sab. 11 ottobre 2003
- E se fossi un’ombra?
- Chi? tu o io?
- Chi vuoi tu, anche entrambi, se vuoi.
- Meglio in due; altrimenti ho paura che mi sentirei solo.
- Cosa potremmo fare da ombre?
- Io vorrei sdraiarmi su di un prato e guardare i cani che se la spassano scorazzandomi intorno liberamente, come se non esistessi.
- Bello, verrei anch’io. Poi potremmo lasciarci trasportare dal vento nel bosco…
- … e infilarci in un albero cavo e sentirlo scricchiolare da dentro…
- … e lasciarci cadere da un ramo come foglie d’autunno.
- Stiamo diventando lirici; dev’essere la mancanza di peso.
- Troppo? Pensi che dovremmo conservarci più pesanti, ombre zavorrate, insomma?
- No, non più di una foglia secca. Lasciamoci arruffare da questa brezza insieme alle altre foglie.
- Ho sempre desiderato muovermi così silenziosamente, senza sforzo e senza calpestare nulla. Ma dimmi, tu senti freddo, ora?
- No, e neppure caldo, né fame, né sete, né stanchezza.
- Come sei diventato lungo, però.
- Anche tu. A domani, allora, quando l’aurora dalle rosee dita ci risveglierà a nuova vita.
A sinistra il celebre bronzetto etrusco “L’ombra della sera” – Volterra