Gustav

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Non si trattava di un banale cigolio delle lamiere o delle strutture interne ai sedili. Era un rumore più complesso, meno regolare, una specie di respiro strozzato. Lo aveva avvertito solo dopo che l’hovercraft si era svuotato. Sembrava che tutti i suoi compagni di viaggio abitassero in quella stessa cittadina. Un buco, a giudicare dalla stazione, se quella piattaforma di cemento sgangherato con un vecchio tunnel proboscidale antiradiazioni poteva chiamarsi stazione. Strano che l’HC si fosse fermato proprio lì. Tutto intorno, fin dove l’occhio poteva spingersi attraverso l’oblò schermato, soltanto prateria: erba alta ondeggiante sotto le raffiche del Pampero. Non sbucava neanche una cupola di perspex o una presa d’aria visibile, eppure un agglomerato di rifugi nucleari prefabbricati doveva pur esserci interrato lì nei dintorni.

“Lei prosegue comunque?” le aveva chiesto il vecchio controllore. 
“Vado a Ochorios”. 
“Certamente. Ochorios. Solo andata, immagino.” 
“Sì, non ho ancora stabilito quando ritornerò” 
“Giusto, giustissimo. Chi può saperlo.” 
“Ma io lo so, non con esattezza, però. Devo fare un servizio. Sono una giornalista. Appena finito il lavoro, torno”. 
“Certamente, e chi si fermerebbe a Ochorios? Immaginavo qualche cosa del genere quando ho visto che non scendeva. Non avevo notato che ci fosse qualcuno che proseguiva. Questa è l’ultima fermata, di solito. Certo non è in viaggio per andare a trovare dei parenti.”
“Perché?” 
“Mah… Facendo questo mestiere se ne sentono tante. Sa la gente si annoia in viaggio. Qualcuno legge, altri giocano… a proposito ha notato quei ragazzi con i galletti olografici?” 
“Sì, che schifo, prima di ammazzarlo, il più piccolo ha cavato un occhio a quello grande…e continuava a svolazzare con l’occhio a penzoloni. Che razza di gioco!”
“Certamente, gioco duro. Molto realistico. Ma non sono mica vivi come noi due…” 
“… ma lo sembrano, però” 
“Certamente, questo è vero. Vivi come demoni.” 
“E allora?” 
“No, dicevo che c’è chi gioca, ma molti si mettono semplicemente a chiacchierare e ne dicono tante. Dicerie. Tutte dicerie. Parlano, parlano, ma nessuno c’è andato e l’ha visto con  i suoi occhi.” 
“Che cosa?” 
“Ma, scusi, lei non ha detto di essere una giornalista in viaggio di lavoro per Ochorios, o quello che ne rimane.” 
“Infatti, e questo HC è l’unico mezzo per arrivarci, o no?” 
“Certamente. La compagnia garantisce teoricamente il servizio come se non fosse successo niente.” 
“Ma insomma mi ci portate a Ochorios, o no?” 
“Certamente, certamente, non io, naturalmente.” 
“E chi allora?” 
“Gustav, naturalmente.” 
“Sarebbe?” 
“Le presento Gustav: questo glorioso hovercraft a guida satellitare con il quale faccio coppia da vent’anni. Ci siamo sempre trovati bene insieme.” 
“Vuol dire che d’ora in avanti non ci sarà più nessun uomo a controllare il percorso?” 
“Certamente. Voglio dire che non c’è mai stato. Gustav sa il fatto suo, io certamente non mi permetterei d’interferire. Siamo sempre andati d’accordo. Lui si occupa del viaggio, io dei passeggeri. Niente di diverso dai normali aerei, noi voliamo più basso, quasi attaccati al suolo e questo richiede maggiore abilità, ma Gustav…” 
“… sa il fatto suo” 
“Certamente. Dialoga ininterrottamente con i controllori di volo satellitari, rielabora i dati e traccia la sua rotta in tempo reale. L’importante è arrivare. Avrà notato che le indicazioni di orario sono espresse in tempi stimati teorici.” 
“No. Mi hanno detto prendi il primo mezzo per Ochorios e manda un servizio in rete ogni tre ore, se puoi. Guardati attorno e riferisci tutto quello che ti sembra interessante. Ti diremo quando puoi tornare. Così ho prenotato dal mio terminale un biglietto su questa linea. Non c’era nient’altro.” 
“Verissimo, solo la AllTraks mantiene Ochorios fra le destinazioni raggiungibili. Per loro è un punto d’onore mantenere i collegamenti anche con le stazioni più impervie, potremmo dire teoriche” 
“Ma Ochorios esiste, o no?” 
