Il monumento

Ad un cavallo di bronzo di pregevole fattura
imposero sulla sella una pesante creatura
benché nessuno gli avesse detto un bel niente
sperava che fosse un eroe o un sovrano potente
ma finché rimase fra gli operai della fonderia
intenti a rifinirlo e lustrarlo per spedirlo via
non sentì neanche una volta pronunciarne il nome
e giorno dopo giorne cresceva la sua delusione
Con il passare delle settimane si era ormai adattato
all’idea che sulla sua groppa stesse un semplice soldato
Quando finalmente venne il giorno della spedizione
e lo ingabbiarono e legarono con estrema attenzione
dai facchini seppe ch’era destinato a piazza maggiore
e almeno questo gli parve segno certo di un grande onore
Il viaggio fu molto lungo lento e tribolato
sotto il suo enorme peso cedeva anche il selciato
ma quando alla fine fu issato sull’enorme piedistallo
si rese conto di non esser più un semplice cavallo
Per anni e secoli a venire, da quel preciso momento
sarebbe diventato per tutti e per sempre “il monumento”

Baerolomeo Colleoni
Monumento a Bartolomeo Colleoni del Verrocchio – Venezia

Il gippone

In città girava solo sul suo gippone
pavoneggiandosi come un vero sbruffone
non rispettava né maciapiedi né aiuole
sia che piovesse o ci fosse il sole
Faceva la barba all’incauto pedone
per dimostrare chi fosse il padrone
Non contento di queste urbane bravate
uscì di città una mattina d’estate
Insoddisfatto della banale strada assolata
sterzò dentro un orto e calpestò l’insalata
poi sentendosi sempre più sicuro
devastò un campo di grano maturo
e si ritrovò in aperta campagna
a falciare un prato di erba Spagna
ma non si accorse di un innocente dosso
che nascondeva un profondo fosso
dentro al quale finì il suo gippone
sbalzandolo a terra come fosse un pedone

gippone

Slittabarca

 
Al primo geniale e ardito pensatore
per inventare la ruota occorsero ore
Gli serviva un banale fuoristrada
che funzionasse a cavallo e biada
La slitta era fantastica d’inverno
ma senza neve diventava un inferno
D’estate la barca poteva funzionare
ma ci voleva un fiume o un mare
Occorreva una slittabarca capace di rotolare
anche in piena estate e senza fiume né mare
Dentro la sua capanna senza muri né tetto
gli venne in mente d’inventare il carretto
Dietro casa c’era un grosso tronco di pino
destinato ad una fine ingloriosa nel camino
Appena avuta l’idea e senza fare una piega
ne tagliò cinque fette con l’apposita sega
ne fissò quattro alla slitta abbandonata
e la prima carretta era stata inventata
E sai della quinta fetta cosa voleva fare?
La ruota di scorta voleva inventare.

Scarpine di fata

Le prime scarpine a una bimba appena nata
la tradizione vuole che le porti una fata
ma la fatina gentile e premurosa
che porta alle bimbe le scarpine rosa
dovette stare a letto per una settimana
e per sostituirla si offrì la Befana
così capitò che ai piedi del lettino
i genitori trovarono stivali da bambino
piuttosto sorpresi e un po’ contrariati
li relegarono fra gli oggetti ormai dimenticati
fin quando un bel giorno aspettando un bambino
la mamma ricordò quello strambo regalino
così rivolse al cielo una preghiera accorata
nella fervida speranza di essere ascoltata:
“Carissima fata, fatina gentile e premurosa
ti prego non portarmele questa volta la scarpine rosa”

L’artista

 
Tempera con cura la nuova matita
stringila bene fra le tue dita
e la vedrai sulla carta volare
appena ti metti a disegnare.
Se cominci dal riccio del nostro giardino
fagli il musetto a punta e lo sguardo furbino
e disegnali accanto una siepe spinosa
in cui sfuggire alla bestia mostruosa
rappresentata dal nostro placido cagnone
pronto a papparselo in un solo boccone.
Se proprio ti scappa e non puoi farne a meno
mettici pure il sole a palla in un cielo sereno
ma risparmiami almeno la solita casetta
con il tetto aguzzo e la porta stretta.
Disegna qualcosa di buffo, fammi giocare
lo so che sei bravissima, lasciati andare.


