sei una belva, un autentico schianto…

Quando spalanchi la porta per entrare
col tuo codazzo di schiavi ammaestrati
tutti restano a bocca aperta, senza masticare
Quello che ti ha rifatta è un vero scultore
niente da dire, sa proprio il suo mestiere
Sei una belva, un autentico schianto
hai tutto quel che serve e in misura abbondante
di tuo ci metti lo spacco inguinale
la schiena nuda e una bella scollatura
Giusto e ben fatto, e quel che non si vede
hai l’accortezza di lasciarlo immaginare.
Ma, se diventi una cliente abituale,
fa finta che ci sia, dammi un’occhiata
sono quello che ti porta l’insalata
siccome penso che tu sappia parlare
apri la bocca non solo per mangiare
ti prego, fammi un gran piacere,
dammi una voce, chiamami cameriere

La cattedrale scolpita

E’ in corso a Bologna una piccola mostra allestita nel lapidario del Museo medievale in via Manzoni, dal tittolo ““La cattedrale scolpita. Il romanico in San Pietro a Bologna“. La mostra non si segnala tanto per la quantità, quanto piuttosto per l’allestimento accurato e la presenza di alcuni pezzi preziosi.

Qui mostriamo solo un prezioso codice che lascia scorgere chiaramente le glosse al margine sinistro del testo, opera dei “glossatori”: i celebri maestri giuridici che, attirando allievi da tutta Europa, diedero vita allo “Studium” di Bologna, cioè al nucleo iniziale della più antica Università degli Studi del mondo, come si sa.

Altre notizie le trovi a:
http://www.italica.rai.it/principali/argomenti/arte/cattedrale.htm

Per chi non lo conoscesse già, è una buona occasione per una visita al museo stesso sia per l’elegante collocazio nel palazzo Ghisilardi Fava, sia per la ricchezza della colezione. A chi lo ha già apprezzato, invece farà sempre piacere un “ripasso” rilassante dei pezzi più amati; infatti il biglietto d’ingresso alla mostra permette anche la visita del museo.

Ulteriori informazioni a. http://www.comune.bologna.it/iperbole/MuseiCivici/indexmedievale.htm

Inseriamo qui solo uno degli eleganti bassorilievi che rappresentano una lezione medievale; notevole l’età degli “studenti”.

Sogna la bimba sotto il suo piumino

In mezzo alla lavanda del giardino
sogna la bimba sotto il suo piumino
fatto di tante pezze colorate
tutti ritagli di stoffe avanzate.
Tacciono i grilli per non disturbare,
solo le lucciole continuano a volare.
Contenta del suo ciucciotto naturale
la bimba sogna ancor prima di dormire
un mondo profumatato di lavanda cilestrina
dove il suo gatto rincorre la pallina
mentre la luna si ferma per guardare.
La bimba sogna

oppure…

Con il profumo della lavanda
sembra una reggia anche una branda.
Siate gentili, non disturbate,
sotto un piumino di stoffe avanzate,
questa bambina che stenta a dormire
pensando a un sogno che vuole finire.
Blog a quattro mani di Emilia e @lec

Oggi nevica sul serio

A sinistra, vecchi alberi stremati lungo il viale che lambisce il vecchio campo da polo nei giardini regina Margerita di Bologna
A destra, il viale che conduce a porta Castiglione.

Qui sotto il lagetto dei giardini, semi ghiacciato

Nemmeno i russi, abituali frequentatori dello Chalet durante i freddi week-end invernali hanno
osato avventurarsi oggi, durante la più notevole nevicata degli ultimi anni. (foto sotto)

… ma le anitre non demordono

Capate, scarciofoli freschi

Quando ero bambino e abitavamo in una strada privata più larga che lunga, ai margini della zona universitaria di Roma, mi capitava spesso, nell’andare a scuola, di vedere una giovane donna, già molto opulenta, seduta al margine del largo marciapiedi che conduceva verso un mercato coperto rionale. Se ne stava seduta su di una robusta cesta ribaltata a mondare i suoi carciofi. Si muoveva con gesti flemmatici, ma con grande perizia, ai miei occhi. Con uno spelucchino affilato recideva gran parte delle foglie più esterne, riducendo il considerevole, pomposo volume delle mammole, che pescava da un capiente cesto al suo fianco, in torsoli quasi bianchi che prontamente sfregava con un mezzo limone, perché non si ossidassero, prima di appoggiarli su di un’altra cesta ribaltata sulla quale rimanevano esposti ai passanti per invogliarli all’acquisto. A volte, li offriva, appena pronti, alle massaie che percorrevano la strada per andare al mercato. Teneva in mano l’ultimo, appena mondato dalle sue mani esperte, come fosse una rosa. Erano dei fiori squisiti, già pronti per essere mangiati così crudi, volendo, o per essere cucinati nei modi più tradizionali con olio, aglio e prezzemolo, o squartati e fritti o in uno dei tanti altri modi che la cucina locale aveva elaborato in secoli di esperienza. Intercalava questi sui gesti lenti e dignitosi con un distratto ritornello: “Capate, capate donne. Scarciofoli freschi de Ladispoli” Curioso il latinismo, (da capere cioè prendere, scegliere) conservato nella parlata dialettale, ma perduto nell’italiano e nel romanesco urbano.
Se fossero carciofi di Ladispoli e lei stesse venisse proprio dalla Maremma meridionale con una cesta di carciofi in testa, raccolti all’alba nel suo orto, è difficile da dire, ma è certo che si trattava di squisitezze già mondate che si potevano comprare con poche lire e potevano costituire, da sole, una cena gustosa, accompagnate soltanto dal pane e dall’acqua.
La squisitezza dell’acqua, bevuta dopo aver mangiato i carciofi, è un’esperienza indimenticabile per chiunque l’abbia provata e rimane immutata anche oggi, quando le maestose ortolanedi Ladispoli sono rimaste soltanto una cara immagine nella memoria.

