Precedente Successivo

I "nidi" di Beatrice Nest: la caverna, il corpo materno, la minuscola casa

     Beatrice Nest è il personaggio che meglio rappresenta l'atteggiamento di identificazione che le donne hanno nei confronti della loro abitazione, contemporaneamente rifugio e loro prigione. Il cognonome stesso di Beatrice - nest, nido- segnala il legame indissolubile che questo personaggio ha con la propria abitazione: il nido in cui vive infatti è parte di lei e la identifica quanto il suo nome. A raddoppiare l'effetto di idenificazione con il proprio accogliente rifugio,  si aggiunge la forza con la quale il suo corpo si impone all'esterno. Agli occhi degli altri, infatti, Beatrice non è che un grande accogliente corpo:

"If people thought of Beatrice Nest (...) it was her external presence, not her inner life that engaged their imagination. She was indisputably solid, and nevertheless amorphous, a woman of  wide and abundant flesh, sedentary  swelling hips, a mass of bosom, above which spred a cheerful-shaped face." (P.112)

("Se qualcuno si soffermava a pensare a Beatrice Nest (...) era il suo aspetto esteriore, non la vita interiore, che accendeva la fantasia. Indiscutibilmente solida, eppure amorfa, una donna dal corpo carnosoabbondante, con fianchi sedentari, un seno enorme, sopra il quale si affacciava un viso dai lineamenti cordiali." (Poss.114)

      Beatrice è così descritta come un sorta di morbido accogliente e capace contenitore che, non avendo una forma propria, può ospitare dentro di sè qualsiasi cosa. La vastità di lei si combina singolarmente con l'angustia delle stanze in cui vive:

"In an innner room, beyond the typewriter cubicle, was a small cavern constructed of filing cabinets, inhabited by Dr. Beatrice Nest, almost bricked in by the boxes containing th diary and correspondace of Ellen Ash." (P. 27)

"She had a minimal private life. She lived, in 1986, and had lived for many years, in a tiny house in Mortlake." (P. 116)

("In una stanza interna, al di là del bugigattolo delle macchine a scrivere, gli schedari formvano una piccola caverna che ospitava la dottoressa Beatrice Nest, quasi murata viva tra le scatole contenenti il diario e la corrispondenza di Ellen Ash") (Poss.30)

("La sua vita privata era molto circoscritta. Nel 1986 viveva, e ci viveva da molti anni, in una minuscola casa a Portlake.") (Poss. )

     Mentre il corpo subisce un processo di dilatazione, la casa ne subisce uno di riduzione: le dimensioni dell'uno e dell'altra si avvicinano e i confini si annullano a formare un unico corpo, in cui la pelle assume il valore di vero e proprio muro difensivo (concetto a cui rimandano le discussioni che Ash e Christabel fanno a proprosito dell'"ispessimento" della pelle). L'effetto di questa metamorfosi è quello di fornire l'immagine di un personaggio la cui identità coincide totalmente con la solidità del corpo e la protettività degli ambienti in cui vive. Beatrice si mostra così come il personaggio più stabile e chiuso.

      Il narratore la descrive come irrevocabilmente ancorata ad una situazione in cui nè il tempo, nè lo spazio sembrano poter cambiare: Beatrice è infatti "monumently still"(P.117) ("monumentalmente immobile", Poss.119), "murata viva" tra gli schedari dai quali non si allontana mai: "She never crossed the threshold, now, of her old college" (P.116) (Adesso non varcava mai la soglia del suo vecchio collegio", Poss.118). La stessa irremovibilità mostra nei confronti del passare degli anni; il mondo le è estraneo e  le cambia accanto senza scalfirla:

"She discussed with students, mostly female, swing-skirted and lipsticked in the Fifties, mini-skirted and trailing Indian cotton   in the Sixties, black-lipped under Pre-Raphaelite hairbrushes in the Seventies, smelling of baby lotion, of BlueGrass, of cannabis, of unadulterated feminist sweat, the shape of the sonnet through th ages." (P.116)

("Discusse con gli studenti, per lo più ragazze - in gonne godet e labbra lucide di rossetto negli anni Cinquanta, in minigonna o in strascicante cotone indiano negli anni Sessanta, con le labbra nere sotto cespugliose capigliture pre-raffaelite negli anni Settanta, profumate di lozioni per bambino, di lavanda, di canapa indiana, di muschio, di sudore femminile non adulterato - della forma del sonetto attraverso i secoli." (Poss.117-8)

     La solidità e fissità del carattere di Beatrice è associata alla mancanza di un'identità autonoma. I suoi colleghi le attribuiscono infatti piuttosto una "identità metaforica" che sottolinea le caratteristiche di madre protettrice, rinchiusa nei suoi spazi angusti, intenta ad allontanare gli eventuali aggressori.

