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Verità "tirata" come gelatina: il Diario di Ellen Ash

     Il Diario intimo di Ellen Ash cosituisce un sorprendente parallelo ottocentesco al saggio letterario di Leonora Stern. Queste opere benchè all'apparenza molto diverse, sono accomunate dall'importanza centrale attribuita alla sessualità. La presenza anche nel diario di Ellen di un filtro interpretativo costante è ammessa dalla sua stessa autrice che adotta in proposito un'immagine caratteristica degli studiosi novecenteschi: la metafora della marmellata. Ellen come Leonora crea un'opera meticolosamente costruita per confondere la realtà e darne un'immagine rassicurante ed intima: in entrambi i testi si ritrovano infatti numerosi dettagli, descrizioni accurate, immagini dell'intimità. Da questo punto di vista la prosa di Ellen, tutta giocata sulle omissioni, gli eufemismi, le reticenze, non solo non si contrappone a quella massicciamente esplicita di Leonora, ma ne risulta anzi  l'immagine riflessa: le deliberate omissioni di Ellen sottolineano l'importanza della sessualità non meno del vorticoso gioco di analogie di Leonora, il silenzio assoluto non si differenzia dalla logorrea. All'interno del romanzo, tra l'epoca vittoriana e il nostro secolo, si stabilisce così una continuità che si manifesta non solo a livello della concezione della sessualità, ma anche riguardo il potere del linguaggio di rappresentare la realtà.

Ellen prepara marmellate

     La prime informazioni sul personaggio di Ellen Ash vengono fornite ai lettori attraverso le parole di James Blackadder che, interrogato da Roland sull'interessse che le femministe nutrono per lei, risponde:

"All they've got to go on is that she spent a lot of time lying on the sofa, and that's hardly unusual for a lady in her time and circumstances (...) Poor old Beatrice began by wanting to show how self-denying and supporting Ellen Ash was and she messed around looking up every recipe for gooseberry jam and every jaunt to Broadstairs for twenty-five years." (P. 31) 

"Tutto quel che hanno a disposizione è che passava un sacco di tempo distesa sul divano, e questo non è certo insolito per una signora della sua epoca e condizione... La povera vecchia Beatrice ... si è affannata a controllare tutte le ricette per marmellate di uva spina e tutte le scampgnate a Broadstairs per venticinque anni" (Poss.34)

     Queste che sembrano battute marginali, pronuciate con sufficienza e noncuranza in un dialogo tra colleghi, in realtà riassumono efficacemente l'ambivalenza del Diario di Ellen e il ruolo che assume all'interno del romanzo. A prima vista  infatti Ellen sembra aver serenamente goduto e descritto con meticolosità nel suo diario una vita di svaghi e lavori domestici. Questa visione superficiale si lascia ingannare però dalle stesse apparenze costruite da Ellen e non coglie l'aspetto essenziale della sua vita, la scelta precisa, cioè, di elaborare una verità che la proteggesse dalla realtà, dagli sguardi indiscreti e indagatori dei biografi e degli studiosi. Blackadder e tutti i ricercatori che come lui hanno pensato che Ellen Ash fosse una banale e "noiosa" signora dalle buone maniere, mostrano in realtà solo l'accuratezza e l'abilità magistrali con cui Ellen, come un capace creatore di finzioni, ha costruito una verità sulla propria vita.

"My life, she thought, has been built round a lie, a house to hold a lie." (p. 457) (...) She put more coal and more pieces of wood on the fire, and made a brave little blaze, by the side of which she sat down to manufacture the carefully edited, the carefully strained ( the metaphor was one of jelly making) truth of her journal." (P.461-2)

"La mia vita, rifletté, è stata costruita su una menzogna, una casa per sostenere una menzogna ...Aggiunse al fuoco qualche carbone e qualche legno e ottenne una bella fiamma accanto alla quale sedette a preparare l'attentamente curata, l'attentamente tirata (la metafora era quella di una ricetta per la preparazione della gelatina) verità del suo diario." (Poss. 456, 460)

Ellen "disorienta"

