Angelica Sedara: e' la figlia del sindaco di Donnafugata.

Alta, ben fatta, occhi verdi un po' crudeli, ha studiato in un collegio a Firenze Va in giro per il paese con la veste rigonfia e i nastri di velluto che le pendono dal cappellino, dandosi molte arie per la posizione raggiunta dal padre.Partecipa al pranzo ufficiale di Donnafugata in sostituzione della madre ed il suo ingresso al palazzo lascia i Salina "con il fiato in gola". La principessa la ricordava quando ancora aveva tredici anni, poco curata e bruttina.
La sua voce bella, bassa di tono, forse un po' troppo sorvegliata. Il collegio fiorentino aveva cancellato lo strascichio dell' accento girgentano. Sotto l'impeto della sua bellezza gli uomini sono incapaci di notare, analizzandoli, i non pochi difetti che questa bellezza ha. A tavola siede a fianco di Tancredi, che si innamora di lei. Si avvicina a Tancredi nei limiti del proprio carattere: possiede troppo orgoglio e troppa ambizione per essere capace di quell'annullamento, provvisorio, della propria personalità, proprio dell'amore. Tuttavia è innamorata di lui, dei suoi occhi azzurri, della sua affettuosità scherzosa, di certi toni improvvisamente gravi della sua voce.
A lei importa poco dei tratti di spirito, dell' intelligenza di Tancredi. In lui vede la possibilità di avere un posto eminente nel mondo nobile della Sicilia, mondo che considera pieno di meraviglie e che in realtà è assai differente da quello che immagina. In Tancredi desidera anche un vivace compagno di "abbracciamenti". Se per di più è anche intellettualmente superiore, tanto meglio. Ritroviamo questa sua concezione quando il conte Cavriaghi si innamora di Concetta, che non accetta il corteggiamento del giovane ufficiale. Angelica, abituata al comportamento del padre, che agisce senza scrupoli per raggiungere i propri obiettivi, non capisce l'atteggiamento delle due giovani sorelle di Concetta, Carolina e Caterina, che "guardavano Cavriaghi con occhi di pesce morto e fricchicchiavano, si dislinguivano tutte quando lui le avvicinava". Angelica non capisce "perchè una delle due non cercasse di distogliere il contino da Concetta a proprio profitto. Sono delle stupide: a forza di riguardi, divieti, superbie, finiranno si sa già come".
E' Don Fabrizio che richiede a Don Calogero la mano della figlia a nome di Tancredi, arruolatosi fra i garibaldini. Quando il giovane torna a Donnafugata, con un biglietto si premura di avvertire del suo arrivo Angelica, che in fretta raggiunge casa Salina: "Nella fretta e nell'emozione non aveva trovato di meglio per ripararsi dalla pioggia dirotta che mettersi uno scapolare, uno di quegli immensi tabarri, da contadino di ruvidissimo panno: avviluppato nelle rigide pieghe bleu-scure, il corpo di lei appariva snellissimo; sotto al cappuccio bagnato gli occhi verdi erano ansiosi e smarriti; parlavano di voluttà". Tancredi alla vista di Angelica rimane estasiato per il forte ed incantevole contrasto "fra la bellezza della persona e la rusticità del mantello".
Da questo momento le visite alla Villa Salina divengono sempre più frequenti e permettono ad Angelica di conoscere tutto il palazzo nel suo complesso inestricabile di foresterie, di appartamenti smessi e disabitati, abbandonati da decenni e che formano un intrico labirintico e misterioso. Tancredi ed Angelica, "vicinissimi ancora all'infanzia, prendevano piacere al gioco" di inseguirsi, perdersi e ritrovarsi tra i vari locali del palazzo: "Quelli furono i giorni migliori della vita di Tancredi e di quella di Angelica, vite che dovevano poi essere tanto variegate, tanto peccaminose sull' inevitabile sfondo di dolore. Ma essi allora non lo sapevano ed inseguivano un avvenire che stimavano più concreto benchè poi risultasse formato di fumo e di vento soltanto. Quando furono divenuti vecchi e inutilmente saggi i loro pensieri ritornavano a quei giorni con rimpianto insistente: erano stati giorni del desiderio sempre presente perchè sempre vivo, dei letti, molti, che si erano offerti e che erano stati respinti, dello stimolo sessuale che appunto perchè inibito si era, un attimo, subblimato in rinunzia, cioè in vero amore. Quei giorni furono la preparazione a quel matrimonio che, anche eroticamente, fu mal riuscito".
Angelica fa un'altra rilevante comparsa: nel ballo a palazzo Ponteleone. Anche lì suscita una scontata ammirazione. In tale occasione la ragazza mette in pratica gli insegnamenti di Tancredi sul modo di comportarsi nell'ambiente aristocratico, assumendo un contegno adeguato, che le permette di "mietere allori". La sua "naturale vanità" e la "tenace ambizione" in questa circostanza vengono soddisfatte in modo particolare durante il ballo con lo "zione" Don Fabrizio.
La sua vita con Tancredi però non è senza screzi e incomprensioni; ella talvolta tradisce il marito, per esempio con Tassoni. Alla morte di Tancredi, gestisce con disinvoltura le glorie passate del coniuge: "Parlava molto e parlava bene; quaranta anni di vita in comune con Tancredi, coabitazione tempestosa e interrotta ma lunga a sufficienza, avevano cancellato da tempo fin le ultime tracce dell'accento e delle maniere di Donnafugata; essa si era mimetizzata al punto da fare, intrecciandole e storcendole, quel gioco leggiadrodi mani che era una delle caratteristiche di Tancredi. Leggeva molto e sul tavolo del suo salotto i più recenti libri di France e di Bourget si alternavano con quelli di D'Annunzio e della Serao".
Una malattia, latente da tempo, la colpisce improvvisamente e "la trasforma in una larva".