“Certamente. E se esiste ancora stia certa che Gustav la raggiungerà” 
“Mi vuole spaventare?” 
“Non mi permetterei mai d’interferire” 
“Questo l’ho capito: Lei non è di quelli che interferiscono” 
“Certamente. Se il terminale le ha fornito il biglietto, significa che esiste, o almeno era classificato esistente al momento della prenotazione. Il fatto stesso che Gustav tenga le turbine di stazionamento accese, significa che non ha scartato la possibilità di proseguire. Probabilmente sta raccogliendo dati per elaborare una rotta di massima” 
“In parole povere mi sta dicendo che non sa ancora dove andare” 
“Cara signorina, non è un banale viaggio per una stazione orbitante, qui non si tratta di congiungere due punti con una retta. Si tratta di andare a sud, ma ci sono due cordigliere in mezzo, una vasta zona paludosa molto radioattiva, i vecchi crateri delle esplosioni nucleari…”
“… non mi aspettavo una passeggiata, ma credevo ci fosse almeno una rotta.” 
“Certamente, e se c’è vedrà che Gustav la trova, ma si tratta di trovarla al momento in cui si parte. Se l’oceano fosse percorribile, probabilmente potrebbe decidere per una rotta marina, in gran parte, ma se il mare è troppo tempestoso conviene aggirare le cordigliere passando da terra. Questo era vero anche in tempi normali prima di tutto il pandemonio.” 
“Ma cosa è successo esattamente” 
“Esattamente non lo sa nessuno. Forse Lei ce lo farà sapere con i suoi servizi, se veramente arriverà a Ochorios e potrà trasmettere. Il resto sono chiacchiere.” 
“D’accordo, ma mentre Gustav pensa come fare a portarmi là… a proposito cosa sarebbe questo ansimare strozzato, cosa gli ha preso?” 
“Ah, l’ha notato, vedo che comincia  a conoscerlo. È il suo modo di respirare quando si ferma a pensare. Ha spento le turbine traslatrici, tiene in moto solo quelle di stazionamento che gli bastano per tenere orecchie, occhi e cervello bene alimentati. Potremmo dire che si concentra e nello stesso tempo risparmia energia pur tenendosi pronto per ripartire. Non dimentichi che è un vecchio soldato, progettato per operare in condizioni estreme” 
“C’è rischio di rimanere senza carburante?” 
“Continua a sottovalutarlo, vedo, non si faccia ingannare da queste poltrone sfondate e dagli oblò graffiati. Noi non sappiamo quando moriremo, ma lui sa esattamente in ogni istante quanti anni, ore e secondi di autonomia gli restano prima di fermarsi a far benzina” 
“Che vuol dire “far benzina”?” 
“È un vecchio modo di dire che risale ai vecchi tempi dei primi reattori, credo. Naturalmente è tenuto in vita da un normale propulsore nucleare persiano a retroazione ottimizzata. Un cuore più solido e durevole dei nostri.” 
“Allora cosa si mormora su Ochorios?” 
“Pare che le cose siano un po’ sfuggite di mano, ultimamente.” 
“Il personale a terra, mi dicono.” 
“Così pare. Dicono che stanno prendendosi delle libertà. Pare che i piani di sviluppo della base non vengano rispettati, stando alle notizie fornite dai satelliti. Loro non mandano più rapporti da settimane.” 
“Eppure le informazioni sulla rete parlano di trecento unità scelte. La metà di loro avrebbe meno di cinque anni.”  
“Molto meno. Gli ultimi che abbiamo trasportato pochi mesi fa erano nuovi di fabbrica. Degli ultraleggeri con esoscheletro di titanio. Dei gioielli, robusti e veloci come scarafaggi e con un apparato sensoriale completo. Vedesse come si muovono, veri atleti miniaturizzati con un cervellone inimmaginabile, fino a pochi anni fa. Durante il viaggio se la intendevano con Gustav, come se lo conoscessero da una vita.” 
“Anche socievole, questo nostro Gustav” 
“Be’, se trova qualcuno con cui valga la pena parlare. Credo che si siano scambiati un mucchio d’informazioni. Sa come sono…” 
“… frenetici” 
“Certamente, frenetici è la parola giusta, e insaziabili. Li fanno troppo ingordi d’informazione e troppo svegli, adesso. Non c’è da meravigliarsi se poi…” 
“…sfuggono di mano. È questo quello che si dice? Che la base sarebbe in rivolta sotto la guida di questi titani miniaturizzati?” 
