Canapa, pace, pece e pazienza

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mer. 08 ottobre 2003

Io calafato, tu calafata, egli non ce la fa a calafatare ed è meglio che cambi mestiere.
Calafatare richiede canapa, pace, pece e pazienza.
Nel ramo calafatatura senza canapa non si campa.
Se la calafatatura è a regola d’arte la nave solca le onde, altrimenti ara il fondo.
Quando una nave mal calafatata tocca il fondo, vi si adagia con grazia e ci resta senza annaspare nell’inutile tentativo di risalire e in ciò si differenzia dall’homo sapiens sapiens che ottiene lo stesso risultato, ma agitandosi scompostamente.
Calafatare consiste nell’infilare con sapienti colpetti la canapa in una fessura molto stretta fra due doghe di legno, pertanto senza fessura non c’è calafatatura, ma non viceversa.
Se una galera di legno galleggia perché ben calafatata tutti i galeotti se ne rallegrano benché incatenati, in caso contrario perdono la loro allegria e sviluppano tendenze all’annegamento collettivo.
La calafatatura non attecchisce sulle barche di plastica perché prive delle indispensabili fessurazioni che apparivano spontaneamente nel fasciame delle ben costruite navi di legno, fin dai tempi di Omero.
Molti se ne rallegrano, ma non i calfatatori che vedono scemare la loro arte e sentono di essere ormai in via di estinzione; per questo usano la canapa in modi nuovi, stigmatizzati dai benpensanti.

La figura rappresenta una galera veneziana del XIV secolo


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