Era un sistema operativo tanto complicatoChe ogni modifica creava un rompicapoOrmai non c’era modo di poterlo aggiornareSenza creare qualche problema molto graveChiarezza e semplicità erano diventate un reato
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Prigioniera
Mentre ascoltava aneddoti e storieVicende e personaggi di altrui memorieControvoglia lentamente le assimilavaCome l’aria ammalata che respiravaPrigioniera dell’atmosfera che la circondava
Traffico notturno
Scappato sul balcone di notte per respirareCercando un refolo che lo potesse rinfrescareDall’alto guardava l’intenso traffico stradaleScemare lentamente e diventare quasi normaleE pensava a quando in centro si poteva passeggiare
Il bonsai
Da oltre vent’anni con cura affettuosaAccudiva un bonsai dalla forma graziosaDa lui non si aspettava reciprocità di sentimentiMa una risposta leale senza tradimentiUno sviluppo armonioso senza cambiamenti
Le babbucce
Le babbucce appartengono ad un passatoIpocritamente dipinto e mitizzatoQuando casa era sinonimo di focolareDove vivere con le persone più careFra due guerre dove farsi ammazzare
Vox populi
Fra l’incudine e il martello c’è uno spazio definitoNel quale è meglio non lasciarci un ditoMa se proprio ti vorrai arrischiareCon molta prontezza lo dovrai levareA quanto suggerisce l’ineffabile saggezza popolare
Domenica like
In onda oltre alla dea tre vite ammaestrateAnsiose di essere a lungo inquadrateEsibivano una spontaneità forzataCon lacrime sorrisi e una falsa risataPovere comparse d’una umanità adulterata
Il papiro
Voglio riempire un papiro di belle figurineCi metto un bue un ibis e tante donnineLe faccio tutte uguali voltate di profiloPoi vorrei metterci un coccodrillo del NiloE infine un allegro girotondo di bambini e bambine
Il ragionamento
Aveva in testa un ragionamento sospesoUna cosa indefinita fastidiosa senza pesoOccorreva un colpo di tosse mentaleUn lampo che scatenasse un temporalePer rivedere il sereno che segue un fortunale
L’eterno appuntato
Per fare l’attore non era portatoAnche a fare se stesso era negatoComunque e dovunque era inadeguatoEra un disastro nato e sputatoA fine carriera era ancora appuntato
Il sempliciotto
Per dirla chiara era un sempliciottoChe faticava con la tabellina dell’ottoMa a sua discolpa bisogna anche direChe faceva finta di stare a sentireNon che potesse poi anche capire
Cassandra
Con una sorta di preveggenza naturaleIntuiva lo storto nascosto nel normaleAnche nel piano più accorto ed accuratoScovava la falla il particolare bacatoNei suoi giudizi non c’era mai niente di sbagliato