Bora atterra yucca al primo round

Oggi, domenica 7 dicembre 2003, è arrivato l’inverno, qui a Bologna. Non è stata una sorpresa perché le previsioni del tempo l’avevano annunciato con esattezza e chiarissime spiegazioni, ma quando stamattina, scostando le tende, ho visto il vecchio gigante, un abete rosso molto ammalato, squassato dal vento e le poche foglie di tiglio rimaste in giro svolazzare a mezz’aria, mi sono reso conto che la bora era arrivata sul serio.

Uscito in terrazzo, adeguatamente incappottato, ho anche trovato la prima vittima del vento siberiano: la yucca giaceva a terra con il grosso vaso a pezzi, pur continuando ad inalberare orgogliosamente il suo sproporzionato e assurdo fiore, seppure in una ridicola posizione orizzontale.

Non è ancora stato deciso dalla sua mamma dove sarà collocata, dopo l’incidente che ha evidenziato la fragilità della passata collocazione, ma non mi dispiacerebbe se finisse nel giardino al mare, magari in un angolo: sono dieci anni che, quando la sfioro, mi fora le gambe e il sedere con le sue foglie lanceolate, spinose e iperdifensive.

Datti una calmata yucca, che nessuno qui ti vuole del male, eccetto il vento sul quale nulla hanno potuto le tue spine.

Così, senza mangiare, ma di cosa campiamo?

    • Senti ancora freddo?
    • No, da quando siamo qui, direi che mi è passato.
    • Del tutto?
    • Ma? Non saprei risponderti. Questo nostro “aspetto”, non so come chiamarlo, è un corpo, secondo te?
    • Me lo sono chiesto anche io, ma non saprei risponderti. Quando siamo arrivati, ci hanno detto di continuare come se niente fosse cambiato, che ci saremmo ambientati meglio è più in fretta.
    • Lo ricordo, ma “come” se niente fosse cambiato, vuol dire che, in realtà, dei cambiamneti ci sono, ti pare?
    • Lo penso anch’io. Questa luce diffusa, senza ombre, e la mancanza di un orizzonte, per esempio, mi provocano un po’ di disagio…
    • … e anche la mancanza di caldo e freddo, di sonno e di fame. A proposito, così senza mangiare, ma di cosa campiamo?
    • Di niente, siamo morti.

Ci vogliono i leoni

  • Ci vogliono i leoni.
  • Per fare cosa?
  • Mi cogli alla sprovvista. Non ci ho ancora pensato.
  • In effetti, sono cose che fanno pensare, potrebbero sfuggire di mano.
  • Sarebbe imperdonabile. Molti non pensano alle conseguenze, a lungo termine delle loro affermazioni.
  • Pensi ai politici?
  • Proprio: chi pianta datteri, non mangia datteri. Occorrerebbe un maggior spirito di servizio, ti pare?
  • Lo spirito è una cosa rara, perfino quello passivo che ha una caratura molto inferiore.
  • Molto, ma in terra di ciechi chi ha un occhio…
  • Tu li definisci guerci o sguerci?
  • Sguerci sebbene sia più sfuggente. Ha un aroma dialettale, affettuosamente sprezzante, quasi “birichino”
  • Bello “birichino”, ha un profumo di naftalina, sembra sbucato da un cassetto del Trio Lescano?
  • E’ grave? Sai che non me ne accorgo neppure, ma da qualche tempo ho dei rigurgiti verbali primo novecento. Regredire è un po’ morire, secondo te?
  • Ma neanche per sogno! Ti allunghi la vita in una direzione originale, poco battuta. E’ bellissimo, continua così. Fammi un fischio quando passi dall’epoca Charleston, non vorrei perderti quando ti metterai vestiti provocanti di paillettes e frange sberluccicanti.
  • Contaci! Ne ho una cassapanca mentale stracolma, tanto che non saprei da quale cominciare.
  • Dal primo?
  • Sì, ma inter pares.
  • Da te non mi aspettavo nulla di meno. Ho sempre ammirato la tua imparzialità.
  • E io il tuo rigore logico. Dicevi?
  • Ci vogliono i leoni.

