Apolide

Apolide non per nascita ma per vocazioneNon si sentiva membro di alcuna nazioneDiceva di essere un cittadino del mondoE lo viveva come un sentimento profondoLa parità universale era la sua predilezione

La libertà

La libertà è avviarsi da soli nel desertoRinunciare ai ripari avanzare allo scopertoNiente di romantico da idealizzarePazienza fatica senza nulla trascurareMa una volta raggiunta non ci si può rinunciare

Il superstite

Domandavo al vecchio dinosauro di passaggioCosa era successo in quel mese di maggioMi parlò di un improvvisa onda giganteChe sommerse e travolse animali e pianteQuasi niente era sopravvissuto al suo passaggio

Il burocrate

Nell’arte di posporre sospendere e rinviareOrmai non aveva più nulla da imparareDal suo ufficio non usciva documentoPrima di un congruo sostanzioso invecchiamentoPer far carriera non c’era altro da fare

Lo sai che i papaveri

Lo sai che i papaveri son alti alti altiCantato con passione da tenori e contraltiImparato a memoria da vecchi e bambiniPatrimonio comune di scienziati e contadiniE’ diffuso e amato ovunque oltre i confini

Il musicofilo

Abbonato ad un palco del teatro comunalePer assiduità di presenze non aveva l’ugualeDurante l’intervallo s’intratteneva amabilmenteCon ogni musicofilo purché fosse presenteLa musica era un pretesto per incontrare gente