Parco di parole
una mia foto dell’Adriatico
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Parco di parole ricco d’ingegno. Ti piacerebbe come lapide?
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E dove lo scriveresti? O hai già pensato ad un cenotafio?
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Perché sei intenzionato ad ascendere in cielo come una Madonna, senza lasciarti dietro neanche qualche osso su cui piangerti?
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Ma chi te l’ha passata la soffiata che starei per morire prima di te, la maga Magò? Con che diritto dovrei prendermi la precedenza, quando siamo nati nella stesso ospedale a pochi mesi di distanza, abbiamo fatto le stesse scuole, Alma Mater compresa, e poi non ci siamo mai persi di vista neanche durante le vacanze in questi primi settant’anni? Peggio di due gemelli.
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No, niente maga, ma l’altro giorno mentre pensavo al motto immortale che dovrebbero scrivere sulla mia tomba mi sono accorto che mi veniva più facile pensare alla tua.
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Uno slancio di generosità, insomma, ma sta tranquillo che se uno di noi due dovesse morire prima dell’altro farei scrivere sulla tua lapide un motto degno di te. Anzi esagererei, perfino.
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Grazie, non mi aspettavo niente di meno da te, ma tornando alla realtà, non ti va bene Parco di parole… eccetera?
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No, mi potrebbe anche andare bene: sintetico, generoso, senza enfasi stucchevoli, ma non sapresti dove scriverlo perché ho intenzione di affidare le mie ceneri ai venti marini. Niente tomba, niente lapide, in compenso potremo continuare a fare il bagno insieme al mare, come sempre. Quasi…
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Questo mi va bene. Peccato per il motto: era venuto bene.
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Sai cosa potresti fare? Potresti scriverlo con uno stecco sul bagnasciuga, così la prima onda lunga lo cancellerà e con la risacca lo trascinerà in mare dove sono già le ceneri. Ti va?
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Perfetto. Sei un grande: trovi sempre la soluzione. Come farò senza di te? E meglio che vada avanti prima io, stavolta.
In tavola
Leonardescu
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Buongiorno signore posso chiamarla Carlo?
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Se Le fa piacere. E io come devo chiamarla?
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Dica lei
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Annibale, oggi
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Elefantiaco, ma ci conosciamo?
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Non credo, altrimenti sapremmo i nostri nomi
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A volte, però ci si dimentica. Se fossimo stati compagni alle elementari forse…
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Pensi che avrei dimenticato il tuo nome, con tutte quelle che abbiamo combinato?
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Come quando abbiamo fatto il bagno nudi nel canalino…
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… e tu prendesti una carpa a mani nude. Incredibile
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Tu avevi una fionda magnifica, però, con gli elastici quadrati che tiravano il doppio
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Quante rane abbiamo preso. Tu avevi una mira dell’accidente
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Saranno anche anfibie, ma furbe poco. Stavano immobili ad aspettare la sassata mortale
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Ricordo che, all’epoca, ci sarebbe piaciuto essere anfibi
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Anche adesso, se è per quello, ma non abbiamo neanche imparato a volare
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E dire che ci pensano fin dai tempi di Leonardo che non era scemo del tutto
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Penso, però, che un giorno o l’altro ci riusciremo
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Con le nano tecnolgie applicate al grafene e ai materiali compositi che non hanno ancora pensato?
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Esatto! E bisognerà stare attenti ai tutti ‘sti droni che ronzano per aria
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Peggio che attraversare via Ugo Bassi a mezzogiorno
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Ma nel frattempo stia bene, mi ha fatto piacere incontrala
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Anche a me, una bella rimpatriata fra sconosciuti, ci vuole ogni tanto.
L’uovo da rammendo
Comacchio
Strette finestre basse e senza balconi
Fanno la guardia ai pigri barconi
La nebbia cancella il sole dall’orizzonte
Nell’acqua immota si specchia un ponte
Fantasma di pietra generato dai lampioni
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Lectio brevis
Via libera al caffè
Un via libera al caffè arriva da un nuovo studio scientifico secondo il quale se ne potrebbero consumare anche fino a 25 al giorno senza rischi per il cuore, smentendo che il suo consumo possa restringere le arterie, e di conseguenza favorire l’innalzamento della pressione con rischi cardiovascolari annessi.