Solo come un cane

  • Solo come un cane. Capita anche a te di sentirti così
  • Sì, e non passa nemmeno quando si è in compagnia, come sarà?
  • Dicono che sia a causa della solitudine.
  • E ti sembra plausibile, o pensi che ci siano altre cause, diciamo, più subdole e nascoste.
  • Per esempio? A cosa stai pensando? Alla nebbia, al freddo, al buio?
  • Secondo me non giovano, ma forse è solo un impressione. A me, cosa vuoi che ti dica, piace più il sole tiepido, camminare scalzo su di un prato in braghe corte e maglietta…
  • … magari con un cane.
  • Magari, ma non l’ho più. Me l’hanno rubato da mille anni. Era una gran brava persona. Ci facevamo compagnia. Abitavamo, noi due soli, in una casa grande e mezza vuota. Non mi sembrava che lui si sentisse solo, ma chi può dirlo?
  • E allora, quando ti senti solo come un cane, cosa fai?
  • Ululo un po’, ma piano, per non disturbare. C’è sempre un mucchio di gente in giro.

Bin Laden? Vive tranquillamente nello Utha.

Esiste un motore di ricerca ( http://www.googlism.com ) che elenca i risultati in modo molto sintetico sotto forma di un elenco di righe non cliccabili che scimmiotta, nel nome, il celeberrimo Google che tutti noi consultiamo incessantemente per sapere di tutto: dalla ricetta delle cozze alla marinara ai consigli su come togliere una macchia d’inchiostro fino a cose serissime come trovare l’indirizzo di “kilpoldir”. Su Google c’è: provare per credere.

Le informazioni estremamente sintetiche contenute su googlism.com non ci interesserebbero tanto se, tra l’altro, non saltasse fuori a proposito di Bin Laden che è vivo e vegeto e vive nello Utha o, a proposito di Ciampi che è un mago della difesa (ciampi is a defensive guru) oltreché essere il decimo presidente eletto al primo scrutinio (ciampi is elected tenth president of the republic at the first ballot by a large majority of…).
E’ evidente che le possibilità di “rumore informativo” sono notevoli, visto che Carlo Azeglio Ciampi, il Ciampi che conosciamo, non è un allenatore con predilezione per le strategie difensive, tuttavia qualche scorribanda su googlism.com può rappresentare uno spassoso diversivo alle ricerche serie, condotte per racimolare informazioni utili.

Se non funziona “Apriti sesamo”, prova con il telefonino

Con un po’ di fortuna, è in arrivo un telefonino tuttofare che dovrebbe mettere ordine nelle nostre tasche piene di borsellini, tessere di riconoscimento, carte di credito, biglietti per il bus, i treni, gli arei e, perfino le chiavi di casa.
Secondo una notizia Reuter di 54 minuti fa, la Do.Co.Mo , leader del mercato telefonico giapponese, sta procedendo alla realizzazione di un telefonino che contiene un chip (FeliCa ) della Sony che attualmente è già usato dai pendolari di Tokio per pagare i biglietti dei treni.
Si tratta di incorporarlo nel telefonino e fargli svolgere le funzioni di denaro elettronico, carta d’identità e sanitaria, patente, carta di credito (anche per pagare piccole somme come una consumazione al bar) e di emettitore di codici ad impulsi per aprire serrature o attivare a distanza dispositivi remoti come forni elettrici, termostato del riscaldamento domestico, ecc.
Potrà essere usato come un tradizionale badge, per farsi riconoscere ed aprire il cancello in strutture sorvegliate come le banche e simili.
Dovrebbe semplificare la vita e mettere ordine nelle tasche, chissà quali marchingegni superastuti proteggeranno tutto questo concentrato di dati e prestazioni da un uso improprio di ladri ultratecnologici?
Ad ogni buon conto, sarà meglio ricordarsi di tenerlo bello carico, se non si vuole restare chiusi fuori di casa.

Ti piacerebbe essere un sussiegoso gattone persiano, più pelo che gatto?

  • Ti piacerebbe essere un sussiegoso gattone persiano, più pelo che gatto?
  • Per sempre?
  • Ti sembra un periodo troppo lungo?
  • Forse no, i gatti hanno vita breve, sarebbe peggio una tartaruga persiana pelosa e pluricentenaria
  • Esiste?
  • Io non l’ho mai vista, ma non ho mai visto neppure una pantera che è molto più nera.
  • Di chi? del persiano o della tartaruga?
  • Di entrambi, dicono, se ti fidi delle dicerie.
  • Ne circolano molte sulla pantera, ma io non le ho mai prese troppo sul serio, ci mancherebbe.
  • Le dicerie vanno prese per quello che sono, né più né meno.
  • Sacrosanto, però pensa se non ci fossero.
  • Un disastro, circolerebbero solo verità nude e crude: una barbarie.
  • Dal punto di vista storico sarebbe un danno irreparabile. Tutte le complesse impalcature di causa-effetto crollerebbero come castelli di carte
  • Senza tema di smentita.
  • Saresti capace, così su due piedi, di trovare un’altra frasetta altrettanto pomposa e stupida.
  • Alla stregua
  • Bravo, ci sei riuscito e sapresti anche miagolare come un gatto persiano?
  • Miaaao
  • Braaavo! Ma che bel micione che sei, lascia stare il canarino, però.