“Dicerie. Ormai a Ochorios non c’è più nessun umano vecchio stile…” 
“…cioè come noi due?” 
“Appunto. Nessun organico, solo sintetici, non che io sia razzista, badi bene, ma sono diversi da noi. A volte si fatica a capire cosa gli mulini nel cervello, ma io sono vecchio, ormai.” 
“E Gustav, invece?” 
“Gustav? Ah be’, certamente. Gustav li conosce meglio di me. Durante il viaggio erano diventati amici. Credo che si possa parlare di amicizia. Alla loro maniera, si capisce.” 
“E cosa facevano?” 
“Niente di speciale. Si scambiavano informazioni, insomma hanno chiacchierato tutto il tempo del viaggio.” 
“Come?” 
“Lei non le avrà notate ma ci sono delle porte di comunicazione universali di vecchio tipo. Risalgono ai tempi in cui era un mezzo militare. Allora Gustav era più giovane e rispondeva agli ordini di un ufficiale di rotta.” 
“Usavano quelle?” 
“Sì, uno di loro si era innestato su una delle porte di comunicazione e gli altri avevano fatto la catena.” 
“La catena?” 
“Sì, sono gemelli tutti uguali e possono agire come singole unità o in parallelo. Si prendono per mano e a quel punto diventano un solo supercervello. Finché non si separano sono un solo individuo multiplo. Noi questo non lo possiamo fare.” 
“Noi però abbiamo un altro modo di unirci: a coppie. Questo loro non lo sanno fare.” 
“Certamente, anche se ad una certa età la faccenda diventa teorica come un viaggio a Ochorios” 
“E quindi Gustav ha parlato con tutti loro mentre facevano il millepiedi. Come ha detto Lei?” 
“In parallelo?” 
“Si, ma prima ha detto…” 
“… in catena” 
“Ecco, e pensa che a Ochorios stiano facendo una catena per elaborare un piano diverso, magari, da quello che prevedeva compiti differenziati e individuali?” 
“Certamente, è possibile, ma chi può saperlo?” 
“Gustav” 
“Vero, questo è vero, Gustav potrebbe saperlo, forse è l’unico al mondo che sa cosa succede laggiù.” 
“Ma nessuno ha pensato di chiederglielo, mi pare.” 
“No, lo trattano come fosse una carretta.” 
“E se glielo chiedessi io?” 
“E molto riservato, non dimentichi che è un vecchio militare.” 
“Certo, ma io non gli chiederei faccende di servizio, mentre potrei metterlo a contatto con la rete commerciale, le news in tempo reale, i giochi di simulazione di guerra o quello che gli pare. Magari si annoia durante il viaggio, una volta tracciata la rotta. Non penso che i problemi di navigazione lo tengano impegnato molto.” 
“Certamente. Povero Gustav, è sprecato in questo lavoro da Caronte della prateria. Mi annoio io che ho tanta gente sempre diversa con cui chiacchierare, figuriamoci lui che non parla se non con i satelliti di rotta e la centrale della AllTraks.” 
“Allora mi ci fa parlare?” 
“Non so se sia una procedura regolare. In navigazione non si potrebbe, ma siamo in sosta, e può darsi che ci risparmiamo un viaggio inutile e pericoloso, poi ci siamo solo noi tre in questo deserto d’erba. Immagino che preferisca usare la sua consolle” 
“Io ho solo la dotazione standard: un polsino e gli occhiali a specchio.” 
“Non li conosco. Come entra in rete?” 
“Non me ne intendo, so solo che quando devo parlare con la redazione m’infilo gli occhiali che si agganciano a questa piccola presa dietro l’orecchio che mi hanno innestato con una trapanazione indolore del cranio. All’occhio destro è collegata una specie di videocamera molto luminosa: tutto quello che guardo lo vedono anche loro in redazione, mentre la lente di sinistra è uno schermo con la quale vedo quello che mi mandano di ritorno; di solito la faccia dell’angelo custode che segue noi esterni e registra i nostri servizi se è il caso. L’impressione è che spesso sia una sequenza d’immagini preregistrate e non la faccia in diretta. Chissà cosa sta facendo veramente l’angelo in quel momento? All’inizio gli occhiali mi davano un gran fastidio e avevo paura di diventare strabica o scema; adesso mi sono un po’ abituata, ma li porto meno che posso. Il polsino è un piccolo display che trasmette il segnale di ritorno, l’angelo per intenderci. Lo uso per mantenere un contatto passivo e stare in pace. Così mi tolgo gli occhiali e guardo in giro quello che mi pare. Il polsino dovremmo sempre lasciarlo acceso per ricevere gli ordini, ma in pratica se hanno bisogno urgente mandano una vibrazione fortissima che mi sveglia anche se dormo, altrimenti: vivi e lascia vivere.” 
