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La Demonic Analogy e il vampirismo letterario di The Game

     "Demonic Analogy" è un'espressione cui A.S.Byatt spesso fa riferimento per indicare il potere demoniaco di riconoscere nella realtà una rete di significati ricorrenti. Questo atteggimento  che accomuna i critici letterari agli scrittori è per A.S.Byatt particolarmente pericoloso e si traduce nelle sue opere in immagini di bestiale voracità. Questo è per esempio il caso di The Game, un romanzo breve del 1967, nel quale il tema del vampirismo letterario, che A.S.Byatt tratterà finemente nel 1990 con Possession,  viene espresso in modo molto esplicito e portato alle sue estreme conseguenze. Il personaggio della scrittrice Julia viene infatti presentato in termini esplicitamente animaleschi e cosituisce il carattere più rappresentativo della natura demoniaca che la finzione letteraria può assumere.

Possession, marmellata e seduzioni solipsistiche

     In Possession la metafora della marmellata rimanda in termini meno espliciti alle immagini di voracità presenti in The Game. La marmellata rappresenta infatti l'attività agglutinante svolta dai critici sui testi e il pericolo insito in questo lavoro di indiscriminata assimilazione. Questa pericolosità e ambivalenza del potere di stabilire analogie si dimostra quindi per A.S.Byatt una preoccuazione costante, un timore che la scrittrice definisce come tipico addirittura della nostra epoca:. "The modern fear that our metaphors, vehicle and tenor, come from our own heads and that nothing 'out there' correponds to them..."(La paura moderna che le nostre metafore, strumento e essenza, scaturiscano dalla nostra mente e che niente 'là fuori' corrosponda loro) (A.S.Byatt Passions of the mind, p.193). A.S.Byatt, come i suoi personaggi in Possession, riconosce un fascino ambiguo in questo potere e sostiene di aver  trovato allo stesso tempo "séduisant" e pericolose le idee "solipsistiche" del mondo come pura costruzione della mente umana.

"During my time as a writer such solipsist ideas of our experience of the world have increased highly in power. So that, whilst it was once attractive (séduisant) to think that whatever we say or see is our own construction, it now becomes necessary to reconsider the idea of truth, hard truth, and its possibility."

("Durante la mia vita di scrittrice queste idee solipsistiche della nostra esperienza del mondo hanno avuto sempre più potere. E' stato così che, mentre una volta era attraente (séduisant) pensare che qualsiasi cosa diciamo o vediamo sia una nostra costruzione, adesso sembra necessario riconsiderare l'idea della verità, della dura verità, e della sua pssibilità.") 

Demonic Analogy

     Il pericolo insito nel potere esilerante di stabilire infinite connessioni viene sottolineato dall'aggettivo "demoniaca" attribuito all'analogia da parte dello studioso, cui Byatt spesso rimanda, Gabriel Josipovici. Nel saggio People in Paper Houses A.S.Byatt così scrive a proprosito della moderna consapevolezza del linguaggio e del suo potere di trasformare la realtà:

"Gabriel Josipovici, in The World and the Book (1971), isolates what he calls 'demonic analogy'(*) as a function of modern self-consciousness about language. For Dante, analogies revealed the mirroring of eternal verities in temporal phenomena. For modern writers "to discover correspondances in the world around us does not lead to the sensation that we are inhabiting a meaningful universe; on the contrary, it leads to the feeling that what we had taken to be "the world" is only a projection of our private compulsions: analogy becomes a sign of dementia.... We become aware of it with  a shock of recognition, suddenly realizing... that what we had taken to be infinitely open and 'out there' was in reality a bounded world bearing the shape only of our own imagination... The effect of demonic analogy is to rob events of their solidity" (Josipovici)" (Passions of the Mind, p.177)

(" Gabriel Josipovici, in The World and the Book  ("il mondo e il libro") (1971) isola quello che chiama l'"analogia demoniaca" come una funzione della moderna consapevolezza riguardo il linguaggio. Per Dante, le analogie rivelavano il rispecchiarsi delle verità eterne nei fenomeni terreni. Per gli scrittori moderni "scoprire corrispondenze nel mondo che ci cironda non conduce alla sensazione di abitare un universo  pieno di significato; ma al contrario conduce alla sensazione che ciò che avevamo considerato "il mondo" era solo una proiezione dei nostri desideri più profondi: l'analogia diventa un segno di dementia (...). Ne diveniamo consapevoli con un sussulto di riconoscimetno,  realizzando all'improvviso  (...) che quanto avevamo considerato come infinitamente aperto e 'là fuori'  era in realtà un mondo circoscritto la cui forma ricalcava la nostra immaginazione (...). L'effetto della analogia demoniaca è quello di privare i fatti della loro solidità.")

In Possession A.S.Byatt ci presenta dei personaggi che sembrano appunto esser posseduti da una demonio di controllo sul mondo: il potere di creare analogie si rivolta contro di loro, rivelandosi una trappola che li imprigiona, come rileva Roland:

"We are so knowing. And all we've found out, is primitive sympathetic magic. Infantile polimorphous perversity. Everything relates to us and so we are imprisoned in ourselves - we can't see things. And we paint everything with the same metaphor-"(P.253-4)

("Siamo così acuti. E tutto quello che abbiamo scopero è primitiva mgi emptica. Perversione infantile polimorfa. Tutto si collega a noi e dunque noi siamo prigionieri di noi stessi...incapaci di vedere le cose. E diamo a tutto il colore della stessa metafora...") (Poss.259-260)

     In questo contesto, la marmellata si rivela un'immagine particolarmente efficace  perché riesce contemporaneamente a suggerire sia la perdita di "solidità" di cui parla Josipovici,  che il carattere  animalesco e vorace  dei personaggi.

