Falce Martello Cilindro Mantello

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gio 15 gennaio 2009

Falce e martello
Cilindro e mantello
Forchetta e coltello
Tavolozza e pennello

Tocca a te o a me?
A me, credo.
Comincia tu, allora.
A guerra finita, sui casolari di campagna le prime a sparire furono le scritte propagandistiche a caratteri cubitali, imposte dal regime. L’aratro traccia il solco, la spada lo difende fu una di quelle cancellate con due o tre mani di calce più in fretta e con la maggiore soddisfazione dai contadini che ne avevano subita l’oltraggiosa presenza sulle loro case, senza averne mai capito il senso: quando mai i solchi, avevano richiesto una difesa armata, una volta tracciati? e con la spada, poi. Qualche bella schioppettata nel sedere, con la doppietta caricata a sale, ai furbacchioni che vendemmiavano di notte nelle vigne altrui, quella sì, era ben spesa.
Ma poiché il vizio di pitturare i muri con le scritte è duro da perdere, non tardarono ad apparire i “W LA PACE”, spesso accompagnati, a rafforzare il messaggio, da “AA LA GUERRA” con incertissime W rovesciate, assenti perfino dagli alfabeti più cirillici del mondo. I raffaelli notturni, che frettolosamente abbellivano i casolari ad altezza d’uomo, non solo non erano dei virtuosi del pennello, ma avevano più dimestichezza con la zappa che con l’ortografia, le GURRA sbavate e con un’orizzontalità incerta erano più la norma che l’eccezione. Fatale il discredito e la derisione che gli strafalcioni procuravano agli autori, seppure anonimi, da parte di lettori di opposte convinzioni politiche.
Con un colpo di genio, nelle cellule di partito furono approntati degli stampini di cartone o di latta traforata da appoggiare al muro e da riempire con pochi veloci e infallibili colpi di pennello. Il risultato del blitz pittorico parlava un linguaggio inequivoco: quello iconico. Così, rapidamente, i casolari si fregiarono di sempre più numerosi simboli ‘falce e martello’, dal significato inequivocabile agli occhi degli analfabeti e degli stessi professoroni, che non ebbero più materia per il loro dileggio e smisero di ridere nello stesso momento in cui cominciarono a preoccuparsi della loro sorte. Tocca a te, ora.

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  • E non era una preoccupazione infondata. Correva voce di depositi di munizioni e di armi bene oliate, distribuite strategicamente sul territorio in grotte e scantinati, ben nascoste, ma pronte a sbocciare come viole di primavera sui cigli dei fossi e ad imbracciarle sarebbero state braccia e spalle temperate da decenni di soprusi e angherie, subite e sopportate in attesa del momento buono, quello del trionfo della giustizia proletaria, la rivoluzione, insomma, come in URS, che in italiano vuol poi dire Russia. Andare in giro in ‘cilindro e mantello’, magari ostentando un elegante bastone di ebano con un pomo d’argento raffigurante una testa di levriere, era passato di moda, meglio lasciarlo nell’atrio a fare compagnia ad ombrelli, bombette e pagliette per tutte le stagioni.. Continua tu.
  • Una tenuta sobria appariva più appropriata e consona ai tempi, anche a chi non portava il cappotto rivoltato e i calzoni rattoppati con pudichi rammendi ‘invisibili’; nelle città le macerie erano alte come colline e le poche case rimaste in piedi erano stipate di sfollati costretti a condividere lo stesso alloggio: spesso una sola camera per famiglia, una cucina in comune e il gabinetto fuori, nel ballatoio o sulle scale. Apparecchiare la tavola tutti i giorni con forchetta e coltello e, in mezzo, un piatto non vuoto non era un’impresa da poco per molte famiglie che cercavano di mascherare una dignitosa povertà, ripetendo puntualmente il rito del pasto, anche se polenta e saracca o brodini di verdura comparivano in tavola troppo spesso e il pollo arrosto con patate al forno e pane bianco era un lusso da concedersi solo alla festa, e non sempre. A te, ora, concludere.
  • Abituate allo spreco, le generazione allevate a merendine e a scartare il prezioso grasso bianco del prosciutto crudo, stentano a credere che al tempo dei loro nonni fosse questa la realtà diffusa in un paese prostrato da guerre e miseria e ingiustizie secolari, quando con quattro spennellate furtive si dipingevano falce e martello sui muri di campagna, sperando in un cambiamento rivoluzionario della vita che portasse in tavola fra forchetta e coltello un piatto fumante di pasta, per tutti e tutti i giorni.
    Per loro, tavolozza e pennello sono gli strumenti di artisti raffinati che esprimono il loro talento su tele pregiate in loft luminosi, in attesa di raccogliere il successo nelle gallerie d’arte, fino a raggiungere la consacrazione televisiva, denaro a fiumi e la licenza di pavoneggiarsi in pubblico con cilindro e mantello come dandy d’altri tempi.
  • Bravo! Sei riuscito ad infilare tutte le quattro coppie nel paragrafo conclusivo. D’ora in avanti dobbiamo farlo sempre, secondo te?
  • Io direi che continuassimo a fare come sempre.
  • Come ci pare, vuoi dire?
  • Appunto.

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