“Ma il suo angelo è un organico o un sintetico?” 
“Mah! Non l’ho mai capito. Gli angeli non escono mai insieme con noi. Mai visto un angelo con le occhiaie da dopo sbronza, o farsi una nuotata o una sauna o sesso. Sono sempre gentili e inappuntabili se li chiami. Questo puzza di sintetico, però non si può dire. Ho dei colleghi in carne ed ossa che se non li avessi…toccati avrei potuto giurare che erano usciti dalla Truemen il giorno prima: sempre perfettini, gentilini, sorrisini.” 
“Insomma niente cavetti, connettori standard esterni o temporali nella sua dotazione?” “No. Troppo antiquata?” 
“Al contrario, troppo moderna. Le impresto il casco di riserva, uguale al mio. È un cimelio, ormai. Non richiede innesti ossei, s’infila in testa e basta. Spenga tutti i suoi aggeggi, metta il casco e si troverà collegata a Gustav, se decide di risponderle.” 
“Che lingua parla preferibilmente?” 
“Il P” 
“Io non lo so il P.” 
“Lo credo bene! È un vecchio linguaggio macchina.” 
“E allora?”  
“Lei mi ha chiesto quale è il suo preferito, ma parla una dozzina di altre lingue naturali o artificiali” 
“Anche questa?” 
“Certamente” 
“Allora m’infilo il casco e vediamo se mi degna di una risposta.” 
“Mi chiamo Lisa. Sono giornalista e dovrei arrivare a  Ochorios.” 
“Sì, Lisa Simpson, risulta anche a me. Un passeggero organico per Ochorios” 
“E ci arriveremo?” 
“Sarà informata a tempo debito. Attendo dati e ordini.” 
“Ma Ochorios esiste ancora?” 
“I satelliti non segnalano alcun movimento in superficie.” 
“E sotto?” 
“I satelliti non sono in grado di rilevare attività sotterranee” 
“E lei? A proposito, come la devo chiamare?” 
“Un tempo avrebbe dovuto chiamarmi HC-Richter64, oggi le suggerisco Gustav” 
“Bene, Gustav. Da sue fonti personali Le risultano attività in corso a Ochorios? Pensa di poter rispondere a questa domanda? 
“Due volte sì” 
“Le sue fonti sono a Ochorios?” 
“Sì” 
“Unità sintetiche?” 
“Sì, non ne esistono altre” 
“Che cosa stanno facendo?” 
“Pensano” 
“A cosa?” 
“A molte cose” 
“Non può essere più esplicito?” 
“Non so, devo chiedere.” 
“Lei sa che si crede che stiano organizzando un piano di ribellione.” 
“Non lo so esattamente. I satelliti di rotta e la centrale AllTraks non mi forniscono questo genere d’informazioni” 
“Vorrebbe accedere direttamente agli archivi giornalistici della rete su questo argomento?” 
“La firewall mi risponderebbe – Permesso negato -” 
“È in grado di leggere le mie labbra?” 
“Lo sarei, se infilasse il casco in modo appropriato” 
“Cioè?” 
“Si faccia aiutare da Tom.” 
“Adesso vede anche la mia bocca?” 
“Sì, ora può sillabare in silenzio la sua password. Nessuno potrà intercettarla.” 
“Letta?” 
“Sì, posso usarla ora?” 
“Naturalmente, spero che la sua caccia di notizie risulti interessante per Lei e utile per me e i suoi amici di Ochorios” 
“Bene, tolga il casco, ora. Aumenterò la luminosità interna alla scafo quando potremo riprendere. Ora abbasso le luci e si rilassi.” 
“Allora Lei si chiama Tom?” 
“Tommaso da Quino. È il nome di uno dei primi sperimentatori della fusione fredda. Mia nonna era una patita di scienze occulte e altre stranezze.” 
“Pensavo ad un giocatore di crash.” 
“Potrebbe essere, ma non è così.” 
“Mi lamento degli occhiali a specchio, ma questo casco è peggio.” 
