconducendola a sentimentalistiche e rassicuranti rappresentazioni, ma deve accettarne l'estraneità, l'alterità essenziale. Illuminanti a questo proposito sono i versi che A.S.Byatt cita da Notes Towards a Supreme Fiction:

"But the first idea was not to shape the clouds
In imitation. The clouds preceded us.

There was a muddy  centre before we breathed.
There was a myth before the myth began.
Venerable and articulte and complete.

From this the poem springs: that we live in a place
That is not our own, much more not ourselves,
And hard it is in spite of blazoned days." (PM 32, Note, p. 446)

Ma l'idea prima non era di foggire
le nubi a imitazione. Le nubi ci orecorsero.

C'era un centro fangoso prima che respirassimo.
C'era un mito prima che inizasse i mito,
venerabile, esplicito, completo.

Da questo nasce la poesia: che viviamo
in un luogo non nostro, e che non siamo noi,
ed è arduo, ad onta dei giorni d'orifiamma.") (Traduzione di Massimo Bacigalupo, in Wallace  Stevens, Harmonium. Poesie 1915-1955, Torino, Einaudi, 1994, p. 447)  

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