I LUOGHI

I luoghi fisici in cui si svolge la vicenda del romanzo sono così precisabili: i luoghi chiusi rappresentati dalle dimore private aristocratiche: i palazzi dei Salina (di città, del suburbio, di Donnafugata), il palazzo Ponteleone, i giardini relativi; i luoghi pubblici (il palazzo reale, il convento di Santo Spirito, la chiesa e il palazzo del Municipio a Donnafugata); gli spazi urbani (descritti nel percorso fatto dal principe per raggiungere l’abitazione di Mariannina dal palazzo suburbano o nel breve percorso da palazzo Lampedusa a palazzo Ponteleone per il ballo; a Donnafugata il percorso di Chevalley per raggiungere o lasciare il palazzo); la campagna desolata, luogo di transito, attraversata dai principi negli spostamenti da una dimora all'altra (da Palermo a Donnafugata) o percorso di caccia.

Nel Gattopardo il paesaggio è l’elemento primario della narrazione e diventa un carattere del dramma con un suo ruolo essenziale. Cessa di essere quindi uno scenario indifferente, ma agisce e interagisce con i personaggi e in particolare con i protagonisti, la cui vita si svolge tra l’uno e l’altro dei loro isolati e anche lontani possedimenti. Ciò che sta in mezzo è lo spazio di collegamento.

LO SPAZIO COME METAFORA

I luoghi citati sono esistiti e, in parte, esistono a tutt’oggi, tuttavia il loro significato non è solo realistico, ma anche simbolico. Possono valere due casi per tutti:
la Sicilia. Il suo paesaggio assolato e sensuale, desolato e premonitore di morte, immodificabile ed eccessivo ha un significato esistenziale. L’"irredimibile" Sicilia rappresenta il vuoto stesso dell’uomo moderno, la sua solitudine, la sua fisicità anche intensa, ma irrealizzata, il suo presentimento di morte. La "sicilianità del Gattopardo, intesa in questa dimensione cosmica, ... diviene il simbolo della creatura umana, irrimediabilmente sola al cospetto di se stessa. In questo senso essa è universale e attuale" (giudizio di M.Ganci, citato da A.Vitello, pagg.360-361). Già nei Ricordi d’infanzia Tomasi aveva trattato questi temi, ma in quel testo le sue parole suonavano autobiografiche e private. Nel Gattopardo il superamento dell’ individualità, il respiro storico, la materia oggettivata nella lontanza temporale danno alle parole di Tomasi un maggiore e più profondo respiro.
La casa natale: l’attaccamento di don Fabrizio alla casa simboleggia la ricerca di qualcosa di stabile ed eterno. In una realtà precaria ed effimera, particolarmente per il ceto a cui apparteneva, Lampedusa, e con lui il suo personaggio, ricerca ciò che può sopravvivere nel tempo al singolo individuo.

PARTICOLARI DESCRITTIVI

I LUOGHI PRIVATI: INTERNI

All’interno del palazzo dei Salina tutto era fastoso.
Suggestivo è l’affresco del soffitto nella sala in cui si recita il rosario, dove gli Dei maggiori (Giove, Marte, Venere) sorreggono lo stemma azzurro col Gattopardo.
La stanza dell’amministrazione, in cui si svolgevano i colloqui del Principe, era caratterizzata da pareti in calce e da un pavimento lucidissimo nel quale si riflettevano quadri che raffiguravano i feudi di casa Salina, protetti dallo stemma del Gattopardo.
L’osservatorio era il luogo in cui il Principe si rifugiava per riflettere e per dedicarsi alle sue grandi passioni: gli studi di matematica ed astronomia. La stanza occupata da due telescopi, tre cannocchiali e da carte su cui vi erano formule algebriche ed altri calcoli matematici era avvolta da una grande luce azzurra.
La sala da pranzo era assai ricca e decorata: la tavola imponente, ricoperta da una tovaglia finissima splendeva sotto la luce del lampadario di Murano. Massiccia l’argenteria e splendidi i bicchieri recanti sul medaglione liscio le cifre di F.D. (Ferdinandus Dedit), in ricordo di una munificenza regale. I fianchi della zuppiera erano argentei e sul coperchio appariva il Gattopardo danzante.
Nella camera matrimoniale si trovava un altissimo letto di rame, e si poteva respirare un odore di valeriana, usata solitamente per calmare la principessa.
All’interno della villa di Donnafugata si trovavano quadri pesanti appesi alle pareti, rilegature antiche dorate, porte che avevano i bordi di marmo grigio.
Passando dalla scala interna si vedevano il salone degli arazzi, quello azzurro, quello giallo, lo studio del Principe con le persiane alle finestre.
Lo studio era piccolo con ai muri, sotto una teca di vetro, animali imbalsamati. Una parete della stanza era occupata da una libreria di riviste matematiche; su una mensola erano appoggiati i ritratti della famiglia.
La sala da ballo era rivestita tutta d’oro," che conferiva all’ambiente un significato orgoglioso di scrigno". Lo stesso soffitto era d’oro con raffigurati degli dei che guardavano in basso sorridenti e inesorabili.