The Game

      In The game (1967) A.S.Byatt  anticipa, rispetto a Possession, la trattazione del tema della voracità rappresentandolo in termini.più radicali. L'autrice costruisce una vicenda incentrata sul rapporto tra due sorelle - Julia, una scrittrice, e Cassandra, una ricercarice di Cambridge - e sul pericolo reale che risiede nell'atteggiamento vorace che Julia ha nei confronti della vita della sorella di cui "nutre" i propri romanzi. (Cassandra muore infatti suicida alla fine del romanzo). Di questo romanzo A.S.Byatt dice:

" My second novel, The Game, turned on various metaphors of the writer, the narrator, the storyteller as one who eats up reality. The novel had a central character who was a herpetologist...Coleridge used the image for the serpent for the Imagination. I saw novelists as consumers. I quoted Dr Johnson, who wrote of the 'hunger of imagination that preys incessantly upon life', and used the cliché 'food for thought' to represent the fate of people attacked  by the novelist-in-the-novel with the sharp teeth and gaping jaws of her fiction. I have known personally human beings whose lives have been wrecked or mutilated by being made the object of other people's fictive attaentions. And if fictions does not et up life, reality, truth, it rearranges it so that is forever unrecognisable except in terms of the fixed form, the set arragemement"(Passions of the Mind, p.22)

("Il mio secondo romazo, The Game ("il gioco"), finì per offrire diverse metafore dello scrittore, del narratore, del raccontatore come qualcuno che divora la realtà. Il romanzo aveva un personaggio principale che era un erpetologo (...). Coleridge usava l'immagine del serpente per l'Immaginazione. Vedevo i romanzieri come dei consumatori. Ho citato Dr. Johnson, che scrisse della "fame dell'immaginazione che depreda incessantemente la vita", e ho usato il cliché del 'cibo per la mente' per rappresentare il destino delle persone attaccate dal romanziere-nel-romanzo con i denti aguzzi e le mandibole della sua finzione letteraria spalancate. Ho conosciuto personalmente esseri umani le cui vite sono state distrutte o mutilate per esser stati fatti l'oggetto delle attenzioni narrative di altre persone. E se la finzione non divora la vita, la realtà, la verità, la trasforma tanto da renderla per sempre irriconoscibile (...).")

     In The Game il potere demoniaco della finzione, del linguaggio, viene descritto in termini esplicitamente animaleschi: l'intero mondo sembra dominato da una fame inarrestabile di notizie, fatti, vita, fama. Il pubblico televisivo viene definito "voracious" (p.158), l'intera cultura  ha "fame di fatti": "...one thing that characterizes our culture is a hunger for facts. A tremendous need to understand, to map out, to believe in the solid world we live in." (P.158) (una cosa che caratterizza la nostra cultura è la fame di fatti. Un bisogno tremendo di comprendere, creare mappe, credere nel solido mondo in cui viviamo).Simon, l'erpetologo, dopo aver partecipato ad uno show televisivo si lamenta dell'atteggiamento "famelio" con cui lo hanno accolto, e dice:" I won't appear any more in those shows. They make one feel savaged. Food for thought" (p.165) (Non apparirò mai più in questi show. Ti fanno sentire cannibalizzato. Cibo per la mente.")Non solo la televisione, ma tutte le forme di finzione condividono questa voracità: i romanzi di Julia si nutrono letteralmente del corpo di Cassandra, che per sopravvivere ha imparato, come le lucertole, a lasciare che la sola coda si stacchi e venga mangiata. Con le seguenti parole il narratore ci parla infatti di Cassandra:

"Like certain reptiles she(Cassandra) had learned to survive by leaving in Julia's hand the dead stump of the tail by which she had been grasped... Let Julia store and catalogue the limp relics of what had been Cassandra. Successive skins, discarded hair and nails, the dead stuff of  witchcraft, like the photographs, like the fiction."(The Game, p.222)

("Come certi rettili (Cassandra) aveva imparato a sopravvivere lasciando nella mano di Julia il mozzicone morto della coda con la quale era stata afferrata (...). Lascia che Julia conservi e cataloghi i resti malandati di quello che era stata Cassandra. Pelli successive, resti di capelli e di unghie, la roba morta della stregoneria, come le fotografie, come la finzione letteraria.")  

"Our fiction feed on us"

      I romanzi di Julia si cibano delle "unghie", della "pelle" e dei "peli" delle persone che la circondano e che possono dare vita alla sua finzione. Cassandra lo sa ma non può difendersi e afferma disperatamente al culmine drammatico della vicenda: "Our fictions feed on us". (Le nostre finzioni si nutrono di noi) (The Game, p.225) Questa è la considerazione estrema cui Cassandra giunge ormai sul punto del suicidio: si tratta di una affermazione radicale che ben si adatta alla tensione  narrativa del momento  e che rappresnta efficacemente il tono dell'intero romanzo The Game.

     Malgrado la particolarità del contesto nel quale viene pronunciata e la violenza espressiva che la caratterizza e la lega al tono di The Game, la frase "our fictions feed on us" potrebbe ugalmente essere considerata una sorta di monito e timore implicito anche del più complesso romanzo Possession. In Possession come in The Game, viene presentata tramite la consapevolezza che i personaggi hanno di poter "divorare" il mondo, quella preoccupazione costante di A.S.Byatt che le finzioni possano sopraffare la realtà. In entrambi i romanzi la riflessione sul valore della letteratura come costruzione autonoma e totalizzante della mente cosituisce infatti un tema centrale e un timore concreto che domina l'azione dei personaggi.

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