Con la metafora della marmellata, riferita nel romanzo agli studiosi del nostro secolo e ad Ellen Ash, A.S.Byatt rappresenta l'azione sulla realtà esterna che questi personaggi compiono attraverso il loro uso del linguaggio. I ricercatori ed Ellen tendono infatti a fare del mondo esterno un amalgama indifferenziato, offuscandone le particolarità individuali e temporali; tendono cioè a ricondurre ogni aspetto estraneo o doloroso della realtà ad immagini rassicuranti e note. Come in un'utopia, come in una immensa biblioteca di Babele o in un mondo originario, i personaggi cercano di assimilare tutta la cultura e tutta la realtà, di poterle possedere e dominare. Questa possessione si rivela però ambivalente: se da una parte il riportare tutto ad una realtà intima e rassicurante garantisce ai personaggi un'impressione di sicurezza e controllo assoluto, d'altra parte questa protezione ne limita la possibilità concreta di percepire una realtà differente dall'immagine che ne hanno. In altre parole la metafora della marmellata rappresenta il rapporto contraddittorio che i personaggi instaurano con il linguaggio: le parole garantiscono da un lato protezione e intimità, dall'altro però imprigionano in una rappresentazione del mondo invariabile e monocorde. Alla luce di queste considerazioni l'immagine della marmellata sembra quindi scelta molto opprtunamente perché concilia la rassicurante immutabilità dei riti domestici e il rischio di rimanervi invischiati.