Mentre guardava l’immutabile panorama del mattino Due divani quattro poltrone e qualche cuscino Ripensava a quando usciva ancora addormentato Prima che il sole invernale si fosse alzato Senza nostalgia per un tempo ormai dimenticato
Per respingere un retro-pensiero S’infilò in uno stretto sentiero E con un sorriso a trentadue denti Lo percorse in pieno a fari spenti Come se ci fosse solo strada davanti
Semel in anno licet insanire Per una volta vatti a divertire Schiavo eri e schiavo resterai Passata la sbornia restano i guai E’ questo che la massima vuol dire
Giunti alla fine del loro lungo ciclo vitale Stanno morendo i maestosi gelsi del viale Quando erano solo giovani fronzuti alberelli Videro principesche carrozze ferme ai cancelli Ora attendono la sega del giardiniere comunale
Metà carpo lo perse alle carte Contro avversari senza arte né parte All’ippodromo si giocò metà tarso Puntando fra i cavalli il più scarso Ridotto a un torso gli costava giocare
Abbattere muri costruire giardini Spazi di gioco per i più piccini Era diventata la sua missione Da progettista di un enorme cannone Perché è un delitto cambiar professione?
Il campo da calcio è rettangolare Un quadrato d’erba fatto per giocare Due dozzine di ragazzi in mutande Possono calciare una palla o le gambe Ma le mani non le devono usare
Escluso il gomito della lavandaia Di sintomi ne avvertiva a centinaia Ma a tutti taceva il suo batticuore Per non provocare inutile dolore Neppure al più superficiale osservatore
Partire è un po’ morire Recita l’antico comune sentire Soprattutto se significa attraversare Un ostile ignoto braccio di mare Non lo dovrebbe dimenticare chi può restare
Davanti procedeva il carretto dello zucchero filato Seguito a ruota da quello del gelato Quando si fermarono davanti al portone Dal nulla si formò una torma di persone In devota tumultosa processione