Il tempo del film riguarda gli anni 1860-62, essendo
escluse sia la morte del principe (1883) che le vicende terminali del romanzo
riferibili al 1910. L'omissione è tuttavia compensata dal significato
che il regista attribuisce alla lunga sequenza del ballo: è il ballo
che, consacrando i mutamenti storici avvenuti (il ballo tra il principe e
Angelica è "una simbolica investitura, una sorta di testamento
cavalleresco, che consacra un passaggio di poteri, il nascere di un nuovo
mondo", Emilio Cecchi), anticipa i futuri (la solitudine del principe, pur
immerso tra tanta folla, il suo distacco, la sua angoscia preparano e anticipano
il distacco definitivo della morte).
Gli eventi storici hanno maggiore incidenza nel film che nel romanzo, dove
apparivano in analessi (il soldato morto,
il plebiscito), anche se nel film entrano con forti stacchi e come vicende
esterne (la focalizzazione è
esterna, l'occhio della macchina da presa è il nostro) di scarsa
necessità narrativa. Il fulcro del racconto è piuttosto il
privato del principe: la casa, raccolta e circoscritta (sequenze iniziali)
e la famiglia con i suoi riti consueti (preghiere, letture serali ecc.).
Gli eventi hanno funzione evocativo-simbolica, mentre poco contribuiscono
a una precisa documentazione storica (la battaglia di Palermo). Il racconto
che se ne fa da parte di chi vi ha partecipato è impreciso e tendenzioso
(Tancredi per la battaglia di Palermo, Pallavicino per quella di Aspromonte
e per la figura di Garibaldi). L'ironia che accompagna l'episodio del plebiscito
esalta questa concezione critica e disincantata della storia come evento
e della storia come racconto.
Anche nel film le ellissi temporali sono forti e il passare del tempo
è inavvertito: per esempio, se Pallavicino non parlasse
dell'episodio dell'Aspromonte, ci sarebbe difficile datare l'episodio del
ballo.