     L'unica persona capace di riconoscere nel diario di Ellen uno scopo diverso dalla registrazione di avvenimenti quotidiani è Beatrice Nest. Beatrice coglie infatti l'inquietudine che scorre invisibile tra le pagine del diario e se ne sente disorientata tanto da non ritenersi autorizzata a pubblicarlo. Così infatti risponde a Maud che si chiedeva perché Ellen Ash avesse scritto un diario:

"I think she knew it might be read. There are several sharp comments in it about contemporary biographical habits (...) She knew he was a great poet and she must have known they would come - the scavengers - sooner or later (...) 'I think she wrote to baffle. Yes. To baffle." (P. 219-220)

"Credo sapesse che il suo diario poteva venir letto. Contiene parecchie valutazioni penetranti sulle manie biografiche dei contemporanei... Sapeva che lui era un grande poeta e deve aver saputo che presto o tardi sarebbero arrivati gli - sciacalli- ...Credo che scrivesse per disorientare . Sì. Per disorientare. " (Poss., p. 226-7)

Un pubblico di "avvoltoi", ma non solo.

     Ellen parla con orrore delle persone che potranno frugare tra le lettere e le pagine del diario per trarne informazioni sulla sua vita privata col marito Randolph. I sostantivi con i quali designa questi futuri lettori rimandano sempre ad immagini di voracità, di scempio e spregio irriverente: chiama infatti "sciacalli" i biografi di Dickens e  per ben due volte (poss442, 460, P 443, 462))"avvoltoi" i possibli lettori delle lettere di Christabel e Randolph. Alla luce di queste considerazioni appare dunque appropriata la definizione che Beatrice dà del diario come di un "massiccio rivestimento"("panelling"): Ellen avrebbe scritto così un diario che  - come una corazza esterna - la proteggesse dagli sguardi degli intrusi. Questa interpretazione non sembra però cogliere fino in fondo il valore che assume per Ellen la scrittura del diario. Beatrice parlando con Maud precisa come, a suo parere, Ellen non miri a fuorviare i biografi in particolare ma abbia un intento più generale:

"'I think she wrote to baffle. Yes. To baffle'
They stared at each other. Maud said,
'To baffle whom? Hi biographers?'
'Just to baffle.'"(P.220)

"- 'Credo che scrivesse per disorientare. Sì. Per disorientare.'
Si fissarono. Maud disse:
- 'Disorientare chi? I suoi biografi?'
- 'Solo per disorientare.'" (Poss.227)

L'altra verità: "la verità non detta delle cose"

     Alla verità "tirata" del diario, verità che sorvola e confonde i momenti cruciali della sua vita, Ellen oppone una verità che non si compromette con il linguaggio, che rimane "non detta".

"She thought of her sense of the unspoken truths of things in terms of a most beatifull passage from Sir Charles Lyell's Principles of Geology (...) She had written it down.
It is the total distinctness, therefore, of crystalline formations, (..) that constitutes their claim to be regarded as the effects of causes now in action in the subterranean regions (...) They are not the monuments of a primeval period, bearing inscribed upon them in obsolete characters the words and phrases of a dead language; but they teach us that part of the living language of nature, which we cannot learn by our daily intercourse with what passes on the habitable surface.
Ellen liked the idea of these hard, crystalline things, which were formed in intense heat, beneath the 'habitable surface' of the earth." (P458)

"Pensava al proprio senso della verità non detta delle cose, con le parole di uno dei brani più belli dei Prinicpi di Geologia di Sir Charles Lyell...Lo aveva trascritto.
E' dunque l'assoluta diversità delle formazioni cristalline... che impone di cosiderarle come il prodotto di cause ancora attive negli strati sotterranei. Esse non... portano inscritti in caratteri obsoleti parole e frasi di una lingua morta; esse ci insegnano piuttosto quella parte della lingua viva della natura, che non possiamo apprendere nel nostro quotidiano interagire con ciò che avviene sulla superficie abitabile
Ellen amava l'idea di queste dure cose cristalline, che si erano formate in un calore intenso, al di sotto della "superficie abitabile" della terra.."(Poss.456-7)

