Come meccanico era bravo e qualificato Godeva di giusta fama ed era stimato Ma per avere l’onore di essere suoi clienti Bisognava sopportarlo ed essere pazienti Basti dire che decideva lui se eri accettato o rifiutato
In bici andavamo in campagna al tramonto Per prendere un fiasco di latte appena munto Allora scappavo nell’orto a cercare i baccelli Verdissimi e appena nati dei piselli Timidi dolci e teneri erano senza confronto
Dai suoi clienti si faceva assumere e ben pagare Per individuare i pesi morti di un’ azienda da licenziare Possedeva bar pizzerie e piccoli appartamenti Ma per la strada si atteggiava come l’ultimo degli indigenti Solo in privato si rivelava come un simpaticone da frequentare
Con una morrbida coperta di lana Si avvolgeva la pancia e la schiena Infagottato come una mummia egiziana Si addormentava nella sua poltrona Facendo del giorno una notte di luna piena
Aveva in uggia frastuoni e fragori Mentre amava i piccoli rumori Che in una casa bene abitata Sono i sintomi di una vita vissuta Lontana dai silenzi di morte forieri
Viveva d’ incertezza e affanni Temendo immaginari danni Da un prossimo sconosciuto e geloso Sempre intento ad osservarla invidioso Che la perseguitava con agguati e inganni
Mentre si addormentava sentiva E ascoltava la voce perpetua del mare Che la ghiaia della riva ampliava e propagava Finché sopita tornava al mare che la risucchiava Nel riflesso pallido di una luna che tramontava
Quando esco di casa per passeggiare Non cerco una meta a cui arrivare Ma evito sempre di ritornare Ripercorrendo il cammino dell’andare Ogni mio giro deve essere circolare
Un bicchiere con due dita di vino versato Da un fiasco di vetro verde impagliato Un pezzo di pane duro già affettato Mezza forma di pecorino stagionato Un coltello con il manico di legno consumato
Di rado usciva dalla casa dove abitava Di farsi vedere in giro si vergognava Appiattito come una sogliola sul fondo del mare Strisciava lungo i muri per non farsi notare Nessuno sapeva che colpa avesse da farsi perdonare
Cercava un’idea vaga labile ed evanescente Per giocarci un po’ e non farsene niente Ne trovò una fantastica che gli andava a fagiolo Per dimenticarla subito aprì una bottiglia di Barolo Bevendo tornò alla solita condizione di cenciaiolo
Dopo un cataclismico riordino generale Imposto a mobili stanze e sale Aprì un cassetto pronto a ogni sorpresa Senza speranza di appagamento di una legittima attesa Trovare quello che cercava ormai era un’impresa