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Il nocciolo nella marmellata

Il primo necessario passo che i personaggi di Possession devono compiere per poter avviare una loro formazione consiste nel riconoscere il fallimento delle proprie rappresentazioni totalizzanti e delle interpretazioni cui hanno indiscriminatamente voluto ricondurre tutta la realtà. Roland e Maud sono infatti costretti ad accettare che, all'interno delle loro teorizzazioni, vi siano elementi che rimangono inassimilabili, irriducibili alla marmellata alla quale hanno ridotto la realtà. Come un duro nocciolo che rimane a segnalare l'impossibilità di condurre tutto a gelatina, così l'epistolario e i corpi stessi dei personaggi rimangono estranei alle loro meticolose rappresentazioni, ai tentativi di eliminare le distanze che li separano dagli scrittori che li hanno preceduti.

Il valore dell'epistolario

Da questo punto di vista si può dire che la formazione dei due protagonisti cominci sin dall'inizio della vicenda, al momento cioè del ritrovamento delle misteriose lettere di Ash alla donna sconosciuta. Le lettere, che si presentano immediatamente come elementi estranei, fuori dal controllo che i due ricercatori hanno cercato di esercitare sulle opere e sulle stesse vite di Ash e LaMotte, prospettano a  Roland e Maud la possibilità di essere emarginati all'improvvio da un mondo di cui si erano sentiti parte integrante. Per questo, forse, la loro reazione iniziale di sorpresa e curiosità si trasforma in breve in una sorta di smania di comprendere esattamente l'accaduto, una possessione che li domina e li spinge a cercare una nuova chiave di lettura a cui poter ricondure la diversa realtà che si è rivelata loro. L'evolversi delle indagini, però,  svelando una verità che sembra sempre nascondere punti oscuri, che si manifesta ad inaspettati colpi di scena, finisce per mostrare ai due protagonisti l'impossibilita di comprendere in modo esaustivo la globalià degli avvenimenti. Nel corso del romanzo Roland e Maud sono infatti costretti ad ammettere di non poter più ricomporre una interpretazione onnicomprensiva dei fatti, ma di poter cogliere solo particolari, forse nemmeno rilevanti , di una realtà che non può essere oggetto di dominio ma che, al contrario, è loro essenzialmente estranea.

Il corpo dissonante

I personaggi di Maud e Beatrice, nel tentativo di eliminare le differenze e lo tempo stesso che le separa dal mondo di Ash e LaMotte, arrivano addirittura a cercare di incarnare fisicamente i corpi delle figure, per loro, esemplari. Beartice e Maud, cercano di annullare la particolarità del proprio corpo diventando corpo anonimo e asessuato. Questo tentativo di plasmarsi volontariamente secondo un'immagine ideale si rivela però essenzialmente fallimentare. I corpi di Beatrice e Maud mantengono infatti una propria irriducibile particolarità, che, come appunto un nocciolo nella marmellata,  si manifesta ai loro occhi  come una odiosa dissonanza.

"Maud and Beatrice began badly, partly beacuse they found each other physically unsympathetic, Beatrice like an incoherent bale of knitting-wool and Maud poised and pointed and sharp." (P219)

("All'inizio le cose non funzionarono, tra Maud e Beatrice, in parte perchè ciascuna trovò l'altra dissonante dal punto di vista fisico: Beatrice, un'assurda balla di stoffe di lana e Maud, padrona di sè, precisa, mordace.") (Poss.226)

Inizialmente ciscuna delle due donne percepisce questa dissonanza solo nel corpo dell'altra, poi , almeno Maud, finisce per accettarla come parte della propria immagine.

Il riflesso imperfetto: la dissonanza dell'immagine allo specchio.

Maud, adottando il colore verde e fasciandosi i capelli, cerca di rispecchiare quell'immagine ideale di autosufficienza e rigore che per lei rappresenta la figura di Christabel, tenta in altre parole di incarnare, diventandone l'immagine riflessa, la perfezione di Christabel. Sin dall'inizio del romanzo, Maud però esprime una certa perplessità riguardo il senso di coincidenza e di identificazione che si ha difronte ad un'immagine riflessa, così infatti il narratore descrive una scena in cui Maud si guarda allo specchio:

"She (...) considered her perfectly regular features in the mirror. A beutiful woman, Simone Weil sai, seeing herself in the mirror, knows 'This is I.' An ugly woman knows, with equal certainty, 'This is not I.' Maud knew this neat division represented and over-simplification. The doll-mask she saw had nothing to do with her, nothing." (P 57)

("Valutò nello specchio i suoi lineamenti perfettamente regolari. Una bella donna, ha detto Simon Weil, nel guardarsi allo specchio pensa: "Questa sono io". Con altrettanta certezza una donna brutta pensa: "Questa non sono io". Maud sapeva che tale netta divisione costituiva un eccesso di semplificazione. La maschera da bambola che vedeva non aveva nulla a che fare con lei, nulla.") (Poss.59)

