Non saprei dire

0
(0)

“Non saprei dire”. Che cosa?, tu mi dirai. Niente, è lì il bello. Per non saper dire non occorre un oggetto su cui focalizzare il sapere. E’ una formula garbata di disimpegno con il suo bravo condizionale che conferisce sempre una sfumatura di gentilezza inerme che lascia completamente a bocca asciutta l’interlocutore avido di un’ informazione o, semplicemente, di un parere, ma senza infliggergli un “Non so” brutalmente negativo o un “Bo?” ancora più spudoratamente sbrigativo.

C’era una scuola di pensiero, acclimatatasi nelle isole britanniche meglio che altrove, che sosteneva l’opportunità di rispondere sempre in modo positivo ad una richiesta o ad una domanda, relegando la negazione nella parte terminale e conclusiva di una risposta elaborata. A biliardo corrisponderebbe ad un colpo di “calcio” che abbatte vittoriosamente i birilli soltanto nella corsa di ritorno, rimbalzando sulla sponda dopo una compiacente corsa di andata,
Un esempio ambientato ad una fermata d’autobus:
“Ferma qui il 16?”
“Sì, un tempo credo proprio fermasse anche qui, ma malauguratamente non lo fa più”

Quale il vantaggio di questa tecnica tortuosa? Non saprei dire, tuttavia ha goduto di una certa popolarità in epoche e luoghi lontani. Se per civile intendiamo il comportamento più rispettoso delle convenzioni in voga fra la gente “ben-educata” in un certo luogo e periodo storico e più lontano dall’animalità più naif, potremmo concordare che si trattava di un modo civile di rispondere e, volendo spingerci più oltre, potremmo anche affermare che “…fanculo” o un grugnito sono incivili, benché godano di un’indiscussa e crescente popolarità.
“Ma cè forse qualcosa di male in un gruglito?”
“Nth!”

Valuta questo testo

Risultato

Non ci sono ancora valutazioni