Come è accaduto per tanti altri alimenti (uova, burro, carne rossa) demonizzati da una ricerca scientifica, basta avere pazienza e apparirà un nuovo studio che, con dovizia di mezzi e nuovi strumenti d’indagine, correggerà il tiro.
Quando poi sugli esiti della ricerca s’innestano colossali interessi economici le cose si complicano ulteriormente. Basti pensare alla guerra fra la lobby degli zuccherieri e quella dei produttori di dolcificanti che cercavano spazio ai loro prodotti demonizzando lo zucchero.
Clamorose sono state le conseguenze della truffa NO-VAX propalata da Andrew Jeremy Wakefield (1957): un ex medico britannico, conosciuto principalmente per una pubblicazione scientifica fraudolenta del 1981, in cui sosteneva la correlazione, oggi smentita, tra il vaccino trivalente MPR (morbillo, parotite, rosolia) e la comparsa di autismo e malattie intestinali.
Nel maggio 2010 Wakefield venne radiato dal Medical Register con una dichiarazione di falsificazione disonesta delle ricerche sul Lancet, la prestigiosissima rivista medica, e da allora non può praticare la professione medica nel Regno Unito, ma il danno era stato fatto e migliaia di genitori sprovveduti cominciarono a disertare la vaccinazione dei propri figli con enormi danni sulla salute pubblica.
Molto più spassosa, ma non deliberatamente truffaldina, è la campagna (involontaria?) a favore del consumo di spinaci come alimento d’elezione per l’assimilazione del ferro ed il conseguente irrobustimento del corpo.
Di vero c’è che durante la grande depressione negli anni ’30 il consumo di spinaci aumentò notevolmente a scapito delle più costose bistecche, alimento principe della tavola americana.
Sicuramente il cartone animato del marinaio con la pipa (Popeye o Braccio-di-ferro) che diventa superforzuto ingurgitando in un sol boccone un barattolo di spinaci contribuì, insieme alla miseria, ad aumentare il consumo di spinaci. Sulla leggenda correlata alla relazione Popeye-produttori di spinaci è molto interessante, se non addirittura esaustivo, l’articolo su WIRED “La leggenda metropolitana degli spinaci di Braccio di Ferro”.
Morale della favola: godiamoci tranquillamente un buon caffè, anche se è il terzo o il quarto della giornata, dopo una tenera bistecca con spinaci al burro.
Est modus in rebus (Orazio,Satire (I, 1, 106-107)), come dicevano i nostri nonni e non sbagliavano troppo.
Come è accaduto per tanti altri alimenti (uova, burro, carne rossa) demonizzati da una ricerca scientifica, basta avere pazienza e apparirà un nuovo studio che, con dovizia di mezzi e nuovi strumenti d’indagine, correggerà il tiro.
Quando poi sugli esiti della ricerca s’innestano colossali interessi economici le cose si complicano ulteriormente. Basti pensare alla guerra fra la lobby degli zuccherieri e quella dei produttori di dolcificanti che cercavano spazio ai loro prodotti demonizzando lo zucchero.
Clamorose sono state le conseguenze della truffa NO-VAX propalata da Andrew Jeremy Wakefield (1957): un ex medico britannico, conosciuto principalmente per una pubblicazione scientifica fraudolenta del 1981, in cui sosteneva la correlazione, oggi smentita, tra il vaccino trivalente MPR (morbillo, parotite, rosolia) e la comparsa di autismo e malattie intestinali.
Nel maggio 2010 Wakefield venne radiato dal Medical Register con una dichiarazione di falsificazione disonesta delle ricerche sul Lancet, la prestigiosissima rivista medica, e da allora non può praticare la professione medica nel Regno Unito, ma il danno era stato fatto e migliaia di genitori sprovveduti cominciarono a disertare la vaccinazione dei propri figli con enormi danni sulla salute pubblica.
Molto più spassosa, ma non deliberatamente truffaldina, è la campagna (involontaria?) a favore del consumo di spinaci come alimento d’elezione per l’assimilazione del ferro ed il conseguente irrobustimento del corpo.
Di vero c’è che durante la grande depressione negli anni ’30 il consumo di spinaci aumentò notevolmente a scapito delle più costose bistecche, alimento principe della tavola americana.
