Messo in bocca ad uno scienziato, il termine mi ha incuriosito.Che le scoperte in tutti i campi siano una coktail di sapienza e fortuna, lo sappiamo fin dalle elementari, ma che in questa complicata alchimia entrasse anche la serendipità, non lo avevo mai sentito. Stuzzicato, sono andato a spulciare i dizionari con Babylon (sia benedetta la mano che lo creò) e ho scoperto che, curiosamente(?), la s. è definita in modo diverso nei dizionari inglesi e italiani.
L’Oxford concise la definisce “the faculty of making happy and unexpected discoveries by accident” mentre l’Hazon Garzanti traduce il termine inglese come: “serendipità, fortuna strepitosa (nel trovare cose di valore senza cercarle)”
Come si vede, nella versione italiana si è persa totalmente la facoltà o capacità di… (“Lost in traslation“, direbbe Sofia Coppola).
Non è una differenza da poco, direi. Nella versione nostrana è puro e semplice “culo”, mentre in quella inglese il fortunato deve anche metterci del suo, avere una capacità o facoltà che non tutti possiedono: insomma è una sorta di Paganini della fortuna e io ne conosco uno di questi fenomeni: è mio figlio Marco che, nel corso della sua giovane vita ha trovato tanti di quegli oggetti preziosi che a me non basterebbe una vita da Matusalemme per arrivare “piazzato” alle sue spalle.
Ho sempre pensato che avesse una dote particolare, ora so che si chiama serendipità.
Buffo che per trovare la definizione giusta del suo dono sia dovuto passare per gli scavi di una pseudo-tomba di faraone nella Valle dei RE.