All you can eat

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“… e tint in meint, che Noster Sgnor l’è smuntè da caval per tirer sù una brisa” (… e ricordati che Nostro Signore smontò da cavallo per raccogliere una briciola di pane”). Questo monito della mia tata quando ero piccolo mi è rimasto in mente per tutta la vita e ha condizionato il mio comportamento a tavola: mai riempire il piatto con più cibo di quanto non sia in grado di mangiare. In altre parole: “Non lasciare nulla nel piatto o nel bicchiere. Mai”.
L’ammonimento, mi torna in mente spesso quando al ristorante vedo lasciare bicchieri mezzi pieni di birra o cocacola e metà del cibo ordinato e non solo da giovanissimi, nati in un’epoca di falsa opulenza.
Lo spreco mi sorprende e m’infastidisce ancora di più, quando lo noto in adulti che dovrebbero sapersi regolare. Forse per questo, mi ha incuriosito quando in un ristorante giapponese, aperto da poco vicino a casa, ho notato sul fondo del menu una riga in grassetto che ammoniva a non lasciare piatti mezzi pieni, pena il loro conteggio a prezzo pieno nel conto finale.
Come sarebbe?
Il mistero si chiarisce studiando il resto del menu. Si tratta di uno di quei posti ALL YOU CAN EAT (mangia fino a crepare), pensati per appetiti giovanilistici e per ingordi di tutte l’età che ad un prezzo fisso modesto offrono una grande varietà di portate, ordinabili senza limiti… ma guai a chi lascia una briciola.
Che si sia trovato un modo nuovo per educare i ragazzi a non buttare via niente?
Non lo so.
Le poche volte che ci sono andato ho notato ragazzi e ragazze che non smettevano mai di mangiare sfilze di cincischietti di riso bollito e pesce crudo con nomi e forme esotiche, serviti ben allineati come soldatini giapponesi in eleganti piatti da portata, o mini-tavolini di legno o addirittura barchette, anch’esse di legno.
A queste ultime non ho saputo resistere. La volta successiva mi sono fatto portare una barca anche io. Sfortunatamente, conteneva un numero irragionevole di bocconcini di riso e pesce dalle forme varie, ma dal sapore e dalla consistenza troppo simili, per i miei gusti.
A stento sono riuscito a svuotarla senza patire la doppia onta di contravvenire ai principi etici marcati a fuoco nell’anima dalla mia tata e alla regola dell’occhiuto avvoltoio giappo, pronto a punire la mia ingordigia con un conto salato.
Giuro che non lo farò più. Se proprio vorrò vedere di nuovo una bella barchetta sul tavolo, provvederò prima ad invitare una di quelle esili giovanottine senza fondo che popolano i tavoli vicini.
A quanto ho visto, sono insaziabili come un secchio bucato.

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