Crepe

Perseverare sempre o cambiare all’occorrenza
È un dilemma che pervade l’intera esistenza
Il carattere l’educazione e la storia personale
Fanno pendere la bilancia in modo disuguale
Nella battaglia fra coerenza e apertura mentale

Visita di cortesia

Doverosamente intraprese il cammino 
Che la separava dal suo vecchio vicino 
Suonò ben due volte alla sua porta 
Silenzio totale la casa era morta 
Così tornò a casa e si mangiò una torta

L’ignoranza

Nelson il bullo dei “Simpson”
L’ignoranza non è il contrario della sapienza
Richiede impegno assiduo e intolleranza
Per ottenere una perfetta arrogante ottusità
Non basta una tiepida pigra ostilità
Ad ogni forma di generosa attiva lungimiranza

Lory Boy

pipe di schiuma in una tabaccheria di Parigi

Anche ieri, come faccio spesso, ho fatto una passeggiata salutare fino al bar dove prendo un cappuccino, mi riposo un po’ leggendo sul telefonino il libro in corso, mentre fumo la pipa in un gazebo. In questa stagione, è ancora tutto aperto e frequentato da altri fumatori. 
Di solito, sono ragazze e ragazzi che si frequentano abitualmente e chiacchierano più o meno rumorosamente fumando sigarette arrotolate e bevendo aperitivi con patatine. 
Ieri, però, c’era anche un bambino piccolo a piede libero che vedendomi fumare la pipa si è avvicinato per scoprire questa strana usanza. Ormai noi fumatori di pipa siamo più rari dei panda e nessuno si occupa della nostra estinzione, per fortuna. 
Gli ho detto che quella che tenevo in bocca era una pipa, nome facile da pronunciare, gli ho fatto vedere nel portacenere che scuotendola ne usciva della polverina nera che si chiama cenere e poi l’ho accesa e gli ho mostrato come, aspirando, ne esca il fumo. 
Mi ha chiesto perché, intendendo perché fumavo. Gli ho risposto che fumavo perché mi piace. La risposta lo ha soddisfatto.
Era molto interessato e del tutto disinvolto, senza una mamma che lo tenesse al guinzaglio corto. Gli ho chiesto come si chiamava e mi ha risposto per tre volte con una parolina corta incomprensibile poi ha aggiunto al misterioso nome anche Boy. 
La mamma del tutto tranquilla e rilassata che si aggirava fuori dal gazebo ci ha spiegato che si chiama Lorenzo ha tre anni e dice di chiamarsi Lory Boy. 
Dopo aver fatto un giretto fra gli altri tavoli è tornato da me e si è accucciato con la testa e le due braccia sul mio ginocchio a farsi accarezzare come un gattino affettuoso. Avevamo fatto amicizia e se ne stava tranquillo così accucciato finché la mamma, ricomparsa, non gli ha detto semplicemente: “Io vado dentro”, intendendo che stava per entrare nel bar. A quel punto si è alzato e ha raggiunto la madre all’interno, dove ha continuato a correre e a scorrazzare -lo vedevo bene attraverso la porta a vetri- sotto il naso di un grosso e pacifico Labrador, abituale frequentatore del bar dove si muove liberamente accarezzato da chi entra, finché non decide di andarsene, approfittando dell’apertura della porta da parte di qualche umano di passaggio. 
Beato Lory Boy che a tre anni se la spassa libero e disinvolto fra sconosciuti grazie alla sua brava mamma, una giovanottona altrettanto disinvolta, non possessiva, non ossessiva. Una rarità.

Metamorfosi

Uno due e tre
Fante cavallo e re
Per tre volte l’ho lavata
E nel fosso risciacquata
Ma la macchia ancora c’è
Qui ci vuole una magia
Che il sangue porti via
Sulla pietra l’ho strusciata
Sotto il sole l’ho sbiancata
Non mi resta che un unguento
Un miracolo o un portento
Se fossi ancora piccolina
Pregherei la Fata Turchina
Ma adesso che ho cent’anni
Sono sola con gli affanni
In ginocchio con i panni
Sulla riva del torrente
Che trascorre quietamente
Senza pene né dolori
Oggi e domani come ieri
Buona fata del tramonto
A questa vecchia dai ascolto
Se mi vuoi un po’ di bene
Poni fine alle mie pene
Fammi diventare un sasso
Bello grosso come un masso
Che nel mezzo del torrente
fa deviare la corrente