Il disegno è di Emilia Gibertoni

Globalizzazione

 

Confezionato in fretta in un lontano paese
giunse in America su di un cargo cinese
esposto sugli scaffali di un mall americano
fu scelto e comprato da un ragazzo italiano
Con lui attraversò l’Atlantico nello zainetto
come simpatico ricordo di un viaggio perfetto
per atterrare a Bologna e trovare un alloggio
una dimora stabile e un solido appoggio
nella casa tranquilla di due signori posati
fino all’arrivo dei loro nipotini scatenati
che lo prendono per il collo senza badare
se rotolando a terra si potrà scheggiare
Questa è l’epopea di un orsetto magnetico a molla
saldamente attaccato al frigo senza adesivo né colla

Ventotto novembre

Due bamboline di pezza e una di porcellana
un buffo orsacchiotto e una pecorina di lana
tutti insieme in una piccola cesta
sulla tavola della bimba in festa
vicino alla torta con le candeline
in mezzo al coro di belle bambine:
“tanti auguri a te…
… e la torta a me”

Anche dai nonni tanti auguri, piccolina

Milord

Per non bagnarsi portava il cappello
anche se il tempo era strabello
Del pastrano, poi, nutriva grande opinione
e lo indossava sempre in ogni stagione
Sopra le scarpe portava ghette su misura
per proteggersi perfino dalla gran calura
Vestito come un vittoriano di fine ottocento
sopportava il dileggio senza un lamento
anche se i ragazzacci facevano troppo rumore
si comportava sempre da vero signore
ma aveva un’arma segreta: sul più bello
si fermava di botto e spalancava l’ombrello

Il coniglio mannaro

Se trascuriamo l’imponente cipiglio
potrebbe sembrare un normale coniglio
invece si tratta di un animale raro
è proprio un autentico coniglio mannaro
Con i suoi lunghi dentoni da motosega
sfalcia gli alberi senza fare una piega
Fece a pezzi un incauto feroce molosso
che aveva tentato di saltargli addosso
Come tutti gli altri conigli predilige gli ortaggi
e divora tutto quello che trova nei suoi paraggi
ma se lo vedi rovistare in mezzo al tuo orto
lascialo perdere, non guardarlo storto

L’acquario


Nel grande acquario del ristorante
nuotavano tanti pesci in mezzo alle piante
appartato e solitario un pesce pulitore
restava sul fondo immobile per ore
Ma quel microcosmo in perfetta armonia
in una sola notte fu spazzato via
Dalle montagne una furibonda tormenta
si abbattè sulla città e la lasciò spenta
Nell’acqua fredda gli esotici pesciolini
vennero a galla come tristi ghiacciolini
Sopravvisse soltanto un pesce rosso
abituato alle acque gelide di un fosso
Questa è una storia vera e l’ho ascoltata
proprio dal pesce rosso che me l’ha racconta

acquario

Il gatto soriano

Ad un gatto soriano dall’aria strafottente
proprio in mezzo al muso era caduto un dente
Inseguendo la sua ombra proiettata dal sole
si era tuffato fra le rose e le viole
senza badare ad un vaso tutto rotto
mezzo nascosto proprio lì sotto
Da questa bravata non proprio eccellente
aveva ricavato la faccia del combattente
che lo faceva camminare a coda dritta
quando si pavoneggiava davanti alla cricca
di gattoni e gattine del suo vicinato
come fosse un eroe fatto e sputato

Ciclo perfetto

Se fossi una freccia lunga e sottile
attraverserei tutto il cortile
per staccare dal suo rametto
un grosso frutto maturo e perfetto
Vorrei che un bimbo pigliasse al volo
la mela staccata dal suo picciuolo
e la mangiasse morso dopo morso
abbandonandone soltanto il torso
agli amici passerì e cardellini
che ne lasciassero solo i semini
che abbandonati fra terra e cielo
facessero nascere un nuovo melo