Il bel disegno originale “su misura” è di Emilia

Carciofi romani

Philosopher walk

  • Hai pensato alle conseguenze?
  • Di che cosa?
  • In generale.
  • Avrei detto che non si poteva neppure. Occorre un’azione particolare, per tentare di valutarne in anticipo le conseguenze, ti pare?
  • In generale, hai ragione. Ma io mi riferivo ad un atteggiamento universale.
  • Capisco, ma se uno abbraccia questa filosofia universale, senza poi applicarla al caso particolare…
  • Questo è vero, ma se si acquisisce l’habitus di pensare sempre alle conseguenze, in generale, è più probabile che poi capiti di applicarlo anche all’evento particolare.
  • Mi sembra di capire che tu disapprovi che agisce distrattamente, alla carlona, senza preoccuparsi minimamente di valutare i possibili effetti che le sue azioni possono causare.
  • E’ così, infatti.
  • Ma di quante mosse previste ti accontenti?Prendiamo ad esempio gli scacchi. Quante possibili mosse e risposte deve pensare un giocatore perché tu non lo giudichi “uno che non pensa alle conseguenze”?
  • Tre? Forse cinque? Non ne ho idea.
  • Sembrerebbe, allora, che tu non avessi pensato alle conseguenze della tua domanda iniziale. Perché ti volti? Non ti convince quello che dico?
  • Altroché, hai proprio ragione, ma guarda quella bella giovanotta che passa. Sai cosa ti dico alla fine del giro? che a me, tutto sommato, piacciono le sorprese.

Significativa veduta della celebre Philosopher walk di Nonsodove

Carpe diem

Era una giornata di quelle in cui il gatto, stirandosi sulle zampe per fare la U rovesciata e sbadigliare con più gusto, guarda fuori dalla finestra e si rimette a dormire acciambellandosi sul cuscino sulla sua impronta già calda. Niente di grandioso come un tornado o anche solo un banale acquazzone nostrano, ma una pioggerella nebbiosa, persistente come il ricordo di un cattivo odore o una maledizione con i controfiocchi. Non faceva neppure rumore, ma bagnava come dio comanda. Le aiuole, oltre i vetri, erano inzuppate e anche i fiori sembravano averne abbastanza: già innaffiati, grazie, basta così.
Guardò le scarpe, in pole position davanti alla porta, per interrogarle con lo sguardo e capire se, almeno loro, avessero voglia di uscire. Non tradivano alcuna emozione. Guardò l’orologio: c’era tempo prima che l’edicola chiudesse per la pausa del pranzo. In definitiva, cosa ci sarebbe mai stato da leggere sul giornale? Aveva sentito tutti i telegiornali della sera prima, uno dopo l’altro: tutti uguali. Ormai le sorprese erano rare e anche la carta stampata sembrava destinata ad una noiosa ripetizione delle stesse veline invisibili.
C’era la settimana in cui crollavano gli ascensori, quella in cui i cani mordevano all’impazzata, le mucche pazze, i polli influenti… fece un piccolo sforzo per ricordare l’argomento in voga in quel momento: la voragine di miliardi derubati da una pia famiglia, molto per bene, di confezionatori di latte. Un soprassalto di tenerezza lo colse alle spalle ricordando il primo tetrapak della sua carriera di forte bevitore di latte. Rivide la piazzetta assolata all’isola d’Elba dove erano andati a rifornirsi di cibi e bevande da caricare sul gommoncino che si trascinavano legato in vita con una lunga fune, mentre, a nuoto con maschera e pinne, percorrevano la costa frastagliata, scogliosa e deserta. Stavano in acqua finché il freddo non li co stringeva a trovare uno scoglio dove riprendere calore come lucertole. Allora era il momento di gloria del piccolo Pirelli arancione che li aveva seguiti come un tender galleggiante: c’erano gli asciugamani asciutti, qualche panino e il latte, diventato tiepido.

Ricordava come era vestita quando erano usciti dalla scura penombra del negozio nella luce abbacinante della piazzetta con tre confezioni di latte a lunga conservazione, mai visti prima. Sopra il costume indossava un vestito corto, prevalentemente azzurro, con una scollatura a taglio percorsa da un cordoncino bianco, intrecciato come i lacci da scarpe. Erano felici, di quella beatitudine solare che tocca in sorte agl’innamorati e si apprestavano alla loro odissea privata nelle acque fresche e limpide, senza altra meta o scopo che quello di godere della compagnia reciproca in un’atmosfera serena, mentre Nettuno appariva placato e privo d’intenzioni ostili.
Decise di commemorare il ricordo preparandosi un te, ma in cucina trovò la caffettiera espresso ancora accesa. Aveva dimentica to di spegnerla, dopo la colazione. Non si trattava di una gran sorpresa, ma decise di approfittarne ugualmente: poteva non capitargli niente altro di meglio in tutta la giornata. Carpe diem: un buon caffè bello caldo era proprio quel che ci voleva in una mattina così buia ed umida.
E così fu.