"If they thought of her harder, those few people who knew her,(...) might add a metaphoric identity . Cropper thought of her in terms of Carrol's obstrtuctive white sheep, Blackadder (...) thought of her as one of those puffed white spiders, bleached by the dark, feeling along the threads of her trap from her central lair. The feminist (...)saw her as some kind of guardian octopus, an ocen Fanfir, curled torpidly round her hoard, putting up opaque screens of ink or watery smoke to obscure her whereabouts." (P.112)

(" Pensando a lei con più attenzione, quei pochi che la conoscevno, (...)potevano aggiungere un'identità metaforica. Cropper (...) la vedeva alla stregua dell'intralciante pecora bianca di Carrol. Blackadder (...) la immaginava come uno di quei tronfi ragni bianchi scoloriti dal buio, che dal rifugio al centro della propria trappola captano i segnali lungo i fili. Le femministe (...) vedevano in lei una specie di custode polipoide, oceanico Fanfir, torpidamente avvinghiato al suo tesoro, che solleva opachi shermi di inchiostro(...) per accecare chi gli gira intorno." (Poss.114)

     La complessità del brano induce a varie considerazioni: Beatrice viene percepita da chi la circonda come una persona che si riconosce totalmente nel proprio lavoro di custode del diario di Ellen Ash, tanto da risultare trasformata nel corpo che impallidisce al buoio. Il colore bianco ne suggerisce la sterilità larvale. Viene poi paragonata a degli animali - il polipo e il ragno- che si distinguono per l'autosufficienza e la circolarità delle immagini che evocano. L'immaginazione del lettore può poi percepire altre associazioni: l'identificazione contenente-contenuto e Beatrice-contenente può dilatarsi a quella Beatrice-contenuto: se Beatrice (contenente) è "nido", Beatrice (contenuto) è anche uova e uccelli. La serie di animali alla quale viene, non sempre esplicitamente, paragonata si allarga così fino a renderla un vero e proprio caso esemplare tra le figure femminili di questo romanzo. Beatrice è contemporaneamente: ragno, polipo, pecora, uccello, uovo e nido; è quindi una sorta di figura riassuntiva che assomma in sè molte delle connotazioni femminili del romanzo: l'immagine dell'uovo, infatti, ricorre per descrivere la chiusura sia di Maud che di Christabel, l'uccello descrive la frugalità e la prigionia di Christabel,  il ragno descrive  l'autoreferenzialità e l'autosufficienza di Christabel.

     Infine le "identità metaforiche" attribuitele dai colleghi ne sottolineano la funzione protettrice: Beatrice infatti è colei che si cura che il diario, e quindi il ricordo di Ellen e Randoph Henry Ash, non vengano avvicinati da chi non userebbe il necessario riguardo. (LINK) Il suo ruolo di solida custode è evidenziato anche dalla presenza all'interno dei suoi ambienti di una torre - "there was a whole barbican of index boxes, thick with dust and scuffed with age" (P.118)("c'era una vera e propria torre di schedari, coperti di polvere e consumati",  Poss.119)-  e dal sentimento di ostilità che nutre verso i "maschi dipartimentali"(Poss119) che percepisce come intrusi che la perseguitano: "she saw all male members of her quondam department as persecutors" (P.118) (".... viveva tutti i membri di sesso maschile del suo antico dipartimento come persecutori" (Poss. 119). Beatrice mostra così di far coincidere la barriera protettiva con la quale difende la propria autonomia con le difese che pone all'intrusione di colore che vogliono sconsideratamente frugare nelle memorie di Ellen, e di conseguenza ribadisce ancora una volta le coincidenze che la identificano come figura femminile esemplare: tra lavoro e vita, tra oggetto di studi e sè stessa, tra sessualità e studio, tra contenenti e contenuti.

Precedente Successivo