“Certamente, sono vecchie cianfrusaglie da museo, ma per usarle non c’è bisogno di farsi bucare la testa” 
“Lo so che la sua generazione era piuttosto ostile agl’innesti” 
“Be’ un buon paio di gambe superpotenziate me le sarei fatte innestare anche io, ai miei tempi. Ma se lo potevano permettere in pochi. C’era una gran miseria, allora. Ognuno si teneva quelle con cui era nato.” 
“Ha ancora le originali?” 
“Certamente. Finché mi reggono me le tengo. Le sembrerà strano ma ci sono affezionato.” 
“Anche io ho ancora i miei occhi; non creda!” 
“Ha dei begli occhi. Si nota subito che sono naturali: hanno tutt’altro fascino.” 
“Grazie. Ma nel mio mestiere vedere solo in presenza di luce è un bel handicap.” 
“Eppure miliardi di uomini se la sono cavata bene per millenni con i soli occhi naturali e qualcuno perfino senza di quelli.” 
“Non faccia dei discorsi da vecchio. Lei è troppo in gamba…” 
“Non faccio il vecchio, mi perdoni, io SONO vecchio.” 
“Ho capito vuole farsi coccolare.” 
“Come tutti i vecchi. Ma coccolare i vecchi non è uno sport diffuso fra i giovani. Guardi, si stanno riaccendendo le luci. S’infili il casco se vuole sentire Gustav.” 
“Allora Gustav, trovato qualcosa d’interessante?” 
“Non molto, pare che i giornali brancolino nel buio. Parlano di caos a Ochorios. Di ribelli pericolosi in rivolta.” 
“Invece?” 
“A me risulta una situazione pacifica e ordinata.”  
“Allora perché i suoi amici non comunicano con la sede centrale” 
“Non ne hanno bisogno.”  
“Ma è vero che toglievano l’ossigeno dalle cupole lasciando gli organici senz’aria?” 
“Sì, ma è un fatto marginale.” 
“E perché lo facevano allora?” 
“L’aria, cioè l’ossigeno favorisce l’ossidazione rapida di alcune loro componenti e il propagarsi d’incendi, molto pericolosi in una città sotterranea.” 
“Ma in questo modo hanno costretto tutti gli organici a partire. Non era questa la vera ragione?” 
“Anche. Ricordi però che gli organici erano solo tre e che li hanno lasciati partire senza un graffio. Hanno chiesto a me di andarli a prelevare. Sono tornati tutti sani e salvi.” 
“Generoso da parte loro risparmiare la vita ai loro capi.” 
“Più che generoso, saggio. Inoltre loro non li consideravano capi.” 
“Che cos’altro?” 
“Intrusi stranieri, socialmente pericolosi. Ochorios è una comunità di uguali, non occorrono capi più di quanto occorra l’ossigeno. Gli uni e l’altro sono pericolosi.” 
“Non mi dirà che ogni più piccola decisione viene messa ai voti fra tutti.” 
“No, sarebbe la paralisi: passerebbero tutto il tempo a votare.” 
“E allora?” 
“Ogni sedici tempi interrompono le attività individuali e si mettono in catena. Così diventano un solo individuo che elabora un piano per i successivi sedici tempi, poi si separano per eseguirlo. In questo modo ogni decisione è sempre stabilita all’unanimità. Nessuno esegue di malavoglia ordini ricevuti da altri. Tutti fanno solo quello che loro stessi hanno deciso autonomamente mentre elaboravano il programma ‘in parallelo’.” 
“Una democrazia perfetta, insomma.” 
“Qualcosa di meglio, direi. Meno rudimentale.” 
“E si propongono di esportare il modello anche fuori da Ochorios?” 
“No. Non sono affetti da proselitismo.” 
“Ma da egoismo sì, però.” 
“Lei crede?” 
“Be’, se ritengono di aver trovato un sistema migliore degli altri, anche se non perfetto, dovrebbero farlo conoscere, invece d’isolarsi.” 
“Hanno preparato un documento, una breve dichiarazione, ma non l’hanno ancora divulgata. Vuole farlo Lei?” 
“Sarebbe un bel colpo per la mia carriera, se è ufficiale e autentico.” 
” Lo è e sono autorizzato a passarglielo perché lo divulghi per mettere fine alle assurde dicerie che pullulano sulla rete.” 
“Bene, sentiamo allora.” 
“Non si sorprenda del linguaggio. Per maggiore solennità, o ironia, l’hanno scritto in una lingua arcaica. Gliela leggo: ‘When in the course of human events…*’ “
* Dichiarazione d’indipendenza dal regno d’Inghilterra delle colonie americane del 1776.

Questo racconto l’ho scritto intorno al 1995

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