E' alle "cose", alle stratificazioni cristalline che si formano autonomamente nel corso di una esistenza che Ellen affida la verità della propria vita. Il silenzio che ha condiviso col marito Randolph ha accolto la responsabilità della verità che non poteva formulare a parole. Ellen si chiede se quello che ha fatto sia stato un bene o meno, ma non può che riconoscere di aver seguito la propria indole:

"Had she done well, or ill? She had done what was in her nature, which was profoundly implicated in not knowing, in silence, in avoidance.(p.455)

"Aveva fatto bene, o male? Aveva fatto quel che era nella sua natura profonda, preferiva non sapere, preferiva il silenzio, la fuga..." (Poss.453)

Affidando alle parole la menzogna e alle cose la verità, Ellen dichiara di non voler accettare nessun compromesso tra linguaggio e realtà, di non voler sottostare alla responsabilità di rendere eplicita una realtà dolorosa; alla luce di queste considerazioni si spiegano facilmente le omissioni e le interruzioni nel Diario che rappresentano appunto gli spazi vuoti lasciti dalla verità, sottratta alle parole e affidata alle cose. 

Lo stile eufemistico

     
L'aspetto più evidente dello stile del Diario di Ellen è la deliberata compresenza di omissioni e di una profusione di particolari. Ellen si dilunga nel descrivere i dettagli dei lavori domestici ma si interrompe improvvisamente a proposito della domestica Bertha rimasta incinta o della  del proprio ruolo di moglie.

(a proposito di Bertha)"Is she unhappy or unwell? Both I fear but do not wish to think. Tomorrow I will ask her directly. She would be surprised is she knew what courage, and of what variable kinds (...) this requires me. I lack my  mother's force and character. I lack many things in which my dear mother was both proficient and naturally greatly endowed(" (P.222)(dopo aver saputo che Bertha è incinta) Perhaps Bertha is gone to the man who (passage crossed out illegibly) (P.231) (riguardo quello che si rivelerà essere il tradimento di Randolph con Christabel) That matter is now I hope quite at an end and wholly cleared up." (P.231) 

(a proposito di Bertha)"forse è infelice, o non sta bene? Entrambe le cose temo, ma non voglio pensarci. Domani lo chiederò a lei. Si meraviglierebbe se sapesse quale e quanto coraggio...ciò esiga da me. Mi manca la forza di carattere di mia madre. Mi mancano molte cose nelle quali la mia cara madre era persona capace e per natura assai dotata..." (Poss.229) (dopo aver saputo che Bertha è incinta) "Forse Bertha si è recata dall'uomo che [frase cancellata, illeggibile] (Poss.238)
(riguardo quello che si rivelerà essere il tradimento di Randolph con Christabel) ""La mia inopportuna visitatrice è venuta e abbiamo parlato per un certo tempo. Quell'argomento è ora, io spero, chiuso e completamente chiarito." (Poss.237) (puntini p124)

Ellen e Leonora : il rifiuto del compromesso e la possessione

      Ellen e Leonora hanno nei confronti del rapporto tra il linguaggio e la realtà due atteggiamenti vicini che corrispondono a due forme di possessione. Da un lato Ellen rifiuta di compromettere la sua verità con le parole, relegando alle reticenze del Diario la funzione di creare una menzogna attendibile, dall'altro Leonora sovrappone alla realtà esterna la verità delle sue interpretazioni e delle sue parole; entrambe le donne rifiutano quindi di compromettersi con una realtà che non rientri nella rappresentazione che ne danno tramite il linguaggio, rifiutano cioè di uscire dal guscio intimo entro il quale si sono rifugiate. Le immagini dell'imtimità dominano infatti sia le parole di Ellen che quelle di Leonora: che si tratti delle descrizioni accurate della casa di Ellen, o dei minuziosi riferimenti anatomici di Leonora, in entrambi i casi il linguaggio diventa lo strumento attraverso il quale possedere la realtà e ricondurla ad una intimità rassicurante.
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