Ti piacciono i mostri?

Per 21 dollari e 95 centesimi si può comprare un gioco d’avventura che ha per protagonista il piccolo mostro Voodoo Vince: una bambola Voodoo creata da Madame Charmaine, una celebre veggente di New Orleans.
Il gioco è stato scritto per Xbox, la consolle di Microsoft.
Per sconfiggere gli avversari il giocatore può scegliere fra diverse armi, piuttosto inusuali e la bambolina stessa ha un aspetto mostruoso che, immagino debba essere interpretata in modo ironico, visto che, ad esempio, è capace di cavarsi gli occhi per ripulirli e lustrarli sfregandoseli addosso.
In questi stessi giorni, sta cominciando a circolare l’ultimo film della Walt Disney-Pixar “Finding Nemo” che propone la storia zuccherosa e melensa di un pesciolino della scogliera corallina, orfano di madre e con un padre iperprotettivo, ma ugualmente inadeguato a proteggerlo dal mondo brutto e cattivo.
A colpo d’occhio, mi sembra che ci sia una bella confusione sui modelli e le strategie educative (o semplicemente commerciali), per catturare e avvincere l’attenzione di bambini e adolescenti.
La geniale pista inaugurata dal poderoso Shrek: lo spiritoso orco bonaccione, non sembra aver trovato autori capaci di continuare, per ora, un filone promettente e innovatore. Speriamo in un suo ritorno.

Ti sembro obbiettivo?


Mi chiamo Zeiss, Vario Sonnar Zeiss.

Tutti mi considerano una persona limpida ed obbiettiva, esente da riflessi negativi della realtà che mi circonda, anche se so bene di avere le mie deformazioni periferiche quando il mio sguardo si allarga ai limiti del mio angolo visuale.
Da quando nel 1846 mio nonno Carl fondò a Jena, in Germania, la nostra dinastia, tutti noi discendenti abbiamo cercato di mantenere alta la fama che seppe conquistarsi esplorando il mondo microscopico al servizio della scienza. Alcuni di noi, come i miei celebri cugini Tessar e Planar, hanno allargato le vedute al mondo della quotidianità domestica, lasciando ricordi indelebili alle famiglie che si sono rivolte a noi per immortalare i primi sorrisi dei neonati o le circostanze ufficiali più gioiose come le feste e i matrimoni o più dolorose come la morte dei propri cari.
Professionisti dell’informazione visiva hanno confidato sulla nostra obiettività per lasciare testimonianze impareggiabili degli eventi più significativi e dei luoghi più affascinanti del mondo.
Con lo stesso spirito, noi dell’ultima generazione, ci siamo convertiti ai nuovi orizzonti dischiusi dalla rivoluzione digitale, sforzandoci di non disperdere il glorioso patrimonio di affidabilità e brillantezza dei nostri avi e guardiamo al futuro con serena fiducia.
Ecco un mio autoritratto.

Se tu fossi un soffione…

mar. 23 dicembre 2003

  • Se tu fossi un soffione, ti piacerebbe essere soffiato?
  • Altroché, specialmente da un bambino bello ciccione ed entusiasta.
  • Ma dopo saresti tutto spiumato
  • Sì, ma avrei impiumato mezzo mondo. E’ il nostro spasso; non lo sapevi?
  • No, credevo che tu fossi affezionato ai tuoi piumini.
  • Ma, figurati! Non siamo mica avari come le orchidee, noi. Ci piace giocare e rifiorire spesso e volentieri.
  • Che cosa ti dispiace, allora?
  • Avvizzire in una landa piovosa e senza vento calpestato da una mucca distratta che non tenta neppure di brucarmi.
  • Capita spesso?
  • Capita anche di peggio in un pascolo.
  • Stai pensando a quello che le mucche si lasciano dietro… le spalle
  • E’ il mio incubo, non ci voglio nemmeno pensare, ma tu, piuttosto, soffia, soffia forte.
  • Fhhhhhhhh!