Carpe diem

0
(0)

Era una giornata di quelle in cui il gatto, stirandosi sulle zampe per fare la U rovesciata e sbadigliare con più gusto, guarda fuori dalla finestra e si rimette a dormire acciambellandosi sul cuscino sulla sua impronta già calda. Niente di grandioso come un tornado o anche solo un banale acquazzone nostrano, ma una pioggerella nebbiosa, persistente come il ricordo di un cattivo odore o una maledizione con i controfiocchi. Non faceva neppure rumore, ma bagnava come dio comanda. Le aiuole, oltre i vetri, erano inzuppate e anche i fiori sembravano averne abbastanza: già innaffiati, grazie, basta così.
Guardò le scarpe, in pole position davanti alla porta, per interrogarle con lo sguardo e capire se, almeno loro, avessero voglia di uscire. Non tradivano alcuna emozione. Guardò l’orologio: c’era tempo prima che l’edicola chiudesse per la pausa del pranzo. In definitiva, cosa ci sarebbe mai stato da leggere sul giornale? Aveva sentito tutti i telegiornali della sera prima, uno dopo l’altro: tutti uguali. Ormai le sorprese erano rare e anche la carta stampata sembrava destinata ad una noiosa ripetizione delle stesse veline invisibili.
C’era la settimana in cui crollavano gli ascensori, quella in cui i cani mordevano all’impazzata, le mucche pazze, i polli influenti… fece un piccolo sforzo per ricordare l’argomento in voga in quel momento: la voragine di miliardi derubati da una pia famiglia, molto per bene, di confezionatori di latte. Un soprassalto di tenerezza lo colse alle spalle ricordando il primo tetrapak della sua carriera di forte bevitore di latte. Rivide la piazzetta assolata all’isola d’Elba dove erano andati a rifornirsi di cibi e bevande da caricare sul gommoncino che si trascinavano legato in vita con una lunga fune, mentre, a nuoto con maschera e pinne, percorrevano la costa frastagliata, scogliosa e deserta. Stavano in acqua finché il freddo non li co stringeva a trovare uno scoglio dove riprendere calore come lucertole. Allora era il momento di gloria del piccolo Pirelli arancione che li aveva seguiti come un tender galleggiante: c’erano gli asciugamani asciutti, qualche panino e il latte, diventato tiepido.

Ricordava come era vestita quando erano usciti dalla scura penombra del negozio nella luce abbacinante della piazzetta con tre confezioni di latte a lunga conservazione, mai visti prima. Sopra il costume indossava un vestito corto, prevalentemente azzurro, con una scollatura a taglio percorsa da un cordoncino bianco, intrecciato come i lacci da scarpe. Erano felici, di quella beatitudine solare che tocca in sorte agl’innamorati e si apprestavano alla loro odissea privata nelle acque fresche e limpide, senza altra meta o scopo che quello di godere della compagnia reciproca in un’atmosfera serena, mentre Nettuno appariva placato e privo d’intenzioni ostili.
Decise di commemorare il ricordo preparandosi un te, ma in cucina trovò la caffettiera espresso ancora accesa. Aveva dimentica to di spegnerla, dopo la colazione. Non si trattava di una gran sorpresa, ma decise di approfittarne ugualmente: poteva non capitargli niente altro di meglio in tutta la giornata. Carpe diem: un buon caffè bello caldo era proprio quel che ci voleva in una mattina così buia ed umida.
E così fu.

Valuta questo testo

Risultato

Non ci sono ancora valutazioni