Sicuramente il cartone animato del marinaio con la pipa (Popeye o Braccio-di-ferro) che diventa superforzuto ingurgitando in un sol boccone un barattolo di spinaci contribuì, insieme alla miseria, ad aumentare il consumo di spinaci. Sulla leggenda correlata alla relazione Popeye-produttori di spinaci è molto interessante, se non addirittura esaustivo, l’articolo su WIRED “La leggenda metropolitana degli spinaci di Braccio di Ferro”.
Morale della favola: godiamoci tranquillamente un buon caffè, anche se è il terzo o il quarto della giornata, dopo una tenera bistecca con spinaci al burro.
Est modus in rebus (Orazio,Satire (I, 1, 106-107)), come dicevano i nostri nonni e non sbagliavano troppo.
Aliquando
Il nuovissimo Melzi.
Dizionario italiano del 1905
- Ti dispiace se uso TALORA
- Al contrario, Aliquando et insanire iucundum est
- Certo ALIQUANDO suonerebbe ancora meglio, ma già TALORA è spericolato di questi tempi
- Fra noi non corri rischi, a patto che non ti sfugga in presenza degli accoliti di quei leader che imperversano vantandosi di dire quello che pensano…
- … invece di pensare a quello che dicono. Ormai la volgarità gareggia con lo squallore lessicale di questi nostri tribuni di successo
- Con tre/quattrocento parole coprono per intero le esigenze del loro profondo sentire e hanno un vasto pubblico che li acclama proprio per questa loro virtù
- Lo hai ancora Il Nuovissimo Melzi di tuo nonno. Ricordo di averlo visto una volta sul tuo scrittoio.
- Certo, l’edizione aggiornata dall’autore nel 1905. Se dovesse aggiornarla di nuovo a misura di costoro, al povero Melzi basterebbero una dozzina di pagine. Un bel risparmio per Antonio Vallardi – Editore.
- Cum senectus appropinquet, corporis vires languescunt
- Hai ragione siamo vecchi e più deboli di un tempo, ma abbiamo un difetto ancora più invalidante: non siamo abbastanza ignoranti per i nostri tempi.
- Talora?
Un’altra stagione
Giant strawberries
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Hai mai preso uno spritz?
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No, e non ho neanche capito bene cosa sia. Mi è capitato di vederlo preparare, mentre aspettavo il cappuccino che prendo per riposarmi durante il giretto pomeridiano, ma non giurerei di saperti dire tutti i componenti e, soprattutto, le proporzioni. C’è del vino bianco frizzante di sicuro e un’aggiunta di altri ingredienti colorati.
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Allora ne sai più di me. Da quanto ho capito io, è un beveroncino di moda a base di frizzantino bianco con qualcos’altro per fare un po’ di scena e spillarti cinque euro se lo bevi al banco piluccando un po’ di quelle cianfrusagliette salate che lo ingombrano dopo le sei di pomeriggio cioè all’Happy hour.
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L’ora felice, niente di meno, che sarebbe poi l’ora in cui un tempo gli operai staccavano dal lavoro, prendevano la bicicletta e non vedevano l’ora di arrivare a casa lavarsi mani e faccia e andare a cena; mentre, in campagna, la resdora toglieva dal fuoco il paiolo e ribaltava la polenta sul tagliere.
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Lascia stare la polenta sul tagliere che questi ragazzi non sanno neanche cosa sia. Se vuoi essere felice e alla moda, perché le due cose coincidono, beccati uno spritz con salatini dopo le sei e lascia perdere il tuo cappuccio antidiluviano.
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Farò così senz’altro, al prossimo giro di giostra. Per adesso, nel tornare a casa mi fermerò a prendere un po’ di fragole, belle rosse, perfette. Peccato che non sappiano di niente, ma non si può mica pretendere che i fragoloni giganti nella elegante cestina di plastica trasparente profumino di fragola, ti sembra?
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Perché tu ti ricordi ancora le profumatissime fragoline di bosco che mangiavamo da bambini appena raccolte con il latte-miele. Sei incorreggibile! Goditi queste giant strawberries di serra che non hanno mai visto né bosco né sole. Don’t worry, be happy!
Pane quotidiano
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Come diceva il grande Sarchiapone: “Vivere è essenzialmente la capacità di adattarsi al cambiamento,” ti pare?
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Certo, e possibilmente non farla tanto lunga quando i cambiamenti sembrano sfavorevoli, aggiungerei.
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“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si scassa” Senza tirare in ballo i massimi sistemi, pensa alla vecchiaia.