Queste parole preludono alla scena, successiva nel romanzo, nella quale Maud si specchia nel laghetto ghicciato del parco di Seal Court. Roland e Maud, che si sono recati a Seal Court sulle tracce di Christabel e vi hanno trovato l'epistolario, si trovano ospiti dei coniugi Bailey per il tempo loro sufficiente per leggere le lettere. In un breve intervallo strappato all'intensa lettura dell'epistolario, Maud si reca nel parco del palazzo e vi trova il laghetto, ora ghiacciato, che Christabel descrive in una poesia a lei ben nota. Riporto parte della scena:

(Maud) "She trod crunchingly around the kitchen-garden wall and up a yew alley, festooned with snow, to where the overlap ping, thik evergreens - holly, rhododendron, bay - enclosed a kind of trefoil-shaped space t the heart of which as the pool where Christabel had seen the frozen gold and silver fish, put there to rpovide flashes of colour in the gloom - the darting genii of the place, Christabel had siad. here was a stone seat, with its snow-cushion which she did not disturb (...). Maud bowed her head with the self-consciousness of such a gesture, and thought of Christabel, suanding there, looking at this frozen surface, darkly glowing under blown traces of snow (...). Where there fish? Maud crouched the rim of the pool (...), and scraped with an elegant gloved hand the snow on the ice. The ice was ridged and bubbly and impure. Whatever was beneath it could not be seen. She moved her hand in little circles, polishing, and saw, ghostly and pale in the metal-dark surface a woman's face, her own, barred like the moon under mckerel cloud, wavering up at her." (P 141-2)

(Maud) ("Calpestando neve crocchiante girò intorno all'orto e risalì un viale di tassi con festoni di neve, fino a dove i fitti sempreverdi - agrifoglio, rododendro, alloro - racchiudevano nel loro accavallarsi una sorta di spazio a forma di trifoglio al centro del quale c'era un laghetto dove Christabel aveva visto i pesci d'oro e d'argento, messi là per conferire lampi di colore alla penombra - i guizzanti geni del luogo - aveva detto Christabel. C'era un sedile di pietra con il suo rotondo cuscino di neve che lei non intaccò ... Maud chinò la testa con la consapevolezza di un simile gesto, e pensò a Christabel che, in piedi, fissava la superficie ghiacciata, oscuramente accesa sotto le tracce di neve fluttuante... C'erano pesci? Maud si chinò sul bordo del laghetto... e con elegante mano guantata grattò la neve dal ghiaccio. Il ghiaccio era increspato, pieno di bollicine e impurità...Mosse la mano in piccoli cerchi, levigando, e vide , spettrale e pallido nella superficie brunita, un volto di donna, il suo, maculato come la luna sotto un cielo a pecorelle, che agitava una mano verso di lei. (Poss.142)

In questa scena Maud è consapevole di quello che mette in gioco riflettendosi nel laghetto dove la stessa Christabel si era guardata. L'atmosfera inquietante e sospesa sottolinea la centralità di questo momento in cui Maud si ritrova faccia a faccia con la realtà concreta della propria esistenza. Sa  infatti di ripetere le stesse azioni della poetessa che la ha preceduta, sa di averne voluto riflettere la vita, ma è allo stesso tempo conscia del fallimento cui un tale progetto di identificazione porta. Maud sa di non potersi aspettare di vedere nel laghetto l'immagine di Christabel, ma è ugualmente spaventata da quello che potrebbe scorgervi. L'immagine del suo volto le appare infatti estranea e lontana. La realtà del suo corpo le si affaccia timidamente, da un mondo spettrale e sommerso, dal quale cerca di richiamare la sua attenzione salutandola con la mano. Da questo momento in poi Maud non potrà più fare a meno di accettare la realtà personale del suo volto, e del suo corpo, sarà costretta a lasciare che emergano dal mondo nel quali li ha relegati, sarà costretta a lasciare che vivano in superficie.

"Narcissism, the unstable self, the fractured ego, Maud thought, who am I? A matrix for a susurration of texts and codes? It was both a pleasant and an unpleasant idea, this requirement that she think heself as intermittent and partial. . There was the question of the awkward body. The skin, the breath, the eyes, the hair, their history, which did seem to exist. " (P 251)

(" Il narcisimo, l'io instabile, l'ego fratturato - pensò Maud, - chi sono io? Una matrice per un frusciare di testi e codici?" Era un'idea piacevole e spiacevole a un tempo, questa necessità di pensare a se stessa come intermittente e parziale. C'era il problema del corpo goffo. La pelle, il respiro, gli occhi, i capelli, la loro storia, che sembravano esistere davvero.") (Poss. 257)

Maud, lentamente e a piccoli passi, riuscirà infatti a liberare completamente il proprio corpo dalle restrizioni cui l'aveva costretto, dalle bendature entro le quali lo aveva mummificato. Grazie quindi ai segnali del corpo e alla irriducibilità dell'epistolario alle interpretazioni che avevano dato delle opere di Ash e LaMotte, i personaggi sono quindi costretti ad abbandonare le rassicuranti certezze in cui avevano trovato rifugio e a riconoscere il fallimento dell'identificazione narcisistica sulla quale avevano fondato la loro vita.

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