Kiappatutto

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Inspiegabilmente, si rifiutava di prendere la scatola per insaccarla nella sua capace sporta per la spesa. Aveva proprio l’aria di un rifiuto, non di una banale distrazione o di un ritardo nella risposta. Kiappatutto, glielo aveva affibbiato lei quel soprannome, le scodinzolava dintorno con l’aria più innocente, guardandola sorridente, come al solito, mentre la seguiva fra gli scaffali del supermercato, il solito supermercato dove andava a rifornirsi settimanalmente dopo la strigliatina rilassante dal “parrucchiere”.

Per tutto il tempo in cui i robot fitness l’avevano lavata, massaggiata, pettinata, ritoccato il colore dei capelli e dell’abbronzatura invernale se ne era rimasto tranquillo, nello stato “buono-buono” con le iridi lampeggianti di azzurro spento, ad indicare la sua condizione di stand-by e, al suo “andiamo, kiappatutto” aveva ripreso a seguirla con la solita aria scodinzolante: docile e contento come sempre.

Cosa gli saltava in mente, adesso? “Apri la sporta, ciccio”. OK, funzionava. Luisa guardò dentro la sporta per controllare se fosse già piena. Non lo era. “Prendi anche questo, allora” Per tutta risposta, Kiappatutto chiuse precipitosamente la sporta. “Per favore, metti questo nella sporta”, senza dire né a né ba, il robot si girò per voltarle le spalle, allontanando il suo decodificatore di codici dalla scatola che gli veniva porta.
“Ma che bel tipo che sei! Ha visto anche lei, fa i capricci” disse Luisa, rivolgendosi ad una signora che si era fermata a guardare la scena, seguita da un robot portatore primitivo, dall’aria un po’ stolida, fornito di ganci esterni a raggera per appendervi i sacchetti.

“Ci vuole pazienza, signora, con questi qui dell’ultima generazione. Il mio è un po’ tonto, poverino, ma ci sono affezionata e non mi ha mai piantato in asso. Non riesco a decidermi di cambiarlo.”

“La capisco; quando mi hanno regalato Kiappatutto per la mia festa e hanno portato via quello vecchio, mi piangeva il cuore. Mi hanno detto che lo portavano da una vecchia signora sola a cui era morto il suo e mi hanno garantito che lo avrebbe trattato bene. Se è vero, è andato a stare meglio che in casa nostra: abbiamo tre figli che mangiano come cavallette e farei meglio a farmi portare la roba a casa con il furgone del sevizio “Lasciami-fare”. Ma sono abituata così: mi piace scegliere personalmente e approfitto anche dell’occasione per farmi coccolare dai robot massaggiatori: sono così premurosi e delicati.”

“Ha ragione. Noi abbiamo provato per un mese a lasciare tutto in mano al dispensiere. Non le dico… ci toccava mangiare quello che piaceva a lui. Perché poi, diciamocelo, non è altro che un frigo automatico programmato da chissà chi. Il nostro è cinese, costa meno, ma cosa vuole che ne capisca di quello che serve in casa nostra. Ha il programma “Europa” naturalmente, ma cosa vuole, certe abitudini non gliele leva nessuno. Guai se rimaneva senza germogli di soia, per dirne una. Non dico che siano indigesti o altro, ma noi non siamo abituati a mangiarli così spesso. Adesso l’abbiamo messo in modo semiautomatico: gli abbiamo detto cosa vogliamo che conservi nel suo pancione e lui non fa altro che stamparmi tutto quello che sta per finire; sarà scontento di non poterci tenere a dieta a modo suo. Ecco, questa è la lista di oggi; c’è anche la cioccolata al latte e il nocino che lui non si sognava mai di ordinare.
Io mi tiro dietro questo bestiolino servizievole che mi porta la spesa fino in macchina e, arrivati a casa, la scarica e la stiva in frigo; io continuo a chiamarlo frigo; se mi sentisse, si offenderebbe.”Kiappatutto

“Va d’accordo con il suo dispensiere, il frigo insomma? Ho sentito certe storie…”

“Come dico, gli abbiamo un po’ abbassato la cresta. All’inzio si metteva in comunicazione diretta con il servizio consegne automatiche “Non ci pensare più” con il bel risultato che avevamo delle scorte di salsa di soia da annegare Sciangai e decine di barattoli di spezie dell’altro mondo: roba che non so neanche pronunciare. Adesso che la spesa la facciamo io e questo bestiolino affezionato le cose vanno meglio. Ogni tanto si sfoga con il ghiaccio: si mette a snocciolarne fuori dei chili nel cuore della notte; è capace di continuare per un’ora. Noi teniamo la porta chiusa, altrimenti ci sveglierebbe con il rumore. Abbiamo disattivato anche la voce, sennò si metteva a chiamare alle tre del mattino. Ma bisogna capirlo poveretto, forse è anche colpa nostra che gli abbiamo confuso le idee; dev’essere rimasto sul fuso orario di Pechino o ha degli incubi.”

“Eh… ci vuole proprio pazienza, come con quel bel tipino qui che non mi lascia prendere questa vassoietto di pesce… scusi signora, ho visto un commesso umano, in carne ed ossa: un miracolo… Scusi giovanotto, mi potrebbe aiutare? Kiappatutto, il mio robot portatore, non mi lascia prendere questa confezione di spigole, forse lei ne capisce più di me.”

“Faccia vedere… scadono domani, ma ha ragione lui, la confezione è danneggiata in un angolo, non è più perfettamente sottovuoto, o meglio, potrebbe non diventarlo se venisse schiacciata. Lasci a me, le ritiriamo dalla vendita per precauzione. Ci scusi.”

“Grazie. Ehi Kiappatutto, ma quante ne sai, con la tua arietta da bravo bambino? Non ti facevo così furbetto. Niente pesce, stasera, però. Pazienza; quando uno ha ragione, ha ragione.”

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