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Lavoisier era un grande ottimista, con la sua legge di conservazione.
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Infatti, ai suoi tempi, non avevano ancora enunciato la seconda legge della termodinamica che Luciano De Crescenzo sintetizza nel motto molto napoletano: “Tutto si scassa”
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Però se ne vedono anche di belle. Dicevano che ieri mattina hanno visto passare sotto le due torri un canguro. Una femmina con il suo cucciolino dentro al marsupio.
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Una balla, naturalmente. A meno che non ci sia un circo in città. Ogni tanto scappa una tigre un dromedario…
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Non so, non vado al circo da quando ero bambino e non so nemmeno se passano ancora dei circhi veri qui da noi. Ormai si vedono solo in televisione con quelle bimbette contorsioniste cinesi che sembrano bambole di gomma.
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Sì, poverine, pare che forzino le loro articolazioni fin da piccolissime. Non è normale annodarsi le gambe dietro al collo. Ma dimmi del canguro: chi l’ha visto?
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Nessuno che io conosca; ne parlavano mentre prendevo un cappuccino al bar sotto casa.
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E ti sembra credibile?
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Non meno di tante balle colossali che spacciano tutti giorni sul WEB.
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Come ci sarà arrivato fin qui da noi? Amazon non li spedisce ancora, credo.
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Alibaba, forse. Se scorri il catalogo c’è veramente di tutto, ma il bello è che ti vendono per buono anche i falsi più clamorosi. Non parlo solo delle magliette o delle borsette firmate, ma perfino delle pinze per freni Brembo tarocche.
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Fantastico, e quando frenando sei arrivato lungo contro un muro ti accorgi della bazza favolosa che hai trovato su Alibaba.
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Infatti, a meno che tu non abbia l’accortezza di montarli su una Ferrari tarocca di plastica che fa i cento all’ora con il vento a favore.
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Perché, ci sono anche quelle?
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No, che io sapppia, ma, se ci fosse mercato le farebbero di sicuro, come fanno gli Iphone uguali sputati da cento euro al kilo.
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Uguali?
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Uguali da vedere. Stessa forma, stesso colore, con tanto di mela morsicata sul dorso, che quando lo tieni contro l’orecchio chi ti guarda la vede e può credere che tu stia usando il famoso telefonino americano che, fra parentesi, lo fanno in Cina.
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Anche quello vero?
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Di sicuro, li fanno in buona parte alla Foxconn di Shenzen in quella fabbrica dove, anni fa, hanno dovuto mettere le grate alle finestre perché si suicidava un operaio a settimana. E non è una balla, perché di un record del genere non si vanta nessuno.
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Bell’ambientino per lavorarci. Ma non producono niente con il loro nome?
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Preferiscono lavorare per conto terzi, ma i terzi sono tanti e con gran nomi, ma anche da noi ci sono fior d’industrie, per esempio nel ramo cosmetici, che producono per marchi di mezzo mondo.
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Mi fai ricordare che quando eravamo giovani fui sorpreso nel sapere che la Palmolive che faceva una gran pubblicità alle sue saponette verdi le faceva fare da altri, così si lesse. All’epoca noi eravamo abituati a comprare il pane dal fornaio che lo faceva di notte e lo vendeva al mattino.
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… e che profumo, quando entravi nel negozio. Ricordo un fornaio furbissimo, sulla strada che noi genitori facevamo accompagnando per mano i bambini a scuola, che sfornava i panini proprio all’ora in cui gli passavamo davanti e naturalmente c’era la fila per comprarli ancora belli caldi e profumati.
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Siamo vecchi, caro mio, ma ci siamo adattati bene al nuovo pane ancora caldo che vendono in eleganti vetrinette al supermercato. Non so dove lo facciano, e non mi capiterà di sicuro di vedere in faccia il fornaio che l’ha impastato, ma è buonissimo.
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Forse avresti difficoltà a fargli i complimenti per le sue pagnotte che ti godi nel caffelatte. Probabilmente è un robot. Non con le manine e gli occhietti luminescenti, ma una gigantesca impastatrice che spara le pagnotte belle allineate su di un nastro trasportatore che le infila in un forno a tunnel da cui escono cotte e fragranti verso la impacchettatrice che le infila in igienici sacchi pronti a raggiungere il supermercato dove le tengono in caldo per te.
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Fantastico!