Don Fabrizio Corbera Principe di Salina

E' il personaggio più importante di tutto il romanzo. Non è un uomo grasso ma soltanto immenso e fortissimo; è un quarantacinquenne molto alto, dalla pelle bianchissima e dai capelli biondi, caratteristiche legate alle sue origini tedesche. E' un uomo molto forte tanto è vero che nel primo capitolo viene detto che le sue dita sanno accartocciare come carta velina le monete da un ducato e che le posate necessitano frequentemente di riparazioni a causa della sua contenuta ira, che gli fa piegare forchette e cucchiai. Le sue dita, però, sono anche dotate di un tocco delicatissimo nel carezzare e maneggiare, proprio perché Don Fabrizio non è crudele. I suoi occhi sono chiari ed è proprio dal suo sguardo che trapela l'orgoglio del Principe, orgoglio dell' "effimera conferma del proprio signoreggiare su uomini e fabbricati".
La personalità del Principe è caratterizzata da un temperamento autoritario, da una rigidità morale e da propensione alle idee astratte: tutti i suoi comportamenti sono un po' in antitesi con quelli di una società che pecca di scarsa coerenza morale. Contrariamente ai suoi antenati, Don Fabrizio possiede forti e reali inclinazioni alle scienze matematiche che applica all'astronomia traendone sufficienti riconoscimenti pubblici e gustosissime gioie private, probabilmente legate alla scoperta di due pianetini: Salina e Svelto. Il suo orgoglio e la sua inclinazione all'astronomia sono talmente legate che la precisione dei calcoli matematici con cui riesce a prevedere i movimenti degli assi, fa credere all'orgoglio del principe che quei moti siano regolati dai suoi calcoli. L'astronomia è molto importante per il Principe perchè ha su di lui non solo il potere di estraniarlo dalle occupazioni quotidiane, ma anche quello di elevare il suo spirito ad una visione rasserenante dell'universo. Lo studio dell'astronomia fa dimenticare al Principe tutti gli aspetti più meschini della vita, infatti anche al ballo a palazzo Ponteleone, Don Fabrizio desidererebbe andare all 'osservatorio, perché non si trova a suo agio tra quelle persone che lo considerano uno "stravagante" proprio per il suo interessamento alla matematica.
Don Fabrizio ha sette figli, ma a loro preferisce il nipote Tancredi del quale è tutore. La sua predilezione lo porta non solo a difendere la reputazione del nipote, mediante l'appoggio di alte autorità borboniche, ma lo porta anche a negare che il giovane possa avere delle vere colpe.
La vita del principe è caratterizzata da un continuo quasi perpetuo scontento che lo porta ad osservare la rovina del proprio ceto, che tuttavia non fa nulla per evitare. Questa coscienza della realtà in dissoluzione lo rende scettico, ed il suo è uno scetticismo che si manifesta in un gusto dissacratore delle cose, capace tuttavia di "compassione": "il suo disgusto cedeva il posto alla compassione per tutti questi effimeri esseri che cercavano di godere dell'esiguo raggio di luce accordato loro fra le due tenebre, prima della culla, dopo gli ultimi strattoni. Come era possibile infierire contro chi, se ne è sicuri, dovrà morire?" (pag.266).
Tra i pensieri più ricorrenti del Principe c'è la morte, che viene considerata come desiderio di staccarsi dalle noie, dalle angosce e dalle inquietudini della vita e di trasferirsi in un mondo più puro e più sereno. Il tema della morte diventa il più importante nel settimo capitolo intitolato "La morte del Principe": la morte non è sentita dal protagonista come un totale annullamento della persona, né come un passaggio nell'oltretomba cristiano, sebbene non manchi il prete con le ultime preghiere rituali. La morte, invece, che è sempre stata un miraggio per il Principe, viene percepita come uno sgretolarsi della personalità legato ad un vago presagio di una vita non terrena. Il Principe muore all'età di 68 anni e la morte gli si presenta con le sembianze della "creatura bramata da sempre" che amorosamente si avvicina a lui .