Il bugiardino

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AlchimiaIl “bugiardino”, come lo chiamano gli addetti ai lavori, sarebbe quel foglietto ripiegato ad organetto che impedisce un comoda estrazione delle medicine dalla loro scatola. Da qualunque parte la si rigiri, per riuscire a raggiungere il blister con le pillole, bisogna, prima, estrarre il maledetto foglietto. Saggezza vorrebbe che lo si buttasse via immediatamente la prima volta, ma capita, invece che, in un momento di debolezza, ci si lasci andare a dispiegarlo e, giunti a quel punto, si tenti di leggerlo.

La parte iniziale, in caratteri microscopici e con linguaggio criptico, contiene la descrizione del farmaco. Non c’è mai scritto, intendiamoci, “Fa passare il mal di testa” o altre notizie utili che lo rendano chiaramente distinguibile, a colpo d’occhio, con le pillole che si occupano, invece, di combattere il mal di gola. Troppo facile, non meriterebbe l’ambito nome di bugiardino, sennò.

La seconda parte, di solito, indica in modo infido ed estremamente ambiguo la posologia, che, in italiano, vorrebbe dire quante-ne-devi-prendere e, magari, anche quando e quante volte al giorno. E’ chiaro che un bestione di 120 kg va trattato con dosi più massicce di uno scricciolo di 42, ma la faccenda non viene mai posta in questi chiari termini ponderali. Se si è fortunati, l’indicazione si sbilancia a dire: una o più pillole ogni sei/dodici ore, durante i pasti. Come dire: “Vedi un un po’ tu, gringo…”.
Naturalmente, non manca mai “… o secondo prescrizione medica” che suggerisce chiaramente che qualsiasi danno ti possa capitare, o è per colpa tua che non hai consultato il tuo dottore o sua che ti ha dato l’imbeccata sbagliata. Loro, i signori produttori di farmaci, te lo avevano detto a chiare lettere cosa dovevi fare.
Resterebbe da soddisfare anche una curiosità riguardo al numero di pasti al giorno che un cristiano, seppure afflitto da mal di testa, dovrebbe consumare, ma lasciamo perdere, perché il bello viene nella terza parte del foglietto: quella che indica i malanni che il farmaco combatte e, soprattutto, le controindicazioni.

Se uno sa di essere un tipo nervoso, propenso alle arrabbiature e a pericolosi scatti d’ira, come Alessandro Magno, desista immediatamente dalla lettura di questa ultima parte, rinunciando a gustarsi un capolavoro di malafede, ambiguità e sadismo mascherato dentro un vello d’agnello.

I più dotati di spirito, i buontemponi ipervaccinati, invece proseguano perché ne vale la pena. Nelle poche righe finali del bugiardino si concentra, infatti, tutta la sapienza comunicativa di uno stuolo di azzeccagarbugli di alto rango, strapagati per rendere minacciosamente oscure le ineludibili reticenze e le inconfessabili verità, scoperte dai medici durante le compiacenti sperimentazioni del farmaco.

In fondo FARMACON in greco non vuole dire altro che veleno, perché non alludere, allora, seppure enigmaticamente, alle potenzialità negative che sarebbe in grado di sviluppare?
Certo non si troveranno mai affermazioni esplicite del tipo: “Può provocare fantastiche emorragie allo stomaco”, ma più sottili accenni alla possibilità che “…in individui particolarmente sensibili possano verificarsi occasionalmente… ” non stonano, anzi.
Che speranze di guarigione potremmo mai riporre, del resto, in una medicina del tutto innocua o, addirittura, dal sapore gradevole? Fatalmente non si tratterebbe di nient’altro che di un banale placebo: mica panis, aqua fontis. E che ci casca? Siamo tutti furbissimi, noi.

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