I LUOGHI PRIVATI: ESTERNI

Il giardino di palazzo Salina era racchiuso tra tre mura e un lato della villa, aveva un aspetto cimiteriale accentuato dai monticciuoli paralleli delimitanti i condotti d’irrigazione e che sembravano tumuli di smilzi giganti. Sul terreno rossiccio le piante crescevano in fitto disordine, i fiori spuntavano ovunque e le siepi di mortella sembravano disposte per impedire più che dirigere i passi. Nel fondo una flora chiazzata di lichene giallo-nero esibiva rassegnata i suoi vezzi secolari; ai lati, due panche di marmo grigio e in un angolo l’oro di un albero di gaggia.
Per accedere al giardino della villa di Donnafugata, invece, bisognava percorrere il viale principale e scendere tra le alte siepi di alloro incornicianti anonimi busti di dee senza naso; dal fondo si udiva la dolce pioggia degli zampilli che ricadevano nella fontana di Anfitrite. Su di un isolotto al centro del bacino rotondo, modellato da uno scalpello inesperto ma sensuale, un Nettuno sorridente abbrancava un’Anfitrite vogliosa. L’innesto dei gettoni tedeschi per le pesche forestiere, era riuscito perfettamente. Le pesche erano poche ma erano grandi, vellutate e fragranti; giallognole con sfumature rosee.

I LUOGHI PUBBLICI: INTERNI

Nei palazzi reali dove re Ferdinando aveva concesso numerose udienze al principe di Salina si percorrevano interminabili sale di magnifica architettura e mobilio stomachevole. Infilandosi in larghi spazi e scalette mal tenute si sbucava in un’anticamera piena di gente; da qui il principe, accompagnato dal ciambellano di servizio passava in un'altra anticamera, un ambientino azzurro e argento, poi alla Presenza Augusta. Lo studio privato del re era piccolo e artificiosamente semplice: sulle pareti imbiancate vi erano un ritratto del re Francesco I, e uno dell’attuale regina; su di una mensola c’era un Bambino Gesù in cera con il lumino acceso davanti. E sull’immensa scrivania carte bianche, gialle e azzurre.
Il monastero di Santo Spirito sorgeva a Donnafugata: aveva un’umile parlatorio rozzo con la sua volta a botte centrata dal Gattopardo, con le duplici grate per le conversazioni, con la piccola ruota di legno per far entrare ed uscire i messaggi, con la porta ben squadrata.

I LUOGHI PUBBLICI: ESTERNI

La strada per giungere da Mariannina era breve: attraversava gli aranceti in fiore e l’aroma nuziale delle zagare annullava ogni cosa come il plenilunio annulla il paesaggio. Subito usciti dalla proprietà dei Salina, nella strada che portava a Palermo, sorgeva a sinistra la villa dei Falconieri appartenente a Tancredi. Le case basse serrate di Palermo apparivano oppresse dalla smisurata mole dei conventi, che sorgevano a decine, ricchi e poveri, nobili e plebei e davano alla città il suo cupo decoro e il suo senso di morte. Costeggiata la Cala, il vecchio porto peschereccio dove la barche dondolavano semiputride, con l'aspetto desolato di cagne rognose, si accedeva al quartiere malfamato dove abitava Mariannina.
A Donnafugata, dal balcone della biblioteca si vedeva in basso la piazza, vasta e ombreggiata da platani.